Europa al bivio tra economia di vita o di guerra. L’intervento di Delle Site e Mezzaroma
- Postato il 7 marzo 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Come persone d’impresa e come cattolici, non possiamo restare silenti di fronte al tentativo di instradare l’Europa verso una corsa al riarmo, allontanando pericolosamente le due sponde dell’Atlantico. Non è un’economia di guerra ciò di cui ha bisogno oggi l’Europa bensì, come ci ha insegnato il Santo Padre Francesco a cui restiamo uniti spiritualmente anche in queste ore difficili, una economia della vita, che la difenda in tutte le sue fasi e dimensioni. Una economia di pace.
La grande forza morale dell’Europa risiede precisamente nel binomio fra pace e sviluppo, secondo i principi dell’economia sociale di mercato e della dottrina sociale della Chiesa, abbracciati dai padri fondatori, i quali fedeli a questa ispirazione hanno garantito mezzo secolo di assenza di conflitti nel Vecchio Continente.
Al ritorno dell’incubo hobbesiano dell’“homo homini lupus” e di una protervia delle burocrazie statuali, facciamo nostra la visione dell’abate Antonio Genovesi, padre della prima cattedra di economia in Europa: “Homo homini natura amicus”. Crediamo infatti che da un solido rilancio del commercio internazionale, animato da un ritorno alle regole dell’arte della mercatura, possano venire le migliori condizioni per scongiurare la follia della guerra mondiale.
Per questo chiediamo al governo italiano di attivarsi per correggere la rotta europea proponendo di convertire il piano di riarmo annunciato in un nuovo piano Marshall per la ricostruzione dell’Ucraina, che convogli gli investimenti europei e occidentali verso un Paese in macerie martoriato dalla guerra ma che, con il suo coraggio e la sua voglia di riscatto, ha tutte le carte in regola per risollevarsi.
È altresì necessario, vista anche l’iniziativa degli Stati Uniti nello stesso senso, aprire un tavolo diplomatico con la Federazione Russa allo scopo di negoziare una sicurezza comune. Gli investimenti italiani ed europei nella difesa puntino soprattutto alla crescita e al rafforzamento della forza diplomatica e dell’intelligence per prevenire e risolvere pacificamente i conflitti.
Infine, in questa nuova traiettoria l’Europa può e deve farsi capofila di un piano di conversione degli arsenali atomici mondiali in energia di pace (nucleare ad uso civile), un segnale non solo di distensione ma anche un ulteriore investimento contro l’innalzamento dei costi energetici che gravano su famiglie e imprese. Questa iniziativa perseguirebbe anche lo scopo di diversificare le fonti di approvvigionamento in favore di fonti non inquinanti.
L’Europa ritrovi sé stessa, sia sé stessa, con le parole di San Giovanni Paolo II, e diradata la coltre di cenere torni a respirare con i suoi due polmoni: l’est e l’ovest. Le sue classi dirigenti siano di nuovo artefici di pace e di progresso. Di fronte ai partigiani della guerra le piazze del mondo piene di persone comuni che invocano la pace rappresentano il vero mediatore, è il “potere dei senza potere” che chiede ai cosiddetti potenti della terra di mettere fine alla guerra.
I credenti che hanno fornito la linfa vitale alla civiltà e all’unità politica europea, mettendovi al centro la persona e la famiglia, il lavoro e lo sviluppo, non abdichino alle proprie responsabilità, che richiedono la preghiera – è più che mai necessaria una rete di preghiera mondiale per i “sapienti di questo mondo, affinché non guerreggino e non impediscano la propagazione del Suo regno” (San Pio da Pietrelcina) – e l’azione, attraverso un audace protagonismo nella politica, nell’amministrazione pubblica, nell’impresa e in tutti i settori della vita civile senza timore di vivere questi impegni con coerenza e unità di vita, operando insieme a tutti coloro che perseguono la via della pace e dello sviluppo.