Embargo sulle armi, congelamento dei beni e divieti di viaggio: cosa prevedono le sanzioni contro l’Iran. Russia: “Conseguenze irreparabili”

  • Postato il 29 agosto 2025
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Embargo sulle armi convenzionali, restrizioni allo sviluppo di missili balistici, congelamento dei beni, divieti sui viaggio e sulla produzione di tecnologia legata al nucleare. Sono alcune delle sanzioni che l’Onu imponeva all’Iran prima che venisse raggiunto l’accordo sul nucleare (Jcpoa) nel 2015. E che potrebbero tornare in auge dopo l’attivazione del meccanismo “snapback” da parte di Francia, Germania e Regno Unito, attraverso il quale i tre Paesi reintrodurranno le sanzioni contro Teheran. Misure che secondo Russia e Cina porteranno a “conseguenze irreparabili e a una nuova tragedia“.

“Agendo al di fuori del quadro giuridico e incitando altri Stati a seguire la via dell’arbitrarietà, i paesi europei partecipanti al Jcpoa non fanno altro che peggiorare la loro posizione di violatori. Li esortiamo a rinsavire e a riconsiderare le loro decisioni errate prima che portino a conseguenze irreparabili e a una nuova tragedia. Siamo convinti che la loro linea di scontro con Teheran non abbia alcuna prospettiva“, ha commentato il ministero degli Esteri russo, Sergej Lavrov.

In base al Joint Comprehensive Plan of Action (Jpcoa), l’Iran ha accettato di limitare l’arricchimento dell’uranio ai livelli necessari per l’energia nucleare civile, in cambio della revoca delle sanzioni economiche. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) era stata incaricata di monitorare il programma nucleare iraniano. Lo scopo del meccanismo di ripristino, lo “snapback”, è quello di reimporre rapidamente tutte le sanzioni precedenti all’accordo, evitando il veto dei membri del Consiglio di sicurezza Onu, compresi i membri permanenti quali Russia e Cina. Durante i colloqui di luglio, i tre Paesi europei avevano offerto all’Iran un rinvio dello snapback se Teheran avesse soddisfatto tre condizioni: riprendere i negoziati con gli Stati Uniti sul suo programma nucleare, consentire agli ispettori nucleari dell’Onu l’accesso ai suoi siti e rendere conto degli oltre 400 chilogrammi di uranio altamente arricchito che, secondo l’agenzia di controllo delle Nazioni Unite, possiede.

Teheran, che ora arricchisce l’uranio a livelli vicini a quelli utilizzabili per scopi militari, ha respinto la proposta. Usa e Iran avevano cercato di raggiungere un nuovo accordo nucleare all’inizio di quest’anno, ma i colloqui non sono più ripresi dopo i 12 giorni di bombardamenti israeliani sui siti nucleari e militari iraniani, nonché dopo l’attacco Usa del 22 giugno. L’iter per la ripresa delle sanzioni è iniziato il 28 agosto, quando Francia, Germania e Uk hanno formalmente notificato all’Onu “il significativo mancato rispetto degli impegni” da parte dell’Iran. Ciò dà il via a un periodo di 30 giorni durante il quale deve essere adottata una nuova risoluzione, un nuovo accordo, che permetta di alleviare le sanzioni. Opzione improbabile visto che Usa, Regno Unito e Francia porrebbero il veto. È molto probabile quindi che, passati i 30 giorni, le sanzioni entrino automaticamente in vigore. In questa fase, infatti, non è necessaria alcuna ulteriore votazione: nessun membro del Consiglio di sicurezza Onu può bloccare la reintroduzione delle sanzioni.

All’inizio di quest’anno, I Paesi europei avevano concordato con gli Stati Uniti di fissare la fine di agosto come termine ultimo per l’attivazione del meccanismo di ripristino delle sanzioni, qualora non fosse stato raggiunto un accordo con l’Iran. Gli Usa non possono attivare il ripristino delle sanzioni poiché il presidente Donald Trump ha ritirato unilateralmente il suo Paese dall’accordo nucleare nel 2018, durante il suo primo mandato alla presidenza. I tre Paesi dovevano sbrigarsi: la possibilità di attivare lo snapback scadeva il 18 ottobre, dunque dopo tale data le sanzioni avrebbero potuto essere bloccate da parte di Cina e Russia, che in passato hanno fornito sostegno all’Iran. Inoltre, a velocizzare i tempi c’era il fatto che a ottobre la Russia prenderà la presidenza del Consiglio di sicurezza, succedendo alla Corea del Sud. Sebbene la Russia non possa porre il veto alla reintroduzione delle sanzioni nell’ambito del meccanismo di snapback, i diplomatici sostengono che Mosca potrebbe ricorrere a tattiche procedurali dilatorie fino alla scadenza dell’accordo nucleare.

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