Ecco perché Berlino è un problema per l'Europa
- Postato il 17 marzo 2025
- Di Libero Quotidiano
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Ecco perché Berlino è un problema per l'Europa
In attesa di scoprire se c'è davvero un giudice a Berlino, c'è sicuramente un problema con Berlino. E con la Germania, che per vocazione e convinzione plasma il mondo attorno a sé invece di costruirlo con gli altri. La Germania un problema l'aveva dopo il 1945, grosso così, e l'ha risolto nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino, cavalcando l'onda di melassa della nuova era che si voleva di pace e benessere dopo il crollo del sistema sovietico e ritrovandosi alla guida dell'Europa non con la forza delle divisioni corazzate ma con quella del marco che impose la legge del più forte a monete e monetine continentali. Soprattutto alla liretta degli italiani sempre col cappello in mano a chiedere prestiti e costretti a ingoiare il tasso di cambio per l'euro a quota 1936,27 che massacrò i prezzi, raddoppiandoli. Altro che mese di stipendio in più, come alitava nei sussurri alla bolognese Romano Prodi. Eppure proprio ottanta anni fa, a ottobre 1945, Henry Morgenthau Jr. dava alle stampe un libro i cui contenuti programmatici aveva iniziato a scrivere a gennaio 1944 e illustrato a settembre al presidente Franklin Delano Roosevelt e al premier Winston Churchill durante la seconda Conferenza di Québec, il cui titolo era Germany is Our Problem. La guerra di Hitler era terminata da pochi mesi, il Segretario al tesoro degli Usa era determinato a risolvere alla radice quel problema nel cuore dell'Europa e in un mondo già bipolare convertendo la Germania a Paese a vocazione agricola e pastorale, nelle due entità statali in cui doveva essere divisa e in unione doganale con l'Austria, smantellando o distruggendo la sua potenza industriale affinché non fosse mai più un pericolo. Intanto la Prussia, come entità, non esisteva più: un pezzo all'Urss e un boccone alla Polonia mutilata.
Neanche Berlino esisteva più, demolita da bombardamenti e combattimenti e suddivisa in quattro, per di più circondata da una delle due Germanie disegnate dalla storia e da Stalin: quella comunista. L'altra, la Repubblica federale, venne graziata dal Piano Morgenthau e anche da molte altre cose: si prese Bonn come capitale, si diede una sverniciata dalle scorie del nazismo, nel 1951 aggirò le limitazioni industriali abbracciando la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nocciolo dell'Unione, e nel 1955 pure quelle militari perché venne ricostituita l'ex Wehrmacht col più neutro nome di Bundeswehr e gli elmetti americani per superare l'imbarazzo dell'M35 divenuto uno dei simboli del nazismo. Dalla Prussia che era un esercito con uno Stato alla Germania federale che era uno Stato pure con un esercito, inserito nell'alleanza atlantica per impedire che dopo lo scorrazzamento in Europa dei panzer con la croce nera ce ne fosse un altro di carri armati con la stella rossa. E guarda caso, dopo i Panther e i Tiger della seconda guerra mondiale ecco in linea di continuità felina i Leopard per la guerra fredda. Anche gli U-Boote hanno avuto la loro discendenza fino a oggi.
Quanto ai proverbiali cannoni, non avranno i nomi di Thor, Leopold ed Espresso di Anzio, ma pesano eccome sul mercato degli armamenti. La Germania rinata con le robuste iniezioni del Piano Marshall e la lungimiranza politica di non riapplicarle l'amarissima medicina punitiva di Versailles nel 1919, ha colto le opportunità della storia non perdendo il vizietto, sotto le pennellate democratiche, costituzionali e di modernità, di voler esportare il suo modello, che ha imposto facendolo scorrere lungo i robusti canali dell'economia e travasandolo nel sistema plurinazionale dell'Unione Europea in crisi di identità e pure strutturale. Oggi, con l'ennesimo rimescolamento degli equilibri internazionali e le fragilità nelle certezze del presente, ha ripreso a soffiare forte il Volksgeist, ovvero lo spirito del popolo tedesco. Ma ancora una volta con l'altezzosità di chi col dito indica direzioni e impartisce ordini. Perché a Berlino c'è davvero un giudice in toga nera che decide per la Germania, ma a Bruxelles non c'è mai stato un arbitro equidistante con la toga azzurra a dodici stelle.