Ex Ilva, la protesta a oltranza degli operai: “Urso vuole chiudere la siderurgia in Italia, inaccettabile”

  • Postato il 19 novembre 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Non ce ne andiamo di qui finché non si apre un tavolo su Genova. Lo deve convocare chi governa il Paese, la città e la regione. Qui si perdono mille posti di lavoro, credo sia una ragione sufficiente”. Così Armando Palombo, delegato Fiom e portavoce dei lavoratori dell’ex Ilva di Genova, spiega il blocco stradale con il quale i laboratori di Acciaierie d’Italia, da questa mattina, hanno bloccato la viabilità all’altezza di Cornigliano. Dopo l’assemblea, i lavoratori in sciopero hanno portato in strada i mezzi pesanti dell’acciaieria e hanno deciso un presidio a oltranza. Nel frattempo lo stabilimento è occupato e lo stesso sta avvenendo a Novi ligure.

I lavoratori del polo genovese hanno montato un gazebo e una tenda, nonostante le temperature in calo e il maltempo in arrivo: “Ci prepariamo a dormire qui”. Il presidio, all’incrocio tra via Siffredi, la strada Guido Rossa e via Cornigliano, è destinato a restare finché non arriverà quella convocazione che oggi nessuno ha ancora annunciato. “Non staremo a vedere Taranto che affonda e si porta dietro una fabbrica ancora in grado di produrre – ha spiegato Palombo a ilFattoQuotidiano.itse solo ci fosse volontà politica e imprenditoriale di farlo“. Il nodo resta il “piano Urso” per l’ex Ilva, che secondo sindacati e lavoratori mette a rischio mille posti di lavoro a Genova e segna un passo verso l’uscita dell’Italia dall’acciaio. “Non si tratta solo di salvaguardare i nostri posti di lavoro – spiega a ilFattoQuotidiano.it Adriano Garofalo, operaio e delegato sindacale di Acciaierie d’Italia – si tratta di chiudere con l’acciaio e la siderurgia in Italia: è una scelta miope e non solo per Genova”. Il capoluogo ligure, da anni in crisi occupazionale e demografica, vede nel polo di Cornigliano uno dei pochi presidi industriali rimasti.

Sul fronte istituzionale, la sindaca di Genova Silvia Salis scrive al ministro dello sviluppo economico Adolfo Urso per chiedere un tavolo sul futuro dello stabilimento alla presenza delle organizzazioni sindacali e attacca a sua volta il governo. “Sono estremamente preoccupata per lo stallo totale che si sta verificando sulla vertenza ex Ilva, con un migliaio di lavoratori e di famiglie genovesi che rischiano seriamente di perdere salario e impiego e una città e un Paese che rischiano di perdere uno dei principali asset di sviluppo economico e industriale – ha commentato in un comunicato -. Il governo ha fallito troppe volte nella ricerca di una soluzione efficace per il futuro dell’azienda, il momento delle risposte non è più procrastinabile”. Nessun segnale, invece, arriva per ora da governo e Regione: “Aspettiamo una chiamata – sottolinea Palombo – al momento non c’è niente di niente. Eppure l’annuncio ieri è stato chiarissimo. Abbiamo chiesto una solidarietà vera, non un comunicato. Che vengano sospese le sedute comunali e regionali e si apra un tavolo per salvare questi mille posti di lavoro”.
La sindaca per ora non si è recata al presidio e si appella ai lavoratori “affinché le comprensibili azioni di protesta restino nell’alveo del rispetto del resto della cittadinanza”. Nessun segnale da Roma: “Aspettiamo una chiamata – sottolinea Palombo – al momento non c’è niente di niente. Eppure l’annuncio ieri è stato chiarissimo. Abbiamo chiesto una solidarietà vera, non un comunicato. Che vengano sospese le sedute comunali e regionali e si apra un tavolo per salvare questi mille posti di lavoro”. Per i sindacati il cosiddetto “ciclo corto” prospettato dai commissari equivale alla progressiva chiusura dell’intero complesso ex Ilva. Torna d’attualità l’ipotesi dello spezzatino, con la possibilità che lo stabilimento di Genova segua un destino parzialmente autonomo rispetto a Taranto, a patto che continui ad arrivare materia prima.

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Il Fatto Quotidiano

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