Famiglia torna dal Vietnam, ma per la burocrazia non esiste: “Rimpallati tra i Comuni di Borghetto e Albenga, siamo fantasmi”

  • Postato il 7 luglio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Albenga/Borghetto. “Siamo in quattro. Io ho 70 anni. Mia moglie 50. Mia figlia 17. E poi c’è la mia nipotina, che ha appena 16 mesi. Da quattro mesi vaghiamo come fantasmi tra Albenga e Borghetto. Siamo tornati in Italia per ricominciare. E invece siamo finiti in un incubo”. Marco Sarli parla con la voce rotta. È appena rientrato in Italia dopo quasi 40 anni passati all’estero, soprattutto in Vietnam, ma anche Indonesia e Cina.

Era iscritto all’AIRE, l’anagrafe degli italiani residenti fuori dal Paese. Ma da quando ha rimesso piede in Liguria, per lui e la sua famiglia la parola “assistenza” è rimasta – a suo dire – una promessa non mantenuta: “L’ambasciata ci aveva detto che ci avrebbero aiutati. Che il Comune di Borghetto Santo Spirito, dove ho avuto l’ultima residenza in Italia quasi 40 anni fa, era stato avvisato, che ci avrebbe presi in carico. Che esisteva un fondo per chi rientra. Ci siamo fidati”.

Quando il signor Sarli arriva in Italia con la sua famiglia, a fine marzo di quest’anno, prende in affitto un alloggio ad uso turistico ad Albenga con gli ultimi risparmi rimasti: “L’unico che ho trovato, a prezzi altissimi. In poco tempo, abbiamo speso tutto”.

Poi è iniziata la trafila negli uffici pubblici: “Mi sono presentato al Comune di Borghetto, come mi avevano detto di fare. Anche qui non ho trovato risposte, ma, anzi, mi è stato detto che non sarei dovuto tornare in Italia senza un progetto per la mia famiglia. Mi hanno mandato al CAF. Ma lì mi hanno detto che senza residenza non posso fare nulla: niente ISEE, niente assegni, niente sanità”. Senza residenza, il signor Sarli e la sua famiglia non esistono, almeno per la burocrazia.

Ho rifatto i codici fiscali per tutti e quattro – racconta Sarli -. Mi sono spostato da Borghetto ad Albenga”. Ma la residenza (al momento negata da entrambi i Comuni per ragioni diverse, come vedremo a breve) non è neanche l’ultimo dei problemi per il 70enne: “Sto finendo tutti i soldi e sono senza farmaci. Ho il diabete. Prendo medicinali per la pressione. Ma ora non posso permettermeli. Mia moglie potrebbe lavorare, certo, ma non parla ancora l’italiano, e lo sta imparando. Sono terrorizzato che ci portino via la bambina”.

Il signor Sarli per un periodo aveva anche trovato un impiego: “Era a Varazze. Partivo alle 7 del mattino, tornavo dopo mezzanotte. Dormivo in una stanzetta. Ma poi l’hanno chiusa per lavori. Non ce l’ho più fatta. Ho ceduto fisicamente. Siamo una famiglia fantasma. Invisibili. Senza diritti”.

Contattata dalla nostra redazione, l’assessore ai servizi sociali del Comune di Albenga, Marta Gaia, spiega: “In linea generale, la normativa prevede che l’ultimo Comune di residenza sia competente per l’assistenza. Essendo venuta a conoscenza del caso solo oggi (lunedì 7 luglio, ndr), mi riservo di approfondire la situazione con gli uffici competenti”. L’assessore si è anche resa disponibile a incontrare Marco Sarli per fare il punto della situazione.

Come detto, l’ultimo comune di residenza in Italia del signor Sarli è, effettivamente, quello di Borghetto Santo Spirito. E qui il sindaco Giancarlo Canepa – e l’assessore competente – si sono subito attivati e interessati alla questione: “Conosco molto bene la situazione e la sua storia personale, sono sempre stato aggiornato dal consigliere delegato alle Politiche Sociali – spiega il primo cittadino ai microfoni di IVG -. I nostri servizi sociali si sono interessati da subito. Dal punto di vista umano sono molto preoccupato ed esprimo solidarietà nei confronti del nucleo familiare. Sinceramente non comprendo l’approccio del Comune di Albenga, la normativa è chiarissima al riguardo. Il nostro Comune ha le mani legate, non possiamo occuparci di un nucleo che fisicamente abita in un’altro comune. Mi sono confrontato proprio oggi con il sindaco di Albenga che non conosceva il caso. La volontà comune è quella di cercare di trovare una soluzione, sia nell’interesse del signore, che ha bisogno di farmaci, sia per il bene della bambina e di tutta la famiglia, ovviamente. Nessuno vuole disinteressarsi della situazione. Mi ha detto che si sarebbe sentito con gli uffici e ci riaggiorneremo domattina”.

“Capisco perfettamente le difficoltà di questa famiglia – aggiunge ancora Canepa -, e comprendo la loro disperazione ma dal punto di vista giuridico, purtroppo, non abbiamo strumenti per intervenire, a differenza del Comune di Albenga”.

La posizione del Comune di Borghetto sembra trovare un appiglio preciso anche nella legge. Secondo l’articolo 43 del Codice Civile, infatti, la residenza va fissata dove una persona vive abitualmente, anche se non ha un contratto o una casa stabile. E se non ha un indirizzo fisico, il Comune è comunque obbligato a iscriverla all’anagrafe attraverso la c.d. “residenza fittizia”, cioè una sorta di residenza provvisoria per chi non ha fissa dimora. Lo prevede anche una circolare del Ministero dell’Interno e dell’Istat del 1992.

Nel frattempo, i due Comuni — Albenga e Borghetto — sono al lavoro per trovare una via d’uscita. L’obiettivo è permettere alla famiglia Sarli di ottenere la residenza, e con essa il diritto all’assistenza, prima che sia troppo tardi. Anche perché, nel mezzo di questa storia, c’è una bambina di appena 16 mesi. E un uomo — Marco Sarli — che ai microfoni di IVG ha ammesso, senza mezzi termini, di aver pensato – in alcuni momenti difficili – anche al gesto più estremo.

Autore
Il Vostro Giornale

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