eaJ e il K-pop dopo la perfezione: la bellezza dell’onestà senza filtri
- Postato il 15 dicembre 2025
- Di Panorama
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C’è un momento, nella vita di un artista, in cui l’applauso smette di essere un premio e torna a essere solo rumore. È il punto di rottura tra quello che il pubblico vuole da te e quello che tu vuoi da te stesso. Per alcuni significa scomparire. Per altri, ricominciare. Per pochissimi, rinascere davanti a tutti.
eaJ appartiene alla terza categoria.
Per anni è stato una definizione vivente: non un ruolo o una funzione, ma un volto incasellato in aspettative che non combaciavano più con la sua pelle. Poi, il silenzio. Non quello che si porta nelle orecchie quando un tour finisce: quello che si annida dentro. Quello che obbliga a scegliere. Restare nella perfezione che non ti somiglia più o attraversare l’incertezza che ti assomiglia troppo.
E lui ha scelto.
Cantautore e musicista coreano-americano, nato in Argentina e cresciuto in California, Jae Park oggi conosciuto come eaJ, ha trasformato la vulnerabilità in un alfabeto personale. La sua musica vive in uno spazio intimo, quasi cinematografico: alt-pop essenziale, indie elettronico, ballad emotive che respirano come se fossero un dialogo a bassa voce. Le sue tracce non cercano risposte, ma connessioni: parlano di identità, ricostruzione, guarigione. Ogni progetto, ogni palco, ogni brano è l’affermazione di ciò che sta diventando ora.
Oggi eaJ è il contrario di un ritorno al passato: è la prova che si può strappare la propria etichetta senza perdere il proprio nome. È un artista solista, sì, ma soprattutto un uomo che non ha paura di guardarsi allo specchio e raccontarsi. La sua musica è cambiata insieme a lui: meno maniera, più verità. Meno immagine, più voce. Meno spettacolo, più pelle viva.
Il 2025 è stato il suo anno più coraggioso: un tour globale, un pubblico che lo segue non più perché c’era, ma perché c’è. E un percorso discografico che guarda lontano, con una maturità che non ha bisogno di urlare per essere ascoltata. Ogni nota sembra dialogare con chi c’è dall’altra parte: non per intrattenere, ma per condividere un pezzo di umanità — che fa male, che scalda, che salva.
Ci sono artisti che inseguono i riflettori. E artisti che imparano a illuminare l’oscurità.
eaJ appartiene alla seconda specie. Ed è per questo che oggi interessa più che mai.
Per questo abbiamo deciso di fermarci con lui e parlare: non del personaggio, ma dell’uomo. Un viaggio dentro la musica, certo, ma soprattutto dentro la persona che la produce. Un racconto che non parla solo di percorso, ma del paradosso di diventare se stessi mentre il mondo pretende un personaggio. Della bellezza e del pericolo dell’onestà. Del valore del silenzio. E di quel momento preciso in cui un artista capisce che cantare non è più una via d’uscita, ma una via d’accesso.
E quello che leggerete è eaJ — senza filtri, senza armature.
Hai appena concluso un concerto a Seoul. Quando le luci si spengono dopo uno show, ti resta addosso il rumore della folla o il silenzio che segue?
EAJ: Le cose che restano più a lungo non sono né l’uno né l’altro. Dopo i concerti il mio cuore è così colmo dell’amore che nasce da tutte le lacrime, dal sudore e dalla gioia che il pubblico regala allo show, che l’unico modo per descriverlo è una pura beatitudine.
Il tuo sound sembra Los Angeles di notte vista attraverso la pioggia di Seoul. Quanto la geografia continua a plasmare la tua musica e quanto invece hai lasciato indietro?
EAJ: Wow, non ci avevo mai pensato, ma sì, ora che lo dici in effetti è così! Credo siano le influenze inconsce della mia vita. Nulla viene mai davvero lasciato indietro: tutto continua a modellarmi, trasformandomi in una versione di me sempre più evoluta.
I tuoi brani più recenti si muovono tra insonnia e catarsi. Scrivi partendo dalla ferita o dalla cicatrice?
EAJ: In questo periodo credo di essere su un’onda più positiva, anche nei testi. Le mie uscite più recenti sono tra le più felici che abbia mai pubblicato, e penso che sia la prova del fatto che sto finalmente maturando.
Giochi con i generi come altre persone giocano con le identità. Qual è il centro emotivo che non cambia mai sotto tutta questa sperimentazione?
EAJ: Direi l’onestà. Il genere cambia continuamente, anche a causa del mio ADHD, ma l’unica cosa che considero davvero imprescindibile è il bisogno di essere onesto.
“Libertà” è una parola che gli artisti amano usare. Ma se la libertà significasse anche perdere rilevanza? Ti ha mai fatto paura questa idea?
EAJ: La rilevanza non ha alcun significato senza la libertà.
I tuoi testi sono intrisi di esposizione emotiva. Questa vulnerabilità è una forma di coraggio o solo un’altra maschera che hai imparato a indossare alla perfezione?
EAJ: Sono super introverso, quindi finisco per cantare cose che non ho il coraggio di dire apertamente, senza filtri… ahah.
Online sei molto eloquente, ma cosa dici a te stesso nei momenti in cui le parole falliscono, quando lo schermo, il palco e persino la voce smettono di essere scudi?
EAJ: Mi dico: “Metti da parte l’ego, diventa migliore e torna come un essere umano più maturo”.
Se domani il mondo dimenticasse il nome eaJ, ma ricordasse una sola emozione della tua musica, quale vorresti che fosse?
EAJ: Che c’è un posto anche per te, e che questo è scolpito nella pietra.
Chiudi gli occhi per un secondo: se dovessi descriverti con una sola parola, quale sarebbe?
EAJ: Spaventato.






