Europa su, Usa giù. Come si muove l’industria della difesa euroatlantica secondo Braw (Ac)
- Postato il 7 marzo 2025
- Esteri
- Di Formiche
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A meno di due mesi dal suo insediamento ufficiale, ci sono pochi dubbi sul fatto che il nuovo presidente statunitense Donald Trump stia sconvolgendo gli equilibri pre-esistenti in tutta una serie di dimensioni. Compresa quella della difesa: come conseguenza delle scelte politico-economiche della nuova amministrazione, l’ecosistema della difesa Usa sta attraversando un momento di difficoltà; viceversa, come conseguenza delle stesse azioni, l’apparato militare-industriale europeo vede crescere il valore dei propri titoli sui mercati, grazie al rinnovato interesse degli attori europei verso questo settore. Cosa sta succedendo di preciso? Formiche.net lo ha chiesto ad Elisabeth Braw, senior fellow dello Scowcroft Center for Strategy and Security dell’Atlantic Council ed editorialista di testate di portata internazionale, che ha accettato di rispondere a qualche domanda.
Il panorama dell’industria della difesa nel blocco euro-atlantico, come lei stessa ha sottolineato, sembra attraversare una fase di cambiamento. Quali sono le dinamiche dietro a questi sommovimenti?
In questo momento stanno accadendo due cose. La prima è che Donald Trump ha cambiato “posizione”: prima diceva che i Paesi europei avrebbero dovuto fare di più per la propria difesa; ora lo continua a dire, ma al tempo stesso sta portando avanti un riallineamento con la Russia che va contro gli interessi dei suoi alleati europei nella dimensione securitaria. E questo è, ovviamente, estremamente allarmante per l’Europa, che adesso è ancora più motivata ad investire nella difesa. Tuttavia, se Trump si fosse limitato a insistere che gli europei avrebbero dovuto fare di più per la propria sicurezza, probabilmente i partner del Vecchio Continente sarebbero stati felici di continuare ad acquistare attrezzature di difesa statunitensi, sia per ragioni qualitative che per ragioni politiche. Acquistando armi “made in Usa” si rafforzava il legame con gli Usa. Ora, con Trump che segnala l’intenzione americana di allearsi con la Russia contro i Paesi europei, le cose cambiano.
E la seconda cosa?
La seconda cosa riguarda gli annunci fatti da Trump e Hegseth sul taglio al bilancio militare degli Stati Uniti, dipendendo da noi per risparmiare. E il combinato disposto delle parole di queste figure politiche e della decisione europea di investire di più nei loro apparati industriali, hanno portato a conseguenze notevoli sui mercati, con le azioni delle aziende americane della difesa che scendono, mentre quelle delle aziende europee salgono vertiginosamente.
Crede che, data una simile situazione, le aziende della difesa Usa potrebbero cercare di riposizionarsi in Europa?
Si e no. Ovviamente, è incredibilmente difficile spostare gli impianti di produzione o cambiare le catene di approvvigionamento. Quindi è improbabile che si verifichi qualsiasi tipo di cambiamento operativo, con i produttori statunitensi di armi da difesa che spostano intere linee di produzione in Europa. Allo stesso tempo, però, potrebbero portare avanti un processo di “rebranding” per apparire più europei agli occhi delle elites del Vecchio Continente, anche sfruttando il fatto che da anni le supply chain del blocco euroatlantico si sono sviluppate trasversalmente tra Europa e Stati Uniti. Personalmente non credo che queste catene di approvvigionamento verranno smantellate, anzi, per loro sarà business as usual. I produttori primari statunitensi potrebbero puntare su questo e sui progetti di collaborazione portati avanti negli anni con le aziende del Vecchio Continente per cercare di costruirsi un’immagine europea. Tuttavia, non so quanto successo potranno avere.
Mentre negli Stati Uniti l’establishment industriale tradizionale della difesa attraversa un momento difficile, e non solo a causa delle politiche di Trump, altre industrie del settore stanno attraversando un momento positivo, come ad esempio Palantir. Che prospettive ci sono da questo punto di vista?
Quello che menziona è un fenomeno interessante da monitorare. Prendiamo ad esempio Palantir, un tipo diverso di società di difesa che negli ultimi mesi è cresciuto molto rapidamente. Il suo fondatore, Peter Thiele, è molto vicino a Trump. E per la tipologia di servizi che offre, più legati al software che all’hardware militare, questo tipo di società potrebbe trarre beneficio dal progetto di snellimento dell’apparato militare di Washington.
Quanto crede che i trend da lei evidenziati impatteranno sul futuro rapporto tra gli Stati Uniti e i Paesi europei, soprattutto nella dimensione politica?
Credo che la questione stia nel fatto che Trump non capisce davvero la Difesa. Vede le cifre della spesa per la difesa, ma non ha cognizione di come vengono spesi effettivamente i soldi. Così come non capisce cosa voglia dire il fatto che i Paesi europei spendano meno soldi per la difesa rispetto agli Stati Uniti in relazione allo status e al ruolo di questi ultimi, e che una forte spesa nella Difesa in realtà fa gli interessi dell’America, perché significa che i suoi alleati la ascoltano, e che Washington rimane il leader indiscusso all’interno della Nato. Ma dati gli ultimi sviluppi, perché i suoi partner europei dovrebbero continuare ad ascoltare Washington così diligentemente? Trump, vedendo le spese della difesa soltanto come dei numeri da registrare nel bilancio come uscite, sta inavvertitamente danneggiando non solo l’apparato militare-industriale, ma anche gli interessi dell’America.