Enrico Beruschi: "Quella botta in testa da Silvio..."

  • Postato il 3 novembre 2025
  • Spettacoli
  • Di Libero Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni
Enrico Beruschi: "Quella botta in testa da Silvio..."

Quando gli si è proposta un’intervista per Libero, la reazione di Enrico Beruschi è stata «Urca, che bello!». Giubilo spontaneo, nonché reminiscenza del titolo di un brano che interpretava nel pleistocenico 1980. Sono passati quarantacinque anni, e lo spirito di Enrico è rimasto incolume: la predisposizione a donare il buonumore al prossimo suo gli appartiene come gli appartengono due braccia e due gambe. «È un cartone animato vivente», dice di lui Antonio Ricci nella prefazione all’autobiografia di Enrico Una vita meravigliao (scritta con Massimiliano Beneggi). È la maniera di Ricci, tutta sua, per dire al vecchio amico “ti voglio bene”. Ma sono in tanti ad avergli voluto bene. Allorché, meticoloso ragioniere alla Galbusera, gli capitò nel ‘72 di salire per caso sul palco del Derby Club, il riscontro del pubblico fu da subito positivo. Il destino era segnato: la sua maschera comica condita di salacità avrebbe raggiunto platee sempre più vaste. Arrivò il tripudio di Non stop, La sberla, Luna park, finanche una partecipazione a Sanremo con l’ammiccante Sarà un fiore. A teatro, galeotte le repliche de L’angelo azzurro, giunse l’incontro “fatale” con Margherita Fumero, che da allora divenne la sua sposa (per finta) antonomastica: insieme hanno raggiunto lo Zenit della popolarità al Drive in con gli sketch di Beruscao e del Doctor Beruscus, e a lei rimarrà legato (artisticamente) per sempre, finché morte non li separi. I prodromi della comicità di Beruschi si avvertivano nell’aria già quando, ragazzetto, condivideva la frequentazione dell’Istituto Cattaneo con Cochi e Renato. I preannunci invece della sua passione intensa per la lirica, che lo avrebbe condotto nella maturità a prender parte sia da attore sia da regista all’universo del bel canto e dei suoi eroi (Donizetti, Rossini, Verdi soprattutto, sfruttando in più di una circostanza la somiglianza fisica col Cigno bussetano) risalgono a quando, bimbetto, per lenirgli i patimenti di una febbre intensa, la sua mamma gli cantava l’aria della Boheme Mi chiamano Mimì, ma il mio nome è Lucia. A 84 anni, il segreto di Enrico è una ragazza di diciassette annidi cui è nonno: è da lei che ricava l’elisir dell’eterna gioventù.

Caro Beruschi, possiamo dire che la sua è stata una vita Non stop.
«E spero continui ad esserlo, mi diverto a non stare mai fermo. Devo dire che, dipendesse da me, non mi dispiacerebbe avere un’agenda di impegni artistici più pingue. Coltivo il sogno di un programma televisivo che mi permetta di divulgare, soprattutto ai giovani, il fascino delle opere liriche. Lo farei a modo mio, rifuggendo come la lebbra i toni paludati. Visto che citavi Non stop, ne approfitterei per rimarcare una cosa che non è stata detta abbastanza».

Quale?
«Che il programma nacque per una delle tante intuizioni di Pippo Baudo. Presentando parecchie serate dal vivo, si era accorto che molti di noi riscuotevano consensi enormi. Da lì l’idea di Pippo: proporre uno show innovativo, allo scopo di far conoscere alla sterminata platea televisiva quelle facce tutte nuove. Pippo era un grande e questo lo sappiamo tutti, ma aveva pure le sue spigolosità caratteriali. Ne ho fatto le spese anch’io: una volta, in una puntata di Domenica In cui presentavo L’impareggiabile Monsieur Landru, fuori onda lo feci incavolare come una bestia. Non ricordo il motivo, ma evidentemente ero fuoriuscito, in quel particolare frangente, da quegli standard professionistici a cui lui teneva come l’aria».

È noto che al Derby Club venissero ad applaudirvi pure alcuni personaggi della malavita milanese. Si ricorda qualche incontro ravvicinato?
«Che i vari Turatello e Vallanzasca frequentassero il Derby è cosa nota. Se hanno riso dei miei sketch buon per loro, un quarto d’ora di buonumore non lo si nega neppure al più acclarato dei delinquenti. Per indole, diciamo che ero uno che non creava le condizioni per incontri ravvicinati coi malavitosi. La mia tranquillità mi rendeva un po’ un “marziano”. Pure calcisticamente: ero l’unico interista in un locale presidiato da colleghi milanisti».

Passiamo a Drive in, che per una certa intelligencija era “l’origine del Male”. Beruschi, lo ammetta: il covo di voi maligni era la fazenda del mandingo Beruscao. Era lì che architettavate il Male...
«Come no: i terroristi rossi e neri ci facevano un baffo a noialtri, eheheh. A parte gli scherzi, è davvero preoccupante che un programma gioioso, nel quale si respirava un clima di felicità che restituivamo al pubblico a casa, sia stato identificato come l’origine del Male. Non sapevano cos’altro inventare per attaccare Berlusconi, e hanno tirato dal cappello questa cappellata».

Eccolo Berlusconi, uomo chiave nella sua parabola artistica.
«Ho la fortuna di aver conosciuto il Silvio privato, col suo senso dell’umorismo travolgente. Ne racconto una. Le sue figliole Barbara e Eleonora adoravano gli sketch che facevo con Margherita a Sabato al circo, e li ripetevano all’asilo. Silvio, per far capire alle bimbe che era lui che comandava a Canale 5, e che poteva mettere sotto pure i loro due idoli, venne a trovarci negli studi: registrammo una scenetta, rigorosamente privata, in cui lui si alleava a Margherita per maltrattare il sottoscritto in un crescendo di comiche sevizie, fino a fracassarmi in testa un quadro leggero. Con questa trovata, che descrive molto bene la sua voglia di giocare e di mettersi in gioco, le figlie avrebbero finalmente compreso che il Capo era lui».

Antonio Ricci una volta ha affermato, ovviamente scherzando, che le Fast Food di Drive in erano così esagerate nelle misure che la suora di Faletti risultava più sexy.
«Fai bene a specificare che scherzava, perché in questo Paese dove ci si prende così sul serio potrebbe pure non comprendersi che quello di Antonio era un geniale paradosso dei suoi. Le Fast Food erano bellissime, e questo lo si vede a occhio nudo: quel che a occhio nudo non si vedeva, ma che io posso testimoniare, è la grande serietà e professionalità. Scherzosamente, poteva succedere che qualche collega ci provasse, ma li mettevano in riga. Qualche anno fa ho rivisto una di loro e mi ha detto: “Enrico, sei l’unico che non ci provava”. Sotto sotto, forse mi stava rimproverando per la poca arditezza...».

Politicamente, lei si definisce “estremista di centro”.
«Un estremista di centro è una persona che ha piena contezza che la verità assoluta non sta né a destra né a sinistra. È una persona liberale nel profondo. Ne racconto un’altra, a questo proposito. I miei colleghi Zuzzurro e Gaspare, alla cena di fine stagione di Emilio, improvvisarono un brindisi “a noi comunisti”. Io me ne guardai bene dall’alzare il calice, e se la legarono al dito».

Viene in mente, un po’ per associazione, il recente sfogo di Iacchetti a Cartabianca...
«Enzo l’ho sempre stimato, a suo tempo caldeggiai il suo ingresso a Drive in. Continuo a stimarlo, ma sinceramente mi è dispiaciuta quella sua reazione così furente. C’è modo e modo di esprimere le proprie posizioni, e il modo che ha scelto lui è lontano dalle mie corde».

Da appassionato di lirica, quale personaggio operistico accosterebbe a Giorgia Meloni?
«Mi viene in mente Tosca. La Meloni ha dolci mani mansuete e pure come l’eroina pucciniana, la quale però con quelle mani dolci riusciva pure a far fuori il cattivo Scarpia. Voglio dire, onde evitare equivoci con questo mio parallelismo, che la Meloni ha questa capacità di unire una grande solarità e una grande fermezza nei suoi intenti. Per quanto riguarda invece l’Italia di ieri, di oggi e di domani, il coro di Un ballo in maschera, “che baccano sul caso strano, e che commenti per la città” credo riassuma, più di ogni altro, l’identità profonda del nostro Bel paese».

Continua a leggere...

Autore
Libero Quotidiano

Potrebbero anche piacerti