Export: l’agroalimentare motore dei distretti. E il Sud è protagonista
- Postato il 9 gennaio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Export: l’agroalimentare motore dei distretti. E il Sud è protagonista
Export: nel terzo trimestre del 2024 le spedizioni sono aumentate dell’1,3%, l’agroalimentare è il motore; Sud e centro superstar
Agroalimentare e Mezzogiorno superstar per l’export dei distretti industriali. Il monitor di Intesa Sanpaolo ha calcolato nel terzo trimestre 2024 un aumento dell’1,3% delle esportazioni dei distretti dopo quattro trimestri in calo anche se lieve. In un contesto di debolezza degli scambi mondiali – spiega l’analisi dell’Istituto bancario – si registra dunque una sostanziale tenuta dei valori esportati.
Nei primi nove mesi il bilancio è positivo per +0,6%. E una spinta importante è arrivata dalla filiera agroalimentare, mentre per i beni voluttuari e alcune tipologie di beni di consumo le performance non sono state altrettanto brillanti. Nonostante qualche defaillance sono più numerosi i distretti su terreno positivo che hanno raggiunto quota 74 rispetto ai 56 dei primi tre mesi del 2024.
L’AGROALIMENTARE BALZA AL 9,1%
L’agroalimentare ha messo il turbo con un balzo del 9,1% che ha staccato così distretti tradizionali vanto del Made in Italy come la moda.
Tra i poli industriali che nel terzo trimestre si sono distinti sui mercati esteri l’oreficeria di Arezzo, il polo orafo di Vicenza e la maglieria e abbigliamento di Perugia. Per quanto riguarda il cibo spiccano l’olio toscano, i dolci di Alba e Cuneo, l’ortofrutta romagnola, olio e pasta del Barese, i vini dei colli fiorentini e senesi, il lattiero caseario parmense e ancora l’ortofrutta barese e l’alimentare Napoletano. Nella meccanica in pole position la Food machinery di Parma, i frigoriferi industriali di Casale Monferrato, nei mezzi di trasporto la nautica di Viareggio. Un distretto che invece è stato fortemente penalizzato è quello della pelletteria e delle calzature di Firenze che ha perso il 20,6%.
A SALVARE L’EXPORT I MERCATI EUROPEI
A salvare l’export sono stati i mercati extra europei. In primis la Turchia che ha fortemente sostenuto le lavorazioni orafe di Arezzo. Soddisfazioni le ha date anche il mercato del Nord America grazie al traino dell’agroalimentare che ha messo a segno un incremento del 3,2% che ha raggiunto +6,3% in Canada. Il settore è andato bene anche nel Medio Oriente in particolare in Arabia saudita con +31,8% e negli Emirati Arabi uniti (+10,2%). Anche nella Ue il cibo ha consentito di ottenere buoni risultati insieme con elettrodomestici e nautica in Francia. In Germania è stato solo l’agroalimentare a tenere alta la bandiera dell’export italiano. Le spedizioni hanno segnato il passo in Cina per effetto della meccanica e della moda e in Russia.
A livello territoriale il successo ha sorriso soprattutto al Centro (+9,7%) e al Mezzogiorno (+4%). Nella prima area a tirare sono state la Toscana (+12,8%) con l’oreficeria di Arezzo, l’olio toscano, la cantieristica di Viareggio, il marmo di Carrara e l’Umbria (+12,3%) con la maglieria e l’abbigliamento di Perugia e l’olio umbro.
MEZZOGIORNO PROTAGONISTA
Nel Mezzogiorno sono stati i prodotti alimentari il motore dei distretti. In controtendenza invece quelli del Nord con alcune regioni come l’Emilia Romagna e la Lombardia che hanno ingranato la retromarcia e altre, come Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Liguria che hanno registrato una crescita dei valori esportati.
Il monitor prevede comunque che quest’anno ci potrebbe essere una ripresa per effetto in Europa della flessione dell’inflazione e del calo dei tassi di interesse. E – si legge nell’analisi –“ne potranno trarre beneficio soprattutto i distretti specializzati in beni di investimento, spinti anche dalla doppia transizione digitale ed energetica”.
In ogni caso quando si parla di sbocchi commerciali la prudenza è d’obbligo in uno scenario complesso e incerto con conflitti in corso in Europa e Medio Oriente. Inoltre è da mettere in conto anche il ritorno alla guida degli Stati Uniti di Donald Trump. Il tycoon ha in più occasioni parlato dei dazi, ma la partita è tutta da scrivere. Lo studio di Intesa Sanpaolo ha sostenuto che se i dazi dovessero essere asimmetrici e in particolare più intensi verso i prodotti cinesi nel breve periodo ci potrebbe essere anche un vantaggio per le merci italiani sul mercato statunitense, favorite anche dal dollaro forte. Ma contestualmente diventerebbe più agguerrita la concorrenza cinese su altri mercati. Secondo Intesa Sanpaolo molto dipenderà dalle strategie delle imprese italiane.
I DAZI AMERICANI
La questione dei dazi americani, che preoccupa molto l’agroalimentare made in Italy, è una partita ancora tutta da giocare e che può certamente contare questa volta sui buoni rapporti bilaterali tra il Governo italiano e la nuova amministrazione statunitense. Che Trump voglia aumentare le spedizioni americane in Europa e tagliare gli acquisti dall’Unione europea è un dato di fatto, ma come andranno a impattare eventuali dazi dipenderà dalle singole trattative. Il mercato americano è estremamente interessante per le produzioni alimentari italiane. Le spedizioni nel 2024, secondo i dati dell’Osservatorio della Coldiretti, infatti sono state di circa 8 miliardi con un aumento a due cifre rispetto all’anno precedente.
Gli Usa si confermano così il secondo sbocco dopo la Germania per cibo e bevande tricolore. Nella precedente presidenza Trump le restrizioni imposte provocarono penalizzazioni a salumi, i formaggi e liquori come il tipico limoncello. Nessun impatto invece per i vini al contrario delle etichette francesi che rientrarono invece nella “black list” americana.
In America poi il made in Italy a tavola paga anche un’altra tassa pesante, che in questo caso non dipende da Trump, ed è quella dell’italian sounding. Sui circa 120 miliardi di prodotti taroccati in tutto il mondo infatti la quota di falsi italiani negli States si attesta sui 40 miliardi (dati Coldiretti) ed è in costante crescita.
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