Elsa Fornero sadica: «La pensione non è dovuta»
- Postato il 30 settembre 2025
- Di Panorama
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Il tempo degli oracoli. Torna ogni anno, con le vendemmie e le prime brume, mentre il governo comincia a preparare la legge di bilancio. Allora nelle redazioni sbilanciate sui deliri della Flotilla, sulle nuove rivelazioni di Garlasco e sulle magie di Luka Modric c’è sempre un direttore che in riunione domanda: «Chi potremmo intervistare sulla manovra?». E c’è sempre un caporedattore (di solito il più rampante o il più ottuso) che butta lì, come se la cosa fosse fragrante e originale: «Potremmo chiedere un commento a Elsa Fornero o Mario Monti». Poiché la reazione degli altri – flebo immaginaria sul braccio – non vale come deterrente, si chiamino gli oracoli: ci sono due colonne di banalità da riempire, con partenza in prima.
Giornali e tv vanno in automatico da 14 anni, vale a dire da quando la coppia da Festivalbar dell’economia tentò di distruggere quel che restava di un Paese massacrato dallo spread e in pieno tsunami da crisi dei debiti sovrani. Non ci riuscì. Ma da allora, da parte loro, è un continuo rimodellare la realtà, vantare operazioni pseudo-strategiche, ergersi a salvatori della patria. Della serie: «L’insuccesso mi ha dato alla testa» (Ennio Flaiano). Eppure ce li ricordiamo bene, lui con loden e cappello in mano davanti a frau Angela Merkel, lei con il fazzoletto di Hermès per detergere le lacrime dopo la carneficina sulle pensioni. Poiché hanno sempre tribune dalle quali vantarsi, fra domenica e ieri il Monti pensiero e la Fornero way of life sono ricomparsi rispettivamente su Corriere della Sera e Stampa, da dove minacciano di accompagnarci fino alle soglie del Natale.
Mentre le agenzie di rating premiano l’Italia e la politica economica del governo si concentra sul rilancio del ceto medio, ecco che Fornero vede grigio e lancia un siluro dal titolo: «Legge di bilancio, il solito mercato che alla fine punisce i giovani». L’ex ministra del Lavoro, impegnata vita natural durante a giustificare la sua sanguinosa riforma, sostiene che sarebbe sbagliato proporre «provvedimenti che ripropongono per l’ennesima volta la falsa illusione dell’anticipo del pensionamento per fare posto ai giovani o il falso mito del diritto acquisito». Per chiudere: «Mostrateci, governo e opposizione, quello sguardo lungo e inclusivo che per molto tempo è mancato alla politica italiana».
Sorvolando sullo sguardo inclusivo (poiché il suo includeva i sottopassi delle stazioni come abitazioni per i 170.000 esodati fabbricati a mano), fa specie che la ex docente universitaria torinese continui a definire un diritto acquisito, praticamente una grazia del sovrano che getta dobloni dalla finestra ai villani, quello che secondo la Costituzione è uno dei patti sociali più inscalfibili in una democrazia; un contratto fra Stato e cittadini, i quali ne rivendicano il rispetto e l’applicazione nel momento in cui maturano requisiti anagrafici e contributivi di legge.
Nel tentativo di rivendicare i suoi nebulosi meriti per sporcare i confortanti numeri attuali dell’economia italiana, Fornero riesce a concretizzare due paradossi: definisce regalia una prerogativa di legge, ancor più dopo l’applicazione in toto del sistema contributivo. E trasforma un dovere costituzionale (quello dell’erogazione della pensione ai lavoratori) in un principio contabile, scambiando allegramente lo Stato per una Spa. È lo stesso errore che spesso si commette sulla Sanità quando si evoca il pareggio di bilancio, ritenendo erroneamente che debba essere un investimento a scopo di lucro e non un servizio indispensabile da eseguire anche in perdita. Ovviamente Fornero conosce alla perfezione tutto ciò. Ma per trovare un pertugio nel quale infilare qualche etto di critica strumentale finge di dimenticarsene.
Mario Monti parte da più lontano, per arrivare a tirare calci negli stinchi all’esecutivo prende la rincorsa sui Pirenei e parla della Francia. Si cimenta in parallelismi arditi per teorizzare in sintesi: se nel 2011 lui fosse stato capo del governo di Parigi con il compito di salvare i conti pubblici, oggi i numeri vincenti li avrebbe Emmanuel Macron e Giorgia Meloni sarebbe nei guai. Un’autocelebrazione in piena regola senza contraddittorio, nella quale spiccano il solito compiacimento da uomo della Provvidenza ma anche un’interessante rivelazione.
«Nel 2012 l’Italia agì rapidamente sulla riduzione del disavanzo ma per diversi mesi non poté coglierne i frutti in forma di minori tassi di interesse perché la Germania manteneva una morsa stretta sulla Bce». A indurre la cancelliera Merkel a cedere, conclude l’ex premier nell’editoriale del Corriere, «fu il fatto che il presidente francese François Hollande si schierò con l’Italia. Agendo insieme, i due paesi tolsero il tappo tedesco che frenava la Bce. E la crisi venne superata».
Quindi le banche centrali si piegano agli interessi dei governi. E Monti, che dalle stesse colonne esecrava con indignazione Donald Trump per le pressioni sulla Fed, ora denuncia «il tappo» della Merkel e plaude a quel blitz di Hollande. Ma che strano. La coerenza non è una dote degli oracoli a gettone.