Ecco perché Trump pensa di graziare le auto dai dazi: costi schizzati e prezzi alle stelle. “Si rischia il crollo delle vendite”
- Postato il 15 aprile 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Costi di produzione in aumento fino a 160 miliardi di dollari, almeno in parte scaricati sui prezzi netti dei veicoli nuovi che saliranno anche di 4mila dollari nel giro di sei-dodici mesi. L’effetto indiretto? Un rischio della contrazione del mercato, almeno fino a quando le catene di approvvigionamento dei componenti non verranno riorganizzate, sempre che l’obiettivo finale della guerra commerciale innescata da Donald Trump venga raggiunto. Qualche dubbio deve essere venuto alla stessa Casa Bianca, pronta a rimangiarsi i dazi al 25% sul settore auto: quelli sulle importazioni – con un calo di 200mila unità previsto dall’Ue – sono già scattati il 3 aprile, mentre le tariffe sulla componentistica dovrebbero entrare in vigore il 3 maggio. E il settore è anche colpito da quelle su acciaio e alluminio.
Cambiamenti radicali alle porte
Le previsioni dell’impatto sui prezzi finale delle auto e gli extra-costi per i costruttori sono però così funeste da aver fatto ipotizzare all’amministrazione Usa la possibilità di una marcia indietro. Boston Consulting Group ha ipotizzato un aumento della spesa per le case automobilistiche tra i 110 e 160 miliardi di dollari. Felix Stellmaszek, responsabile globale del settore automotive e mobilità di Bcg, ha parlato del 2025 come “l’anno più significativo della storia per l’automotive, non solo per le pressioni immediate sui costi” ma perché la politica di Trump “sta imponendo cambiamenti radicali nel modo e nel luogo in cui il settore si sviluppa”.
Le preoccupazioni di Detroit
Si innescherebbe una “frammentazione dannosa” della filiera, secondo la Camera di Commercio Regionale di Detroit, la “capitale” dell’industria automobilista statunitense. La richiesta alla Casa Bianca è quella di esentare il settore dai dazi per difenderne la competitività. Secondo il Center for Automotive Research, un think tank no-profit con sede in Michigan, i costi per la triade delle case automobilistiche di Detroit (Ford, General Motors e Stellantis) aumenteranno di 41,9 miliardi di dollari, oltre un terzo dei 107,7 miliardi ipotizzati per i produttori statunitensi. Il risultato finale è un impatto del 20% sui ricavi del comparto sui veicoli nuovi.
Chi sarà più colpito
Nessuno si salverebbe, neanche chi come Ford assembla in loco l’80% dei veicoli venduti negli States. Peggio andrebbe ovviamente a General Motors (58%), Stellantis (43%) e i problemi lieviterebbero notevolmente per chi come Volkswagen si ferma al 21%. Si spiega anche così la festa in Borsa dei titoli delle case automobilistiche appena è trapelata la possibilità di una “grazia” per il settore dalla scure dei dazi. A stappare è stata soprattutto Stellantis, già stressata dai risultati del 2024, soprattutto nel mercato a stelle e strisce. Non a caso, il presidente e ceo ad interim John Elkann ha parlato di dazi “dolorosi” che mettono “a rischio” l’industria automobilistica statunitense.
Prezzi in salita e circolo vizioso
Costruttori e fornitori potrebbero sostenere in parte l’aumento dei costi, ad avviso degli analisti, ma inevitabilmente la mossa più semplice per contrastare l’impennata dei costi sarà quella di ritoccare i prezzi nei prossimi mesi, una volta esauriti gli stock di auto prodotte prima del 3 aprile. Goldman Sachs stima un aumento dei prezzi tra i 2mila e i 4mila dollari ad auto nel giro di sei-dodici mesi. Il rischio è che si inneschi un circolo vizioso di aumenti con il risultato finale di far inabissare le vendite.
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