Ex Ilva, il “fronte del no” al forno elettrico alza la voce: 20 cittadini scrivono a sindaca e prefetta

  • Postato il 16 luglio 2025
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  • Di Genova24
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Genova. “A Cornigliano, a poche decine di metri dalle abitazioni, sta per essere installato un nuovo forno elettrico con annesso laminatoio a caldo. Un progetto che promette 2 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, ma che riporta Genova indietro di decenni: verso un modello industriale ad alto impatto, senza garanzie per l’ambiente né per la salute”. Inizia così la lettera che alcuni cittadini, insieme all’organizzazione per i diritti umani EveryOne Group, hanno inviato alla sindaca di Genova Silvia Salis, al Comune e ai municipi, alla direzione dei vigili del fuoco e alla prefetta di Genova, per esprimere la loro contrarietà all’ipotesi – per ora solo sulla carta – dell’installazione di un forno elettrico nello stabilimento di Acciaierie d’Italia.

La portavoce della protesta è l’insegnante genovese Daniela Malini ma nell’elenco dei firmatari – finora una ventina – c’è anche Patrizia Avagnina, la pasionaria fondatrice, insieme ad altre (tra cui la compianta Leila Maiocco) delle Donne di Cornigliano, uno dei comitati che si batterono per lo spegnimento dell’altoforno per il raggiungimento dell’accordo di programma del 2005.

Nella lettera si entra subito nello specifico: “Non è prevista, a oggi, una valutazione di impatto sanitario – si legge – eppure Cornigliano è uno dei quartieri più colpiti, secondo i dati epidemiologici regionali. Tra le donne, l’incidenza dei tumori allo stomaco è risultata più che doppia rispetto alla media cittadina – viene citato un rapporto Alisa del 2002 – significativamente più alti anche i tumori del sistema nervoso centrale. Negli uomini si registra un costante eccesso di tumori maligni rispetto alla media attesa. Il tutto in un quartiere che ha convissuto per decenni con le emissioni dell’ex Ilva e che attende ancora una bonifica completa dei suoli e delle falde sotterranee”.

“Il forno elettrico è solo l’ultimo tassello – attaccano da EveryOne Group – a Genova stanno arrivando o riaprendo impianti pesanti, depositi chimici a Ponte Somalia, nuovi inceneritori, strutture logistiche in aree urbane (i riferimenti sono a ipotesi al momento non attuate e, nel caso della chiusura del ciclo dei rifiuti, a una tipologia oggi non corrispondente a quelle prese in considerazione ndr). La città rischia di diventare la pattumiera del Paese, dove si colloca ciò che altrove verrebbe respinto. A pagare il prezzo sono sempre gli stessi: i residenti di Cornigliano, Sampierdarena, Multedo, i quartieri già sacrificati sull’altare della produzione”.

“Il nuovo governo comunale non si è opposto al progetto – prosegue la lettera – La sindaca ha parlato di verifiche necessarie, ma non ha richiesto formalmente uno studio sanitario indipendente né ha espresso una posizione contraria. E il progetto va avanti, come se nulla fosse. I cittadini di Cornigliano e di tutta Genova hanno diritto a trasparenza, informazione, prevenzione. Non si può riaprire un’area a caldo vicino alle case senza sapere cosa succederà alla salute delle persone. Non si può ignorare l’impatto cumulativo di decenni di inquinamento”.

“Chi amministra ha il dovere di tutelare, non di accettare silenziosamente – concludono i cittadini coinvolti dall’organizzazione EveryOne Group -. Genova merita un futuro diverso. Cornigliano non può essere di nuovo la zona del silenzio. Genova e Cornigliano si stanno mobilitando con gli storici comitati e associazioni; lo faranno attraverso le leggi a livello cittadino, nazionale ed europeo; ma si stanno mobilitando anche i semplici cittadini, che di certo non voteranno in futuro chi adesso non prende una netta posizione contro questa nuova ingiusta servitù”.

Autore
Genova24

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