Eliminare le classi pollaio perché la Scuola sia davvero di tutti: la mia lettera aperta al ministro Valditara
- Postato il 30 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Fiore Isabella
Signor Ministro Valditara,
mi consenta di ringraziarLa sinceramente per l’opportunità che sta continuando ad offrire ad un maestro pensionato di riprendere il suo rapporto con i temi della scuola, rispolverando i vecchi e proficui rapporti con la pedagogia, la didattica e la metodologia che mi consentono, oggi, di interagire con Lei, anche se virtualmente, con approccio fortemente critico ma sempre con modalità rispettose.
Leggo su Orizzonte Scuola di un Suo intervento a proposito delle “classi pollaio” in rigoroso virgolettato: “Soluzione superficiale ridurre gli alunni. Invalsi conferma che servono più insegnanti, non meno studenti”. Mi consenta Ministro! Il tema dell’elevata numerosità delle classi non costituisce certamente la condizione ideale per una gestione didattica funzionale all’esigenza, largamente avvertita nella scuola, dell’individualizzazione dell’insegnamento.
L’obiettivo dell’Invalsi, molto più semplicemente, è di realizzare, ogni anno, un quadro di livello statistico per misurare il grado di apprendimento degli studenti italiani, ma che non valuta, essendo esclusivamente un termometro statistico di misurazione, le condizioni logistico-strutturali e didattico-funzionali che determinano l’efficacia del rapporto insegnamento/apprendimento. E in tale rapporto, per chi conosce le dinamiche interne ad una classe numericamente sovradimensionata, diventa totalmente impossibile l’insegnamento individualizzato, in particolare quando sono presenti alunni con disabilità o con bisogni educativi speciali (Bes).
Purtroppo i parametri numerici per la formazione delle classi sono ormai, da anni, consolidati nelle politiche scolastiche e non rispondono al bisogno di rendere efficace l’insegnamento per favorire il passaggio dalla scuola di massa alla scuola di tutti, ma alla logica del decremento irreversibile della spesa nella scuola di tutti. Cambia in tal modo il significato dell’efficacia della proposta formativa, intesa come cittadinanza e reciprocità, e diventa, come la definisce Raffaele Iosa nel suo bel libro La scuola Mite, “efficacia di selezione darwiniana”.
Veramente Lei pensa, Ministro, che sia superficiale ridurre gli alunni di una classe e sostanziale aumentare il numero degli insegnanti? Appare, a mio giudizio, evidente che le due possibilità, così come Lei le prospetta, abbiano un’apparente dicotomia, in quanto, in una sorta di rapporto inversamente proporzionale, all’aumento degli insegnanti dovrebbe corrispondere una riduzione del numero di alunni per classe e, quindi, maggiore spazio per le strategie didattiche personalizzate. Allo stesso modo, all’aumento del numero dei medici e di infermieri in un ospedale corrisponde la possibilità di curare meglio gli ammalati riducendo i tempi della sofferenza, di far funzionare a regime gli ambulatori per le visite specialistiche e i laboratori per le indagini strumentali.
Mi sembra di poter affermare, per quanto riguarda la scuola, che la possibilità di una didattica personalizzata, che non lascia indietro nessuno, sia propedeutica all’obiettivo educativo di una Scuola che sia veramente di tutti. E gli strumenti per farla diventare “scuola di tutti” risiedono in quelle strategie didattiche che trasformano una classe di ascoltatori passivi in gruppi interattivi dove la varietà degli stili di apprendimento costituisce una risorsa che arricchisce il quadro delle competenze, socializzandone i risultati formativi e i percorsi per conseguirli; cosa che con le classi, cosiddette “pollaio”, è praticamente impossibile.
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