Fabula Ultima: il gioco di ruolo italiano (che ha passato il milione di euro su Kickstarter) raccontato dall’autore
- Postato il 17 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il settore dei giochi di ruolo “carta & penna” ha visto negli ultimi anni vari nuovi titoli arrivare sul mercato passando da una campagna di crowdfunding su piattaforme come Kickstarter, ma la storia di Fabula Ultima è leggermente diversa.
Figlio della mente dell’italiano Emanuele Galletto, è stato distribuito inizialmente nella sola versione digitale dall’autore ai propri sostenitori su Patreon, per poi arrivare nel 2021 anche su carta stampata con il supporto di Need Games, altrettanto italiano editore attivo dal 2017 prima nella localizzazione italiana di giochi stranieri, che proprio con Fabula Ultima ha pubblicato il proprio primo titolo originale. Nel 2023 il gioco, che richiamandosi ai giochi di ruolo giapponesi – o JRPG – è definito come TTJRPG, è stato in grado di raccogliere agli ENNIES – evento di premiazione annuale dedicato ai giochi di ruolo -, due premi: Best Game (Oro) e Best Product (Argento).
Il 30 settembre di quest’anno Need Games ha lanciato su Kickstarter una campagna dedicata da una parte all’edizione celebrativa del gioco, con una riedizione del manuale base e degli “atlanti” usciti negli ultimi anni con copertine rigide, finiture di pregio (foto sopra) e l’opzione per una copertina speciale realizzata da Yoshita Amano, e per il lancio del primo volume del bestiario, riuscendo in pochi minuti dal lancio a superare i 200.000€, arrivando a passare nei giorni successivi il milione di euro (al momento in cui scriviamo il totale raccolto si aggira sui 1.130.000€). Risultato che sicuramente riflette la dimensione internazionale raggiunta da Fabula Ultima, e ben superiore ai circa 30.000€ di raccolti in passato dai giochi italiani che maggior successo avevano finora avuto sulla piattaforma di crowdfunding.
Per l’occasione abbiamo fatto alcune domande all’autore sulle origini e sul futuro di Fabula Ultima.
Quale percorso ti ha portato alla creazione di Fabula Ultima?
Ho avuto il primo incontro con la saga di Final Fantasy a 10 anni, con Final Fantasy X, e un paio di anni dopo ho iniziato a giocare di ruolo. Per diversi anni, al liceo, ho provato a ricreare l’atmosfera di Final Fantasy utilizzando Dungeons & Dragons o sistemi fatti in casa, ma non ha mai funzionato. Poi, molti anni dopo, ho deciso di provare a creare il gioco che, da ragazzino, avrei voluto giocare, e al contempo, essendo cresciuto e avendo sviluppato opinioni precise su cosa volevo vedere nell’ambito dei giochi di ruolo, ho voluto scrivere un gioco fantasy eroico che sovvertisse buona parte delle convenzioni e abitudini del genere: in un periodo brulicante di dark fantasy e protagonisti smaliziati o egoisti, e in un settore dove i titoli dominanti danno potere assoluto a un singolo partecipante (il Game Master), volevo creare un gioco che richiedesse eroismo e altruismo tanto dai personaggi quanto dalle persone reali al tavolo, e in cui ogni partecipante avesse autorità sia sulla narrativa che sulle regole. Un gioco progettato per “fallire” automaticamente se chi vi partecipa non è pronto alla collaborazione, alla tolleranza, e a imparare dagli errori. Anche qui la sfida era verso me stesso: volevo mettermi alla prova anche come persona che gioca, capire se ero all’altezza dei miei ideali.
Fin dalla copertina del primo manuale Fabula Ultima si definisce un “TTJRPG”, ci sono opere (libri, manga, anime, videogiochi, etc) in particolare a cui ti sei ispirato?
Le opere di ispirazione sono tantissime, ovviamente, ma devo sicuramente menzionare la serie di Bravely Default, la serie animata Wakfu, e l’epoca “classica” di Final Fantasy, sotto la direzione di Squaresoft e Hironobu Sakaguchi. Un’altra forte ispirazione, dal punto di vista della costruzione dei personaggi e del sistema di combattimento, proviene dai giochi della Atlus, come Etrian Odyssey, Shin Megami Tensei, e Persona.
Scorrendo il manuale di Fabula, rispetto ad altri giochi di ruolo, risalta all’occhio il ruolo predefinito di “Eroi” del gruppo di giocatori, e di “Cattivi” per i nemici, come mai questa scelta che sembra in contrasto con l’ampia libertà per i giocatori di collaborare alla creazione ed evoluzione del mondo di gioco?
I giochi sono resi tali dalle limitazioni – potremmo dire che il senso del giocare sta nell’esplorare un contesto definito da regole, a cui accettiamo volontariamente di sottoporci per avere un certo tipo di esperienza e scoprire qualcosa di nuovo su noi stessi e su chi gioca con noi.
L’intento (e per certi versi la sfida) di Fabula Ultima è che le persone creino insieme una propria mitologia di gruppo, un mondo e una storia su cui hanno ampia libertà creativa, ma che lo facciano all’interno di alcuni pilastri irrinunciabili: per esempio, la natura fondamentalmente buona dei protagonisti e la loro crescita morale, la necessità di riunire popoli divisi contro l’oppressione, o l’esistenza di un tessuto spirituale che unisce tutte le cose e le persone, e di cui fa parte anche ciò che consideriamo divino. Si tratta di un gioco in cui la realtà del mondo e i pensieri di chi vive plasmano la divinità, non il contrario (il che rende anche la divinità qualcosa di sconfiggibile e non assoluto, in linea con i topoi narrativi del genere). Nella mia analisi dei videogiochi di ruolo giapponesi classici, questi elementi sono risultati “non opzionali”: senza queste guide precise, il gioco non avrebbe rispettato la sua premessa.
Fra l’altro, il fatto che nel gioco l’intero mondo in cui si svolge la storia sia creato insieme da tutti i partecipanti ha anche l’obiettivo di creare sentimenti di affetto e responsabilità: molto più facile essere coinvolti emotivamente e lanciarsi in atti eroici quando ciò che viene minacciato è qualcosa a cui abbiamo contribuito, o che è stato creato da una persona a noi cara.
Infine, anche ciò che distingue un eroe da un cattivo è ciò che fa: un antagonista è tale finché si comporta da tale, non è una sua qualità intrinseca e permanente. D’altronde, il pentimento di un antagonista minore o maggiore e i suoi sforzi per diventare una persona migliore sono un altro motivo ricorrente del genere.

Com’è cambiata la tua esperienza rispetto al self-publishing collaborando con Need Games?
Sicuramente è stato un cambiamento forte e non sempre facile, sia per me che per Need Games. Devo dire però che la pazienza, le discussioni e lo sforzo fatto per comprendersi a vicenda sono stati ampiamente ripagati: e mi sento di includere anche tutto il team artistico con cui lavoro come direttore creativo. Continuo tuttora a sviluppare giochi anche in maniera autonoma, ma Fabula Ultima è decisamente il tipo di progetto che non sarebbe mai sostenibile per una sola persona, per quanto dal punto di vista del game design sia ancora qualcosa a cui lavoro sostanzialmente in solitaria (ma anche questo, necessariamente, dovrà evolvere).
Sotto certi aspetti, questo passaggio anima l’intero progetto fin dall’inizio: gli eroi di Fabula Ultima hanno bisogno gli uni degli altri, sono forti insieme. Gli antagonisti invece tendono a essere forti individualmente, ma questa incapacità di compromesso e tolleranza è anche la loro debolezza: questo concetto chiave era, fin dall’inizio, una mia riflessione su come vivo la vita (e, per me, creare giochi è una vocazione e una forma di attivismo, quindi molto rilevante).
A fine settembre vi siete tuffati su Kickstarter con un campagna di crowdfunding dedicata all’edizione celebrativa di Fabula Ultima ed al primo volume del Bestiario, campagna che ad oggi ha superato il milione di euro. Vi aspettavate questo successo?
Posso dire solo cosa mi aspettavo io: niente di simile. Sapevo che ci eravamo impegnati molto e che pertanto ci meritavamo molto, ma mai avrei pensato a un risultato del genere e mai dopo una settimana soltanto. Per me, è prima di tutto un segnale che ora questo gioco ha una responsabilità da non sottovalutare, proprio da un punto di vista culturale. La cosa che più mi dà gioia, comunque, è vedere che il supporto per il progetto è internazionale – non concepisco Fabula Ultima come “gioco Italiano” bensì come un progetto internazionale fin dalle sue ispirazioni, quindi sono felice di vederlo unire persone da tutto il pianeta.
Uno dei punti forti della campagna è sicuramente l’illustrazione che ha realizzato per voi Yoshita Amano, presente nella campagna come copertina alternativa per il manuale base, come illustrazione della Collector’s Box etc. Come è nata questa collaborazione?
Inizialmente, una coincidenza: quando Fabula Ultima ha vinto il premio come miglior gioco di ruolo a Lucca Comics & Games 2022, Yoshitaka Amano ci ha consegnato il premio sul palco, per poi decidere anche di partecipare alla nostra foto di gruppo celebrativa. Da lì, e grazie anche alla sua presenza nelle edizioni successive del festival, abbiamo potuto coltivare un dialogo e, avendo lui mostrato interesse verso il progetto, realizzare insieme un’illustrazione allegorica che rappresentasse Fabula Ultima.

Quali evoluzioni possiamo aspettarci per Fabula in futuro, anche alla luce dei risultati della campagna di crowdfunding?
Abbiamo già fatto un breve annuncio, ma la sostanza è che la linea principale del gioco proseguirà con ulteriori Bestiari e con un volume molto particolare, la Guida Strategica, che sarà una combinazione di filosofia di gioco e regole opzionali. A questo andranno affiancandosi delle linee parallele, con un focus leggermente diverso dal gioco base: per esempio Fabula Adventures (nome provvisorio), che ha l’obiettivo di fornire un’esperienza di gioco parzialmente preparata, evitando anche un po’ il “panico da foglio bianco” della creazione condivisa e fungendo da ponte per quei giocatori che, arrivando da giochi di ruolo tradizionali, non hanno l’abitudine a essere particolarmente proattivi o propositivi.
Negli ultimi anni il gioco di ruolo carta e penna sembra essere in una fase di evoluzione vedendolo passare da hobby “nerd”, da fare in taverna, ad una vera e propria forma di spettacolo, vedasi il successo di Critical Role a livello internazionale, o in Italia di InnTale ed altri collettivi su Youtube e social. Cosa pensi abbia contribuito a questo cambiamento?
Dal mio punto di vista, è semplicemente una questione generazionale: chi è cresciuto con questo hobby ora si trova a occupare posizioni decisionali nel campo dell’intrattenimento. Tuttavia, gli show e il giocare sono due cose diverse, e sarebbe bene non dimenticarlo: una delle due è fondamentalmente passiva, l’altra è profondamente attiva e richiede, letteralmente, di mettersi in gioco. Quindi, l’hobby in sé non è cambiato, semplicemente si è costruito un business di spettacolo ispirandosi a esso. Un cambiamento positivo che invece riscontro nell’hobby, e in questo sì anche gli show hanno aiutato, è la normalizzazione: come per i giochi da tavolo e di carte, è meno “di nicchia”. Però, se si vuole imparare a giocare, il metodo rimane solo uno: giocare! E in questo, ad esempio, credo che le associazioni sul territorio e i prodotti “demo” e tutorial abbiano il maggiore impatto: gli show, al contrario, possono creare aspettative irrealistiche e ansia da prestazione. Apprezzo tantissimo infatti chi gioca online “senza tagli”, mostrando tanto i momenti epici quanto quelli disastrosi. Non è un hobby fatto di momenti perfetti, è un hobby fatto di amore per le coincidenze e per le storie impacciate ma genuine.
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