Elena Basile alla festa del Fatto: “Da Israele politica mafiosa e terrorista. L’Occidente è complice del genocidio a Gaza”

Alla Festa del Fatto Quotidiano, in corso al Circo Massimo fino al 14 settembre, Elena Basile, ex ambasciatrice e voce critica della diplomazia italiana, ha affrontato con toni durissimi la questione palestinese e il sostegno occidentale alle politiche israeliane.
La politica che sta tenendo Israele oggi è una politica mafiosa, terrorista”, ha dichiarato dal palco, distinguendola persino dalle strategie dei primi governi israeliani: “Ben Gurion faceva interventi lampo perché teneva conto della situazione geografica e delle forze di Israele, metteva gli ostaggi in primo luogo. Oggi abbiamo un paese che mantiene sette fronti militari: Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Iran, Siria e Iraq. E con l’attacco a Doha sta mettendo in discussione le stesse alleanze con Egitto, Giordania e le monarchie del Golfo, gli interlocutori degli accordi di Abramo”.

Secondo Basile, Israele appare oggi sempre più isolato: “Alle Nazioni Unite due terzi del mondo votano contro Israele. Grazie soprattutto al lavoro di Francesca Albanese, la società civile resiste e si oppone”. Tuttavia, ha sottolineato che anche Russia, Cina e paesi arabi “non sfidano apertamente Israele, pur non essendone complici come l’Occidente”.
L’ex ambasciatrice ha invitato a non leggere il 7 ottobre come una rottura nella storia recente: “C’è una continuità politica nell’occupazione illegale di Gaza e Cisgiordania dal 1967. Non solo con Netanyahu”.
Da qui la domanda cruciale: “Cosa si può fare contro un paese che ha vissuto nell’illegalità e nell’impunità totale?”.

Basile ha espresso ammirazione per iniziative della società civile come la Global Sumud Flotilla o la risoluzione 377 “Uniting for Peace” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, definendole strumenti di “indignazione morale e resistenza a un pensiero unico propagandato dai maggiori media”. Ma ha ammesso un certo pessimismo: “Il diritto viene implementato solo se c’è un quadro politico che lo sostiene”.
L’unica strada, per lei, resta la mobilitazione popolare: “Dobbiamo concentrarci in una mobilitazione dentro gli Stati europei e, se possibile, negli Stati Uniti, per chiedere la fine della cooperazione politica, militare ed economica con Israele. Grazie a Francesca Albanese, oggi abbiamo i nomi e cognomi di tutte le imprese che fanno profitto col genocidio”.

Sul ruolo di Hamas, l’ex ambasciatrice ha spiazzato la platea: “Sono stanca di questa condanna astorica, usata come concessione a un regime sottoculturale. Io non sposo le politiche di Hamas, che hanno fatto da sponda alla retorica israeliana. Ma è una menzogna far credere che la politica di Israele dipenda da Hamas”. Ha ricordato che in Cisgiordania, dove non governa Hamas e “i crimini di guerra sono gli stessi di Gaza”.

Altro passaggio forte riguarda la definizione stessa di genocidio, con una frecciata a opinionisti e giornalisti televisivi: “Non è una questione terminologica. Nel momento in cui si definisce Israele stato genocida, scatta l’isolamento politico, morale e giuridico. È fondamentale”.
Basile ha anche denunciato l’atteggiamento di certa televisione italiana: “Mi dispiace ascoltare ancora conduttori che negano il termine genocidio o vietano di associare quanto accade alla Shoah. Ma è tragico che un popolo vittima di un genocidio sia diventato carnefice. La diaspora ebraica non ha nulla a che vedere con tutto questo, ma chiedere agli esponenti illustri della comunità ebraica di prendere le distanze è fondamentale per recuperare la nostra umanità”.

Sul riconoscimento della Palestina, l’ex ambasciatrice ha accolto positivamente i recenti voti all’ONU e le aperture europee, ma con grande diffidenza: “È meraviglioso che due terzi degli Stati abbiano votato per i due Stati, che persino Macron parli di riconoscere la Palestina. Ma ho l’impressione che ci sia un tentativo dei governi di gestire il dissenso della società civile con riconoscimenti che politicamente non portano a nulla e suonano tragicomici per un popolo annientato, torturato e genocidato”.

L’intervento si è concluso con una riflessione più ampia, che ha toccato il nodo dei rapporti tra Gaza, Israele e l’imperialismo occidentale: “Gaza è un’incrinatura. Da lì emerge il vero volto dell’imperialismo americano e israeliano. E dobbiamo riconoscere anche quello espansionistico della Nato, che in Ucraina porta avanti lo stesso disegno di dominio. Se anche il centrosinistra riuscisse a rendersene conto, sarebbe un’incrinatura contro le due destre al governo”.

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Il Fatto Quotidiano

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