F1, GP Messico: Ferrari e i motivi di una doppietta mancata
- Postato il 28 ottobre 2024
- Sport
- Di Virgilio.it
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Che splendida vittoria quella della Ferrari in Messico. Un trionfo questa volta atteso, non inaspettato come quello del Texas. Un successo guadagnato sul campo dal “mestierante” Sainz, decisivo nel mettere tutto il suo talento per coprire alcune défaillance della rossa, che non facevano della SF-24 la migliore vettura nel fine settimana di gara numero 20 della stagione. E allora bravo Carlos, che già pensa al suo futuro in Williams ma continua a voler bene al Cavallino Rampante. Un amore che ha sedotto lo spagnolo per poi abbandonarlo sul più bello, proprio nel momento in cui il teamitaliano sta diventando grande, pronto a lottare per stringere l’anelata bramosia: essere campione del mondo.
Il tracciato centroamericano ha messo in luce alcuni limiti della scuderia di Maranello. Dettagli che non fanno della SF-24 la monoposto di F1 più completa. Parliamo del rendimento nelle curve rapide e in successione, dove il trasferimento di carico non è gestito bene come sa fare la Red Bull, e il livello di spinta verticale generato dal fondo non è all’altezza di quello McLaren, aspetto che abbassa le velocità di percorrenza. Per questo, malgrado l’iberico della Ferrari abbia fatto la pole position, scopriamo che in curva 7, durante la qualifica, la numero 55 ha registrato all’apice 17 km/h in meno rispetto alla MCL38 di Lando Norris. Un gap significativo che evidenzia il limite suddetto.
Al sabato si può mascherare un rendimento deficitario. Sul giro secco lo ha fatto alla grande, Sainz, molto intelligente nell’adottare l’handling che potesse limare questa carenza e ridurre al minimo il delta nel T2. In Q3, in questo tratto, Carlos si è beccato solo un decimo di distacco da Norris, per poi costruire le sue fortune nei restanti due settori del tracciato messicano. Ha sfruttato la tendenza all’eccesso di rotazione per entrare più forte in curva e ottenere riscontri all’altezza nelle restanti curve che compongono la porzione di pista in questione. In gara, per 71 tornate, non era possibile farlo. E anche per questo il dominio sciorinato nella pista di Austin non ha fatto presenza.
F1, GP Messico: Ferrari cambia l’ala posteriore prima della qualifica
Per entrare nello specifico della gara e capire le motivazioni della mancata doppietta Ferrari, ci sono diversi aspetti tecnici interessanti che, all’indomani della vittoria, vale la pena menzionare. Utili per collegare i pezzi di un puzzleinteressante. Il lavoro con il software “driver in the loop” serve per stabilire un assetto di base. Si realizza in fabbrica inserendo i dati nel simulatore relativi al layout di interesse, con all’interno tutte le variabili del caso. I piloti “girano” in pista nella sfera ipotetica e, in collaborazione con gli ingegneri, modificano l’assetto per costruire una messa a punto idonea. Set-up sul quale si lavora successivamente, nel campo reale, per validare gli studi effettuati.
Tramite questa ricerca Ferrari si presenta in pista con l’ala posteriore ad alto carico aerodinamico, la versione utilizzata per il Gran Premio di Monaco, per intenderci. D’altronde, l’aria rarefatta dovuta alla particolare ubicazione del circuito abbassa la valenza del carico e favorisce l’utilizzo di una deportanza maggiore senza innalzare la resistenza all’avanzamento. Il venerdì della rossa è andato alla grande. Tuttavia, il team ragiona sulla downforce installata e, un po’ a sorpresa, le due SF-24 si ripresentano in pista al sabato con un altro tipo di ala. La specifica di Monte Carlo lascia spazio a quella da medio-alto carico introdotta in Spagna.
La scelta di diminuire la spinta verticale è arrivata pensando alla gara. Per non sovraccaricare di lavoro le gomme, si mette in atto il tyre management abbassando le velocità di percorrenza. Lo si fa nelle curve dove il carico trasversale e il suo relativo trasferimento mettono sotto grande stress lo pneumatico e ne accelerano il degrado. In Messico parliamo del tratto che va dalla 7 alla 11. Dovendo andare più piano, una downforce minore poteva essere sufficiente. Decisione che ha sì concorso ad alzare le velocità in rettilineo ma, contestualmente, ha reso più complicata la gestione generale dei compound. I “due Carlo” si sono visti costretti a limitare la prestazione nel T2 più di quanto calcolato. Punto della pista dove invece la McLaren andava molto forte.
F1, GP Messico: la mancata “slow introduction” frega Charles Leclerc
Gestire le gomme non è stato semplice. I ferraristi hanno lottato non poco per stabilizzare le temperature del battistrada e non ci sono riusciti alla come volevano. Il problema si è presentato maggiormente per la vettura numero 16. Nel primo stint, dopo il contro sorpasso di Sainz su Verstappen, lo spagnolo ha goduto sempre di aria fresca davanti a lui. Mentre il monegasco, girando vicino al compagno, ha sofferto maggiormente per via della scia turbolenta. Questo elemento ha alzato la temperatura di esercizio delle componenti interne, obbligando Charles a un lift and coast maggiore. Inoltre, anche le coperture ne hanno risentito, incapaci di trovare il bilanciamento termico ottimale.
Ma il problema più grande per Leclerc è arrivato dopo la prima e unica sosta, alla tornata 32, quando ha imboccato la corsia box per la sostituzione delle gomme. Un set di Pirelli a banda bianca, le Hard, per affrontare il secondo stint sino alla bandiera a scacchi. Quando una vettura di F1 cambia i compound e torna in pista, serve del tempo per attivare le mescole e stabilizzarne la temperatura. A differenza della qualifica, si utilizza una tecnica chiamata “slow introduction“. Strategia che va a completare il ciclo di isteresi in maniera progressiva, senza stressare le gomme. Il team studia un “tempo target” da seguire per diverse tornate, sino a quando la deformazione dello pneumatico non è completa.
Accelerare questo processo significa compromettere l’integrità dei compound e accorciare la loro vita utile, con un rendimento minore a livello di grip, aggiunto ad un “cliff” (decadimento prestazionale) che arriva più rapidamente. Leclerc era pressato da Norris, che avendo sostituito un giro prima le gomme, stava spingendo parecchio. Per mantenere intatto il gap sul britannico, circa 6 secondi, Charles non ha rispettato il ritmo prestabilito. Si è visto costretto a spingere, e questo fattore ha pesato nell’economia del long run. La somma dei vari fattori descritti ha reso più vulnerabile il suo ritmo. I doppiati hanno fatto il resto, sino a quando la pressione asfissiante con Lando negli scarichi, ha condotto all’errore fatale il ferrarista.