El Salvador trasformato da Bukele in Paese modello per le destre. Ma il suo governo ha trattato con le gang

  • Postato il 9 luglio 2025
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Dopo le 23 la gente cammina spensierata al Boulevard de los Heroes di San Salvador. Ristoranti aperti, artisti di strada, panchine piene. Cinque chilometri dopo, davanti alla Biblioteca nazionale, c’è un concerto: una banda, interamente costituita da prigionieri, suona My heart will go on di Celine Dion e altre canzoni. La quiete è garantita dalla presenza massiccia di agenti e documentata da giornalisti e influencer da ogni dove. Il metodo Bukele affascina: il tasso di omicidi è calato da 106 a 35 omicidi ogni 100mila abitanti, trasformando il Paese più pericoloso al mondo in territorio senza criminalità. Il presidente Nayib Bukele, outsider eletto giunto al potere nel 2019, ha avuto la meglio nella guerra contro le gang. Tanto da diventare vero e proprio “modello” per le destre latinoamericane e alleato preferenziale dell’amministrazione Trump, aprendo le porte del Cecot, il Centro di confinamento del terrorismo, a centinaia di migranti espulsi dagli Stati Uniti. E a poco servono le denunce di organizzazioni come Amnesty e Human Rights Watch sul mancato rispetto dei diritti umani nel Paese centramericano, laddove – secondo un sondaggio curato dalla testata locale “La prensa grafica” – l’85,2% dei salvadoregni approva la gestione del presidente e l’88,55% ritiene che la sicurezza sia il suo principale successo.

Ombre sul governo – Ma tra Bukele e le gang non c’è stata solo la guerra. Già nel 2020 la testata salvadoregna El Faro aveva messo in luce una trattativa, durata circa un anno, tra il governo salvadoregno e le gang come MS-13 – nata negli anni ’80 a Los Angeles -, Zacatecoluca e Izalco Fase III, con decine di riunioni segrete tra funzionari governativi e leader delle mafie locali. Questi ultimi si sarebbero impegnati a ridurre gli omicidi e dare sostegno elettorale al partito di Bukele – in quanto le gang controllavano interi quartieri -, “Nuevas ideas”, in cambio di benefici penitenziari, soldi e altri privilegi. I dettagli sono presenti in diverse relazioni a cura delle autorità penitenziarie e dell’Intelligence. Tali relazioni dipingono l’altro volto di un governo che in pubblico annunciava misure restrittive per le gang (“Chiudiamo le finestre delle celle”, “Mescoliamo i membri delle gang, non più celle riservate”) mentre in privato garantiva celle esclusive, prostitute, soldi, uscite e persino colloqui diretti col vice ministro della Giustizia Osiris Luna e con il direttore dell’ong “Reconstrucción de Tejido Social”, Carlos Marroquín, che dopo i primi scandali ha visto interrotto il sostegno dei fondi Usaid. Ma questi contatti anomali risalgono al 2015, quando Bukele era ancora sindaco di San Salvador e la polizia salvadoregna documentò l’incontro tra due funzionari del Comune e membri della gang MS-13. “Questa gente è di un partito nuovo. E lavorerà affinché tutto possa cambiare in meglio”, si dicevano i prigionieri tra loro, raccomandando di non far trapelare informazioni sulla tregua.

Il ruolo di Washington – Tali informazioni sono giunte nell’agosto 2020 all’ambasciata statunitense a San Salvador per conto dello stesso direttore del sistema penitenziario, Luna, con immagini che attestavano gli incontri tra le gang e il governo centrale. Tuttavia i diplomatici statunitensi si mostrarono scettici, perché Luna aveva chiesto un esilio dorato, a stelle e strisce, e non raccontava la verità sul proprio coinvolgimento. L’amministrazione Trump ha poi imposto sanzioni personali contro Luna, una volta constatata l’esistenza della trattativa. Da allora, secondo il New York Times, sono partite le indagini Usa per accertare se l’aiuto economico di Washington a El Salvador finisse o meno nelle mani delle gang. A un certo punto un membro della gang ordinò l’omicidio di un agente dell’Fbi che dovette subito mollare il caso. Da indagini effettuate da Propublica.org si evince che nel 2021 gli agenti federali hanno preparato una verifica dei conti in banca di Bukele e di circa 14 funzionari del governo salvadoregno. Tutti loro sospettati – si legge nel dossier – di “essere profondamente legati a MS-13”, riciclare “fondi provenienti da affari illeciti” e ingaggiare la gang nella propria campagna elettorale.

Il vero prezzo del Cecot – La stessa Joint Task Force Vulcan, una squadra voluta da Trump nel 2019, ha denunciato che il governo Bukele cercò di coprire il patto bloccando le estradizioni dei capi delle gang verso gli Usa. “C’era parecchia informazione sulla corruzione tra la gang e l’amministrazione Bukele”, ha detto Christopher Musto, già agente della Homeland Security Investigations coinvolto nel caso, “Bukele era sporco sin dall’inizio, ma ora stringe la mano a Trump nella Sala ovale“. Sono almeno sei le estradizioni fermate dal governo salvadoregno, più una fuga – favoreggiata dalle autorità – per evitare l’estradizione di un altro pericoloso leader. Tutta l’indagine sarà condonata da Trump con l’invio di oltre duecento migranti a El Salvador. In cambio Bukele avrebbe chiesto il ritorno di alcuni leader dell’MS-13 in El Salvador, interrompendo così le indagini federali sul loro conto. Le motivazioni, secondo l’amministrazione Trump, sono di “interesse nazionale” e “geopolitico”.

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Il Fatto Quotidiano

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