F1 | Drive to Survive: Netflix ha davvero trasformato la Formula 1 in uno spettacolo televisivo?

  • Postato il 11 marzo 2025
  • Formula 1
  • Di F1ingenerale
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Netflix e Drive to Survive hanno fatto bene alla Formula 1? Oppure l’hanno fatta diventare uno show televisivo?

Wags, piloti come le Kardashian, lotte al vertice in stile Trono di Spade: Drive to Survive non avrà un po’ esagerato con la sua narrativa sulla Formula 1?

Siamo arrivati alla settima stagione della docuserie sportiva, e Netflix continua a mostrare i due lati della classe regina: quello sportivo, e quello più glamour. Prodotta dal 2019 con l’obiettivo di raccontare (in sintesi) il campionato di F1 attraverso le voci dei suoi protagonisti, DTS ha collezionato sia apprezzamenti che polemiche.

Credits: Netflix

In un mondo in continua evoluzione, in cui anche la settima arte si è modernizzata e ha osato nuovi generi cinematografici, era questione di tempo per vedere come lo sport si sarebbe adattato alle esigenze del pubblico.

Netflix sa bene di cosa hanno bisogno le persone, e nel corso delle stagioni ha saputo ascoltarle con attenzione, scandagliando i social – la “piazza” ideale per raccogliere idee. E, sviscerando nei meandri del web, lo streamer ha capito che per raccontare una buona storia c’è bisogno di buoni e cattivi.

Nell’ultima stagione uscita il 7 marzo scorso, Drive to Survive pone il focus sulla rivalità tra Max Verstappen e Lando Norris. La narrativa proposta è quella hollywoodiana in cui il primo è l’antagonista per eccellenza (ricorderete il rifiuto dell’olandese di prestarsi alle interviste per Netflix), il secondo è l’eroe che riesce finalmente ad emergere.

Siamo davvero ridotti a questo? La Formula 1 è diventata uno show televisivo nelle mani della piattaforma? Eppure DTS ha i suoi pregi e difetti.

Drive to Survive: pro e contro di un progetto ambizioso

Formula 1: Drive to Survive nasce con l’intento di raccontare un campionato di F1 tramite lo sguardo inedito di piloti, manager, team principal e personalità sportive di spicco. Attraverso le loro voci si scopre uno sport in cui le amicizie non esistono una volta che si mette il casco, mentre le rivalità abbondano.

Credits: Netflix

Dal 2019, anno in cui è esploso DTS, la Formula 1 ha acquisito sempre più popolarità Oltreoceano, dove questo sport aveva un po’ perso la sua attrattiva.

Si è arrivati al punto in cui personaggi come Gunther Steiner sono diventati idoli delle masse. Tant’è che quando la Haas lo ha scaricato, Netflix non sapeva cosa fare perché aveva perso una delle sue figure di punta dello show.

Stessa cosa con Daniel Ricciardo, uno dei favoriti del pubblico americano. La crew di DTS aveva evidente difficoltà a lasciarlo andare, proprio come quando un attore abbandona il cast della vostra serie tv preferita.

Da una parte, Drive to Survive ha fatto solo del bene alla Formula 1, avvicinando sempre più persone allo sport. Dall’altra l’ha quasi trasformata in spettacolo. Spesso la docuserie ha la tendenza di estremizzare le storie che vengono rese più drammatiche.

In questo modo si ha la sensazione di trovarsi all’interno di un film, in cui dobbiamo solo decidere se tifare per il buono o per il cattivo. Da qui le critiche mosse da piloti come Verstappen che hanno giudicato non veritiere le cose raccontate.

Alla fine, l’ultima parola è sempre quello dello spettatore/tifoso, che dovrà saper distinguere cos’è reale e cos’è finzione. Capire come guardare Drive to Survive: è una docuserie, un prodotto da pop-corn, uno show di intrattenimento. Inutile prendersela per il modo in cui i fatti vengono narrati. Altrimenti tanto vale guardarsi un documentario.

Crediti immagine di copertina: Netflix

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