Esraa Newird, con Amref per prevenire le mutilazioni genitali femminili: “Sensibilizziamo le seconde generazioni ma pure i ragazzi italiani”

  • Postato il 12 novembre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Ha 25 anni, è in Italia da quando ne aveva tre e oggi sta per laureare in Ingegneria per le tecnologie della salute all’Università di Bergamo. Esraa Newird, studentessa di origini egiziane con una sorella di vent’anni e due fratelli di dieci, ha a cuore in particolare la salute delle donne. E per questo da due anni fa parte del Progetto Y-ACT di Amref Italia (organizzazione impegnata nella promozione del diritto alla salute degli africani) per prevenire le mutilazioni genitali femminili (FGM). Ed è diventata anche Youth Ambassador dell’End FGM EU Network, per portare il suo impegno. anche in Europa.

Esraa racconta anzitutto di sé: “Mia nonna avrebbe voluto fare la pratica su di me, ma mia madre ha deciso di no perché già quando ero piccola in Egitto c’era molta sensibilizzazione sull’argomento. Soprattutto si è finalmente fatto capire che questa pratica non fa parte della religione musulmana”. Le mutilazioni genitali femminili (definizione Oms) consistono in una rimozione parziale, o totale, dei genitali femminili esterni, o altre lesioni agli organi genitali femminili, per ragioni non mediche. Quella praticata in Egitto è il primo tipo e coinvolge clitoride e piccole labbra. Anche se il legame con la religione si è affievolito, la pratica non è per niente scomparsa. Anche perché, racconta Esraa, “spesso sono i medici stessi a suggerirla e purtroppo le persone si fidano dei medici”. Le conseguenze sono terribili sotto vari punti di vista: la donna non prova più piacere a livello sessuale, ha problemi a livello di rapporti sessuali, infezioni vaginali, urinarie e spesso problematiche enormi a livello del parto. Difficile poi tornare indietro, anche se ci sono dei centri specializzati dove si può fare una ricostruzione, “ma quello che si rompe non torna mai come prima”, commenta la studentessa. Anche in Italia, rivela, pur essendo del tutto illegale, molte bambine subiscono questa pratica, “fatta magari in Egitto o altri paesi durante le vacanze scolastiche, soprattutto da famiglie emigrate da piccoli villaggi e paesi dove le mutilazioni sono molto diffuse”.

Esraa dedica parte del suo tempo proprio a sensibilizzare le famiglie e le ragazze stesse su questo tema, attraverso incontri specifici con donne di prima e di seconda generazione. “Abbiamo lavorato”, spiega, “soprattutto cercando di dare a queste donne spazio per esprimersi e raccontare la propria storia, senza giudizi e mettendosi in ascolto per far nasce il dialogo. Quello che abbiamo visto è che inizialmente chi l’ha subita tende a dire che sta bene, però non sempre è vero: infatti, parlando con loro, piano piano escono fuori problematiche a livello di salute, oppure dei veri e propri traumi psicologici di cui non erano consapevoli. Insomma, si inizia con frasi come ‘l’ho fatta e penso che la farò a mia figlia’ per poi arrivare riflettere su tutte le conseguenze di salute. Abbiamo dei medici che spiegano bene il problema e anche una psicologa bravissima, così che queste donne iniziano a fare collegamenti”. La cosa importante, spiega la futura ingegnera, è ricordare che comunque non tutte si sentono vittime, “ognuna ha la propria storia e la vive in modo diverso”, dunque occorre non etichettare e dare alle donne un posto sicuro in cui potersi esprimere liberamente, un luogo dove si possono fidare se si lasciano andare. “È stato utile anche per me”, confida Esraa, mi ha aiutato anche a rompere alcuni degli stereotipi che avevo nei confronti della prima generazione: ad esempio ho capito che molte madri pensano che la donna sia una creatura con un eccesso di libido, per cui la pratica è necessaria per ridurla. Una convinzione che non mi aspettavo. Per queste donne è importante il confronto perché spesso non sentono idee diverse perché qui in Italia sono marginalizzate, vivono in una bolla”.

Il lavoro di sensibilizzazione impegna Esraa non poco. “Siamo un gruppo di sei ragazze egiziane di seconda generazione”, spiega, “il progetto è diviso in varie città e in ognuna c’è una comunità che viene sensibilizzata, noi siamo a Milano. Ognuna di noi fa azioni di sensibilizzazione. Le gestiamo in base ai nostri impegni, però io faccio almeno un incontro a settimana e mi sono occupata anche di organizzare eventi per informare la prima come la seconda generazione ma anche i ragazzi italiani miei coetanei, spesso del tutto ignari del tema”. Ora Esraa sta lavorando con l’End FGM EU Network sulla campagna di sensibilizzazione per il 2026-27, “per cercare di portare questo argomento a livello europeo. E, anche, cercare fondi, preziosi se si vuole agire con più forze e con maggiore incisività su una pratica drammatica. E per nulla sconfitta”.

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Il Fatto Quotidiano

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