Elon Musk, lo “stipendio del secolo” e il mito dell’incentivo infinito
- Postato il 7 novembre 2025
- Di Il Foglio
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Elon Musk, lo “stipendio del secolo” e il mito dell’incentivo infinito
Con oltre il 75 per cento dei voti favorevoli, gli azionisti di Tesla hanno approvato un pacchetto retributivo da capogiro per Elon Musk: un piano decennale da mille miliardi di dollari in azioni, subordinato al raggiungimento di obiettivi quasi fantascientifici. In altre parole, se Tesla dovesse raggiungere una capitalizzazione di mercato di 8.500 miliardi di dollari, otto volte il suo valore attuale, Musk potrebbe diventare il primo triliardario della storia.
La presidente del consiglio di amministrazione, Robyn Denholm, ha trascorso settimane a convincere gli investitori: “Il rischio di perderlo sarebbe un disastro per Tesla”. Una visione condivisa da molti, secondo cui Musk è insostituibile, una forza trainante capace di far avanzare l’umanità verso l’“abbondanza sostenibile”, come ha dichiarato lui stesso presentando la nuova missione aziendale. Ma per altri, quella promessa da un trilione di dollari è un azzardo più psicologico che economico. Dietro l’applauso dei fan e le proteste dei critici si nasconde una domanda più profonda: davvero l’incentivo economico è il motore principale dell’impegno e dell’innovazione? Musk lavorerà di più, o meglio, perché può guadagnare di più? Se lo chiede, tra gli altri, il New York Times.
Il mito della “carota” infinita
La logica alla base del maxi-stipendio è lineare: più grande è la ricompensa, maggiore sarà lo sforzo. È un assioma radicato nell’economia classica e nel linguaggio della finanza, ma che gli studi empirici hanno iniziato a incrinare. Il >Times ha sentito economisti come Esther Duflo e Abhijit Banerjee, premi Nobel del Mit, che sostengono che l’impatto degli incentivi monetari sia stato “spesso esagerato”. La correlazione tra retribuzioni dei ceo e performance aziendali, osservano, è tutt’altro che chiara. Analisi su centinaia di grandi imprese americane mostrano che le aziende con amministratori delegati pagati meno della media hanno avuto rendimenti azionari migliori di quelle con leader super-retribuiti.
A certe altitudini (di ricchezza), il denaro smette di essere un carburante e diventa un simbolo. Dan Ariely, economista comportamentale della Duke University sentito sempre dal quotidiano newyorkese, lo riassume con una provocazione: “Immaginate una giornata nella vita di Musk se guadagnasse 1.000 miliardi invece di 1 miliardo. Cosa farebbe di diverso? Beve più caffè? Dorme di meno? O di più? A questi livelli, non vedo alcun modo in cui un incentivo finanziario possa cambiare davvero il comportamento.”
E allora perché Musk lo vuole? Forse, come suggerisce il New York Times, non per il denaro in sé, ma per ciò che rappresenta: controllo. Il nuovo piano, infatti, gli garantirebbe quasi il 29 per cento delle azioni Tesla, blindando la sua posizione di leader visionario assoluto, al riparo da possibili ribellioni del consiglio o di vendite allo scoperto. Lo stesso Musk l’ha detto senza mezzi termini: non vuole “costruire un esercito di robot” senza avere “una forte influenza su quell’esercito”.
Il voto degli azionisti: fiducia o paura?
L’approvazione del pacchetto è arrivata dopo una campagna insolita, quasi elettorale. Secondo il Washington Post, Tesla ha mobilitato i grandi fondi – da BlackRock a Vanguard – e persino i fan del marchio, che hanno minacciato di spostare i loro investimenti pur di sostenere Musk. Denholm ha ammesso di aver parlato “senza sosta per due settimane” per garantire il sì degli investitori. La posta in gioco era chiara: o Musk, o l’incertezza. Ma l’accordo arriva in un momento delicato. Tesla affronta margini in calo, concorrenza cinese e una reputazione offuscata dalle controversie politiche del suo amministratore delegato. Eppure gli azionisti hanno scelto di scommettere sull’uomo più ricco (e più divisivo) del mondo, convinti che solo lui possa portare Tesla oltre l’auto elettrica, verso l’intelligenza artificiale e la robotica. Il nuovo piano prevede dodici tranche di azioni legate a traguardi progressivi: ogni 500 miliardi di aumento della valutazione di mercato, Musk guadagnerà un ulteriore 1 per cento delle azioni. Ma alcuni esperti, come Nell Minow di ValueEdge Advisors, mettono in guardia: “È un piano testa vinco io, croce perdi tu. Il consiglio di amministrazione ha troppa discrezionalità nel decidere se gli obiettivi sono stati davvero raggiunti.”
Lavorerà di più?
La domanda resta. Davvero Musk lavorerà di più grazie a questa montagna di azioni? L’evidenza suggerisce di no. Musk è già noto per turni di 80-100 ore a settimana e per la gestione simultanea di SpaceX, X (Twitter), Neuralink e xAI. È difficile immaginare che un ulteriore incentivo economico possa aumentare la sua produttività o concentrazione. E forse è qui che il caso Musk diventa una parabola più ampia. Il pacchetto da un trilione di dollari non ci dice tanto su quanto Musk potrà guadagnare, quanto su quanto Tesla - e il mercato - siano disposti a pagare pur di credere in un uomo che promette di reinventare il futuro.
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