Export, margini e competitività: l’intesa con gli Stati Uniti preoccupa le imprese europee

  • Postato il 31 luglio 2025
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Il commento più tagliente dell’intesa di massima concordata tra Trump e Ursula von der Leyen è espresso nella vignetta di Emilio Giannelli apparsa sul Corriere della Sera il 28 luglio. Infatti, rispetto alla comunicazione della conclusione dell’accordo per una aliquota ritenuta sopportabile dalle cancellerie europee, ci si domanda se gli antidolorifici siano esclusi. Il giudizio espresso, anche se in una vignetta, si rivela appropriato. L’espressione che si usa in questioni del genere la dice tutta: “Meno male che ce l’abbiamo fatta”. A combinare che cosa non si sa. È stata pattuita un’intesa di massima, da definire nei dettagli.

Intesa debole tra Ue e Usa: pochi vincoli, molta propaganda, e la partita vera resta da scrivere

Tutto si è concluso con una stretta di mano non di vecchio conio, che fissa il limite del 15% alle esportazioni di merci verso gli Usa, che comprende l’auto, finora colpita al 27,54%. Mentre apre il mercato europeo alle esportazioni delle merci americane, compresi i prodotti agricoli trattati con i fertilizzanti naturali, blindati fino ad oggi da norme europee a tutela dei consumatori.

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato, con eccessivo trionfalismo, che la questione dei dazi si è conclusa con “un’intesa di massima che porterà stabilità e chiarezza alle imprese”. Una comunicazione che esalta il vuoto per pieno. Le imprese e l’opinione pubblica non sono così ingenue da ritenere risolto ogni problema. Manca sia la specifica delle merci interessate, sia la firma dell’accordo definitivo.

Trump, consapevole della sua forza, ha celebrato la stretta di mano con la presidente della Commissione dichiarando che “è il più grande accordo di tutti i tempi”. È certo, vista l’arrendevolezza dell’Ue, che l’accordo verrà scritto secondo i suoi desiderata. Trump infine ha dichiarato, facendo impropriamente le veci della presidente Ursula von der Leyen,  che l’Ue “ aprirà i suoi paesi al commercio a dazi zero”. I dazi del 50% sulle importazioni di acciaio e dell’alluminio sono rimasti invariati. A conclusione della stretta di mano non poteva mancare la ciliegina sulla torta: il sostegno all’economia americana.

L’Ue cede su armi e gas, ma le imprese temono l’impatto dei nuovi costi su export e competitività

L’Ue, pertanto, si è dichiarata disponibile ad acquistare in tre anni 600 miliardi di dollari in equipaggiamento militare e 750 miliardi di dollari in prodotti energetici in modo da rendere più agevole, si fa per dire, la lotta dell’Europa contro la vulnerabilità del clima.

La presidente Meloni, commentando l’intesa, l’ha giudicata “positiva, riservandosi di valutare il merito, non conoscendone i dettagli”. Autorevoli membri del governo l’hanno ritenuta “positiva e sostenibile”. È stata evitata un’escalation dannosa con gli Stati Uniti, facendo presente che, sia a livello italiano che europeo, verranno assunte misure adeguate per sostenere le imprese colpite dai dettagli dell’accordo.

Il Governo minimizza gli effetti dei dazi al 15%. Si tratta di un aumento di poco superiore al 10%, considerando il 4,8% preesistente. Facile a dirsi, ma difficile da essere sostenuto per le imprese esportatrici, come sottolinea l’Ufficio studi di Confindustria. Anche perché a quel 10% va ad aggiungersi il 13% dipendente dalla svalutazione del dollaro che, secondo il governatore della Fed Jerome Powel, è destinata a perdurare, sia a causa della guerra dei dazi, sia della dispendiosa spesa pubblica perseguita con la legge di bilancio.

A rischio i margini industriali: serve un ripensamento della strategia europea

Un aumento di più del 20% del costo delle merci da esportare negli States non è poco. È già grasso che cola se le imprese esportatrici realizzano un margine operativo lordo intorno al 15% rispetto ai ricavi. L’aumento del costo delle merci destinate all’export in Usa metterà fuori campo tante aziende.

Il presidente di Confindustria, allarmato dall’intesa, chiede al governo e all’Ue di “compensare la mancanza di competitività dei nostri prodotti verso gli Usa e di aiutare i settori più colpiti” e “di predisporre un nuovo piano industriale, che venga superato il patto di stabilità, come stabilito per le armi e la difesa, e di andare subito ad accordi con nuovi mercati”. Il presidente di Confindustria e il Governo italiano sollecitano un massiccio intervento dell’Ue. Non hanno ancora compreso che non si tratta di un accidente della storia come fu la stagione del Covid, ma di ben altro. Trump sta abilmente tentando di raggirare il mondo intero, eccetto gli amici banchieri americani, per riaffermare l’egemonia globale del dollaro.

Né l’Ue, né il Governo, né il Presidente di Confindustria hanno mai pensato quale fosse il vero obiettivo della guerra dei dazi di Trump: neutralizzare l’Europa nello scontro geopolitico con la Cina. Un avversario fuori dalla sua portata per la potenza economica che esprime. Lo convalida il rinnovo dell’accordo sui dazi per altri 90 giorni senza colpo ferire.

Trump divide l’Ue: intesa sbilanciata, Berlino e Parigi si smarcano

L’insoddisfazione del cancelliere tedesco Mertz per il “danno considerevole che subirà l’economia tedesca” e il giudizio negativo del governo francese Bayrou, che ritiene l’intesa “sbilanciata e non sostenibile”, sono un segnale inequivocabile della rottura perseguita da Trump, grazie all’arrendevolezza dell’Europa.

L’Ue, di fronte al bullismo di Trump, immune da scrupoli, remore e pudori, che si sta prendendo gioco dell’Occidente, ha ceduto al primo stormire delle foglie, evitando di attivare lo strumento anti coercizione approvato nel 2023 quale deterrente da utilizzare in caso di guerre commerciali. Sia la presidente Ursula von der Leyen che la presidente Meloni hanno sempre gettato acqua sul fuoco acceso dalla guerra dei dazi, sventolando ai quattro venti la necessità di evitare un’escalation e di avere fiducia che un accordo con gli States si sarebbe trovato. Un’intesa di massima è stata trovata, ma al prezzo voluto da Trump. Il suo disegno era duplice. Imporre per un verso dazi più elevati, insostenibili uniti alla svalutazione del dollaro, e per un altro facilitare un ulteriore sfaldamento dell’Ue.

L’obiettivo è stato centrato. Hanno fatto aggio la sudditanza politica dell’Unione Europea e del governo italiano, che non possono avere la volontà di dissociarsi da un personaggio come Trump che è portatore dei valori che si vorrebbe trionfassero in Europa. Trump quindi ha preso due piccioni con una fava. Per l’Europa e per l’Italia resta valido il commento della vignetta di Emilio Giannelli richiamato in premessa: “Speriamo che gli anti dolorifici siano esclusi dall’intesa di massima”.

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