È tutto un lamento, tanto vale lamentarsi insieme. Il festival a Soveria Mannelli
- Postato il 20 luglio 2024
- Di Il Foglio
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È tutto un lamento, tanto vale lamentarsi insieme. Il festival a Soveria Mannelli
L’Italia è tutta un festival (almeno d’estate; tutto l’anno, un carnevale). Ma, fra le mille kermesse partorite dalla fantasia malata di assessori alla Cultura farneticanti e Pro loco mitomani, qualche trovata originale c’è. Per esempio, la seconda edizione del “Festival del Lamento”. Sì, avete letto bene, il lamento, che da ancestrale tradizione locale diventa dimensione universale, dunque “aggregazione comunitaria”, come promettono gli organizzatori. Siamo, ovviamente, nella deep Calabria dove il lamento ha radici profonde, per la precisione a Soveria Mannelli, provincia di Catanzaro, meno di tremila anime in pena sulle pendici della pre-Sila. E già s’immaginano pianti e stridori di denti, prefiche e vedove nerovestite, Madonne trafitte da infinite spade, clamorosi martirii barocchi, rimpianti e compianti di emigranti, proteste e lai per provvidenze statali, regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali promesse e non mantenute, insomma dolori assortiti e imprecisati, ma in ogni caso cocenti. Non a caso l’intercalare locale, racconta Gaetano Moraca, intellettuale della Magna Grecia locale “risceso” da Milano e ideatore del Festival, è “Guai!”. Così, a prescindere: “Guai, è una bella giornata!”, insomma l’equivalente del “pheeega” milanese ma, diciamo, da un’altra e meno ottimistica prospettiva. D’altronde, “ognuno ha la pretesa di soffrire molto più degli altri”, faceva notare Balzac.
Ed ecco allora questi quattro giorni di incontri e mangiate e, compatibilmente con il tema, risate: dal primo al 4 agosto. Tema annuale: “Nonc’èniente”, “tutto attaccato come se fosse un sospiro unico”, un’ironica presa in giro della lamentosità locale che però la trasforma anche in un’occasione di dibattito e, appunto, in valore comunitario, perché lamentarsi in compagnia è certo meglio che farlo da soli. E poi: davvero non c’è niente (nemmeno da fare)? Sempre Moraca: “Proviamo a capirci qualcosa insieme ai nostri ospiti e agli abitanti del paese. Ovviamente non è detto che ci riusciamo, perché capirci qualcosa in questo periodo storico è parecchio difficile. Però facciamo un tentativo, mal che vada passiamo un po’ di tempo a lamentarci tutti insieme, tra un genere di conforto e l’altro”.
Il programma, in effetti, stuzzica, diviso com’è in “lamentazioni serali”, “refrigeri” (soprattutto gastronomici) ed “epicedi”. Fra gli ospiti, anche chi di lamenti se ne intende davvero, come Annarosa Macrì che, poiché cura la posta dei lettori del Quotidiano del Sud, raccoglie e vaglia le recriminazioni di un’intera regione. E qui posso confermare per esperienza personale: nulla come la posta di un quotidiano dimostra quanto piaccia alla gente lamentarsi, anche nel deep nord e specie senza alcuna buona ragione per farlo.
La stand-up comedy di Monir Ghassem sarà invece incentrata sul rapporto fra millennials e mondo del lavoro, che suscita non pochi sospiri, specie da queste parti (già il titolo è beffardo: Articolo 1, ma almeno non è il fu partitino di sinistra) mentre un altro giornalista, Saverio Tommasi, si lamenterà di Vannacci presentando il suo libro Il generale al contrario. Però ci sarà anche Semidei, il documentario di Fabio Mollo sul ritrovamento dei Bronzi di Riace, personaggi per nulla inclini all’autocommiserazione e anzi simbolo di una Calabria meno lagnosa. E poi musica, un “laboratorio collettivo di pasta fresca e condivisione dei lamenti privati” (guai!), “lamenti e balli mediterranei”, un po’ di musica, molti “maccarruni”. moltissima ‘nduja. Del resto, anche la cucina locale a base di peperoncino stimola la lacrima (ma, assicurano, aiuta la digestione).
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