Elena Fontanella è la nuova direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Madrid. L’intervista 

  • Postato il 26 luglio 2025
  • Attualità
  • Di Artribune
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All’Istituto italiano di Cultura di Madrid si è insediata da poco la nuova direttrice di chiara fama: Elena Fontanella, giornalista, saggista e gestore culturale. In questa intervista, spiega la sua visione di pluralismo culturale e racconta i suoi progetti per il Palacio de Abrantes, lo storico edificio che, dalla fine degli Anni Trenta, ospita l’Istituto nella centralissima Calle Mayor.  

Intervista a Elena Fontanella 

Da dove viene e di cosa si è occupata finora?  
Sono torinese, ma da molti anni vivo e lavoro a Milano. Il mio percorso professionale si è svolto soprattutto nell’ambito della progettazione di grandi eventi culturali. Data la mia formazione di archeologa, ho iniziato organizzando il Congresso internazionale di Egittologia a Torino e il Convegno Internazionale di Archeologia della Giordania con il mio professore e mentore Giorgio Gullini. Da allora, e grazie a lui, mi sono occupata di progettazione culturale e ho imparato il valore dell’unione tra cultura e imprese. Negli Anni Novanta era un settore che muoveva i primi passi. Con il Ministero della Cultura ho iniziato a collaborare da subito: molti anni come archeologa nel progetto Infrasud, a Pompei, per poi passare alle organizzazioni di centenari e anniversari come quello di Longanesi, il sessantesimo Anniversario del Voto alle Donne e come presidente del Comitato per il Centenario della nascita di Bruno Munari, collaborando con il grande Gillo Dorfles. Per le Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, invece, a fianco della Direzione per la Valorizzazione guidata da Mario Resca mi sono occupata della riapertura permanente di Palazzo Reale a Napoli, Palazzo Reale a Torino e Villa Reale a Monza, tre luoghi simbolo della nostra storia risorgimentale. Sono da sempre una strenua sostenitrice del recupero, valorizzazione e salvaguardia del patrimonio artistico e monumentale. Ho curato poi una quarantina di mostre d’arte, in luoghi meravigliosi d’Italia. Di recente sono stata consigliere culturale del Sottosegretario all’Editoria del Governo Draghi e successivamente del vicepresidente della Camera Giorgio Mulè. 

Qual è la sua relazione con la Spagna, il suo territorio e la sua cultura?  
La Spagna, per la mia generazione, ha sempre esercitato un fascino particolare, non solo perché incarna il mito di un Paese vivace, libero e stimolante, ma per lo stretto legame culturale che unisce e interseca le nostre storie. Nel 2000 ho avuto una felice esperienza curando per il Comune de La Coruña una mostra dedicata all’Imperatrice Sissi. All’epoca delle Olimpiadi invernali del 2006 a Torino, invece, occupandomi del passaggio della fiaccola olimpica per il Comune di Milano ho avuto una bellissima collaborazione con il mitico ex assessore del Comune di Barcellona Eric Truno (che realizzò le Olimpiadi del 1992) che mi ha insegnato a considerare la storia dello sport come un aspetto importante della cultura. 

Come pensa di attrarre il pubblico madrileno al Palacio de Abrantes – in una capitale europea già ricca di proposte artistiche e culturali di livello internazionale? 
L’obiettivo è dedicarsi a un ampio spettro di attività con una cadenza che diventi riconoscibile: dalla moda al design, dall’arte alla musica, dal cinema alla letteratura, cercando di fidelizzare il pubblico con eventi ricorrenti, in concomitanza con appuntamenti annuali come il carnevale, la settimana della moda o quella del design. A Madrid, poi, presenteremo anche eventi sportivi, come le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 o le quattro tappe della Vuelta di Spagna in Piemonte. Insieme al professor Stefano Zecchi stiamo pensando, poi, a un importante Festival della Bellezza. Con l’iniziativa Un capolavoro di Regione, vorrei realizzare invece appuntamenti fissi per la promozione del nostro territorio. Darò molta importanza alle nuove tecnologie e alle reti sociali per targettizzare e interagire direttamente con il pubblico dell’Istituto. Punterò tutto sull’accoglienza, cercando di riaprire il bar e la biblioteca, che diventerà anche uno spazio di coworking e un incubatore per start-up. 

Gli Istituti di Cultura, si sa, spesso non godono di ampie dotazioni finanziarie. Come pensa di ovviare alla scarsità di fondi pubblici, necessari non solo alla realizzazione di eventi culturali, ma anche al mantenimento del palazzo?  
Per quanto riguarda l’edificio [che risale al XVII Secolo, ndr.] abbiamo definito un accordo con il Dipartimento ABC del Politecnico di Milano, diretto dal professore Stefano Capolongo, per uno studio di riqualificazione del palazzo. La finalità è aumentare la polifunzionalità e versatilità degli spazi, senza dimenticare l’impatto di eco-sostenibilità in cui l’Italia è maestra. Per quanto riguarda le risorse ho intenzione di creare tre realtà: un board formato da sei/sette membri di grandi imprese o enti partecipati, simile a quello delle fondazioni lirico-sinfoniche e museali, per reperire i fondi necessari al miglioramento della sede. Un gruppo di aziende italiane presenti in Spagna, che sostengano e sponsorizzino le attività culturali e formative dell’Istituto. E, infine, la creazione del Club de Palacio Italia, formato da liberi professionisti italiani e spagnoli che si potranno riunire a Palazzo Italia per promuovere anche azioni di beneficenza, con obiettivi di carattere sociale.  
 
Anche i corsi di lingua sono una fonte di introiti. L’italiano, si sa, non è una lingua veicolare. Come pensa di implementare l’affluenza alle lezioni?  
In base proprio alle indicazioni del Ministero degli Esteri, l’insegnamento della lingua italiana è uno dei compiti fondamentali degli Istituti di Cultura. Innanzitutto, vorrei rinnovare le dotazioni didattiche e le attrezzature tecnologiche nelle aule; e poi ampliare le proposte linguistiche, orientandole attraverso masterclass alle esigenze formative dei diversi settori, come la moda, il design, la musica o l’arte. Ci sarà un corso di giornalismo accreditato (in collaborazione con l’Ordine nazionale dei Giornalisti) e un insegnamento di lingua e dizione attraverso la Commedia dell’arte, con l’appoggio di una nota compagnia teatrale italiana. Con l’Università di Bergamo, poi, stiamo iniziando a collaborare per la creazione di una app di supporto alle lezioni in remoto.  

Palacio de duque de Abrantes, IIC Madrid © Matteo Rovella Pictures
Palacio de duque de Abrantes, IIC Madrid © Matteo Rovella Pictures

 
In passato, l’Istituto e la Scuola italiana di Madrid sono stati veri e propri baluardi della libertà intellettuale e luoghi di apertura culturale nella Spagna franchista.  Qual è la sua idea di pluralismo culturale?  
Credo nella trasversalità della cultura, intesa come la capacità di connettere mondi differenti, talvolta distanti, e di offrire, attraverso i suoi molteplici linguaggi, strumenti per interpretare le complessità del presente, attivando forme di confronto generativo e dialogo interdisciplinare. Non conoscevo il tessuto sociale madrileno e ho scoperto una città “regia”, molto simile alla mia Torino sabauda, e legata alle tradizioni. Credo ad esempio che possa funzionare anche qui la proposta di eventi come il ballo delle debuttanti o la Festa della Taranta o di Santa Rosalia. Per la gastronomia, vorrei attrezzare al meglio la bella e antica cucina del palazzo per ospitare show cooking, invitando cuochi e influencer della cucina italiana.  


Tra i compiti del direttore dell’Istituto Italiano di Cultura c’è anche la gestione dei rapporti con le università locali. Ha già qualche progetto di collaborazione con le università spagnole? 
Sto già intessendo una relazione sinergica tra l’Università Cattolica di Milano e le Università di Oviedo e Urbs Regia di Toledo per promuovere una serie di studi sui rapporti fra Visigoti e Longobardi. Senz’altro, in futuro, nasceranno nuove opportunità di collaborazione di carattere scientifico e didattico anche con altre istituzioni madrilene e spagnole.  

 
A Madrid da tempo esistono associazioni di privati, che organizzano eventi culturali per italiani e per spagnoli; o gruppi di connazionali che promuovono attività perlopiù a carattere regionalistico, gastronomico o folclorico. Le conosce? Pensa di interagire con loro, aprendo magari gli spazi dell’Istituto alle loro attività?  
Per ora, ho conosciuto la realtà del Co.mi.tes (Comitato degli italiani all’estero, ndr) e di alcune comunità regionali di connazionali con cui desidero costruire alleanze culturali. L’intenzione è realizzare progetti congiunti, per esprimersi al meglio ed essere coerenti nella gestione delle diverse iniziative.  

Qualche progetto per l’autunno? 
Stiamo lavorando alla prossima edizione del Festival del Cinema italiano, che si terrà dal primo al 7 dicembre, con la direzione artistica del regista e attore italiano Giulio Base. È mia intenzione disseminare il festival nelle diverse zone della città, per renderlo il più possibile inclusivo e aperto a tutti. A Natale, infine, ospiteremo in Istituto il Tesoro di San Gennaro, santo che fin dai tempi dell’insediamento di Carlo III di Borbone, dal trono di Napoli al regno di Spagna, ha un legame speciale con Madrid.  

Ha già in mente qualche progetto in dialogo con le grandi istituzioni culturali spagnole? Penso al Museo del Prado, al Teatro Real o alla Biblioteca Nacional…. 
Ho appena avuto un gradevole incontro con il direttore del Prado, Miguel Falomir, e la sua equipe curatoriale, per gettare le basi di una futura collaborazione, in vista di nuove e importanti sinergie tra il grande museo spagnolo e la Pinacoteca di Brera di Milano.  

Federica Lonati 

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Artribune

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