Elezioni regionali: perché il «vaffa» lo hanno preso i 5 stelle

Elezioni regionali: perché il «vaffa» lo hanno preso i 5 stelle



A Bologna iniziò l’epopea Cinque Stelle, con il cosiddetto “Vaffa day” del 2007, e l’immagine di Beppe Grillo a bordo di un canotto che si lascia trasportare da una folla oceanica in Piazza Maggiore. Sempre a Bologna, oggi, i Cinque Stelle naufragano, pur avendo sostenuto il candidato vincente. Le preferenze si sono dimezzate, siamo a quota 50 mila voti, con il 3,55%. La discesa, per la prima volta, sotto la soglia delle 100 mila preferenze ha gelato i vertici del partito. In Umbria va un po’ meglio: 4,71%, quanto basta per essere decisivi nella vittoria del centrosinistra. Ma è sufficiente, per dichiararsi davvero vincitori?

Con questi numeri, la base pentastellata si interroga sulla sua identità. Cosa siamo diventati?, si chiedono. Siamo ancora il Movimento selvaggio che promette di aprire le istituzioni come una scatoletta di tonno? Oppure ci siamo ridotti a cespuglietto del campo largo, un pied-a-terre nello sgarrupato condominio del campo largo, uno dei tanti marchi usa e getta nella galassia tafazziana del centrosinistra allargato?

Queste fratture si abbatteranno presto su Giuseppe Conte, che oggi si rifugia nelle dichiarazioni di rito: “Il centrodestra si può battere con un progetto credibile e concreto”. La verità è che all’ assemblea Costituente del Movimento, prevista nel fine settimana, potrebbe esplodere la guerra interna sulle alleanze. I fautori dell’alleanza organica con il centrosinistra (nonostante le visioni opposte su temi cruciali come l’Ucraina) approfittano del risultato delle regionali per tirare dalla loro parte ciò che resta del corpaccione del partito. Roberto Fico, ad esempio, celebra “la vittoria del campo progressista” e invita tutti a proseguire lungo questo “solido percorso”. Ma i cani sciolti del Movimento non molleranno l’osso, e premeranno per un ritorno alle origini dure e pure, anche se i voti languono anche quando il M5s si presenta da solo.

Ma la vera minaccia sulla testa del fu avvocato del popolo è rappresentata dalle trame dell’Elevato. Beppe Grillo e il suo cerchio comico starebbero costruendo un siluro da lanciare in vista della kermesse del partito: una sorta di invito all’astensione di massa. Un blitz con una forza distruttiva tale da spettinare per sempre il capo cinque stelle. Un rifiuto plateale per Conte e la sua gestione. L’ennesimo capitolo di una guerra senza esclusione di colpi tra le due primedonne pentastellate. Una guerra non soltanto politica, ma anche economica, e ovviamente, tutta personale. Vedremo gli sviluppi: nel frattempo, l’emorragia di consensi, continua. E il rischio Waterloo è sempre più alto.

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Autore
Panorama

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