Essere conservatore e tradizionalista è un ordine identitario non ideologico
- Postato il 3 luglio 2025
- Antropologia Filosofica
- Di Paese Italia Press
- 1 Visualizzazioni

PIERFRANCO BRUNI
La vita è sacra. Determinandola è sacrilegio.
Nell’essere conservatori e tradizionalisti (le due matrici hanno, comunque, delle diversità se si vuole anche profonde) vuol dire tra l’altro aver messo al centro la Vita e il Mistero come riferimento centrale. Certo, non si è progressista come oggi viene usato il termine. Il conservatore sa leggere il passato ma non è assolutamente nostalgico. Anzi va oltre tenendo fede alla visione cristiana dell’essere. Proprio per questo non può accettare alcun discorso sul fines vitae come atto di determinazione. Non sarebbe cristiano.
Non può accogliere l’aborto perché sarebbe sempre un atto di fine della vita. Non accetta la modernità come oblio del tempo delle civiltà. La modernità non può fare a meno di ciò che rappresenta la tradizione come fenomenologia dello spirito.

Il pensiero si incardina nel modello di un neo cristianesimo che l’attuale pontefice ovvero Leone XIV ha già ben definito con la visione agostiniana dell’essere.
Essere conservatori essere tradizionalisti è un percorso d’anima. È una radice identitaria che pone al centro l’uomo la civiltà il cuore dell’eredità. Ma essere tali o considerarsi tali impone un diritto che ha come base la fenomenologia dell’ordine e del concetto di libertà. Si è liberi nel momento in cui nulla si dimentica nulla di rinnega. È appunto l’intreccio forte tra identità e eredità.

Su questa linea la filosofia Roger Scruton (1944-2020) è un punto di riferimento che trova nel legame Identità e Bellezza il punto di riferimento fondante.
Roger Scruton: “Noi non abbiamo il diritto di distruggere la nostra eredità ma dobbiamo sempre pazientemente sottometterci alla voce dell’ordine”. Perché è l’ordine identitario che realizza il rispetto verso l’identità.
Una visione in cui l’uomo è umanesimo non solo della cultura ma dell’esistenza stessa. L’umanesimo è un principio portante all’interno di una società giunta alla deriva di quelli che una volta si chiamavano valori. Il valore è intriso nella coscienza. O si hanno o si calpestano quelli che la tradizione ha segnato come tracciati indelebili.
Un punto sostanziale di un viaggio che trova nella grecità la strada d’inizio dell’antico che non smette di abitate il nostro tempo primordiale e la nostra sussistenza. Quella identità è voce di destino. Ovvero la metafisica del destino. Trova in Marsilio Ficino e Vico l’essenzialità.
La Verità. La Bellezza. Il superamento dell’ovvio che a volte coincide con il relativo. L’opera di Scruton è lo scavo nel destino di una verità nella quale la Tradizione esplora l’identità conservatrice. Da “Guida filosofica per tipi intelligenti”, 1997 a “Manifesto dei conservatori”, 2007; da “Gli animali hanno diritti?, 2008 a “La bellezza”, 2011; da “Il bisogno di nazione, 2012 a “Essere conservatore”, 2015 fino a “Confessioni di un eretico”, 2018, Scruton si definisce proprio per la verità non ricercata bensì per l’ordine della verità tra il superamento di ogni dissacrazione e la l’infinitezza della bellezza.
Due concetti soltanto per definire un pensiero immortale. Quando parla del superamento della dissacrazione afferma che “…è una specie di difesa dal sacro, un tentativo di distruggerne le pretese. Le cose sacre giudicano la nostra vita e sottrarci a tale giudizio distruggiamo ciò che sembra accusarci”.
Sulla bellezza sottolinea che la stessa “sta scomparendo dal nostro mondo perché viviamo come se fosse priva di importanza; e viviamo così perché abbiamo perso l’abitudine al sacrificio e cerchiamo sempre, con ogni mezzo, di evitarlo. La falsa arte del nostro tempo, macchiata di kitsch e di dissacrazione, ne è un segno”.
Ed è qui che la Tradizione è una filosofia del conservatore soprattutto quando si sottolinea l’eretico si confessa dentro un genere di un pensiero libero. La libertà necessita di eresia. Scruton ne ha fatto un manifesto. Non solo filosofico. Ma umano.
Roger Vernon Scruton era nato a Buslingthorpe il 27 febbraio 1944 e morto a Brinkworth il 12 gennaio 2020.
Studioso soprattutto di filosofi e poeti come Edmund Burke, Thomas Stearns Eliot, Samuel Taylor Coleridge ha ben precisato che “La filosofia esiste solo grazie alla domanda: perché? I perché affiorano nel contesto della discussione razionale; la discussione razionale ha bisogno del linguaggio; il linguaggio è organizzato dal concetto di verità; la verità è una relazione tra pensiero e realtà, e la realtà è oggettiva, non è creata dai nostri concetti”.
Impermeabile e forte il suo pensiero resta appunto identità. O meglio destino della metafisica identitaria. Bisogna essere identitari con il pensare ai valori come parte fondante della vita. La Chiesa oggi dovrebbe riprendere in mano l’Essere dell’esistenza ponendo al centro non il rapporto tra fede e ragione ma il legame tra fede e uomo. Vero, la ragione ha creato mostri rigenerandoli come strutture ideologiche. Occorre capire quale è il senso della vita nel tempo e quale è l’uomo che porta dentro di sé la rinascita. Si rinasce non dalla materia e con la prassi. Bensì con lo spirito e l’intelligenza che pone l’uomo davanti ai problemi tra finito e infinito. La vita è sacra. Determinandola è sacrilegio.
….

Pierfranco Bruni è nato in Calabria. Vive tra Roma e la Puglia.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
@Riproduzione riservata
L'articolo Essere conservatore e tradizionalista è un ordine identitario non ideologico proviene da Paese Italia Press.