“E’ ovvio che un bagaglio contenga vestiti, ma il passeggero va comunque risarcito”: Ryanair perde la sua valigia sul volo Palermo-Verona, dopo 7 anni la Cassazione gli dà ragione

  • Postato il 5 novembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sette anni di battaglie legali per un bagaglio smarrito, ma alla fine il passeggero dovrà essere risarcito. La Cassazione ha dato ragione a un uomo in causa con Ryanair dal 2018, stroncando le sentenze precedenti che gli negavano il rimborso per i vestiti e gli effetti personali persi. La motivazione della Suprema Corte è quasi disarmante: “È irragionevole la pretesa che possano fornirsi indicazioni specifiche sul contenuto di un bagaglio“. Ora, un nuovo processo d’appello a Verona non dovrà più decidere se risarcire, ma solo quanto spetta all’uomo per il danno subìto.

L’odissea giudiziaria di G.N. è iniziata il 21 settembre 2018. Salito su un volo Ryanair da Palermo a Verona, all’arrivo scopre che il suo bagaglio è sparito. Un disagio tutto sommato comune, che costringe lui e la moglie ad acquistare nuovi abiti e biancheria. A quel punto, però, il passeggero decide di chiedere i danni alla compagnia aerea, dando il via a un calvario legale durato oltre sette anni.

La vicenda, apparentemente semplice, si è subito complicata. In prima battuta, il Giudice di Pace di Verona ha dato torto al passeggero, dichiarando che la competenza non era italiana, ma irlandese, Paese in cui ha sede la compagnia aerea. Nel 2021, il Tribunale di Verona, in appello, ha ribaltato la prima decisione, stabilendo la giurisdizione italiana. Tuttavia, ha negato di nuovo il risarcimento al viaggiatore. Il motivo? Non sarebbe stato possibile “quantificare il danno”, poiché l’unica prova fornita, la testimonianza della moglie, era stata ritenuta “inidonea”. Di fronte a questo doppio diniego, il passeggero è ricorso in Cassazione. La terza sezione civile, presieduta da Luigi Alessandro Scarano, ha completamente ribaltato il verdetto, definendo la decisione del giudice d’appello “errata in ordine alla mancata liquidazione del danno patrimoniale”. I giudici supremi hanno smontato la logica della sentenza precedente. Hanno sottolineato che, una volta accertato lo smarrimento (fatto mai messo in discussione da nessuno), l’unica via per liquidare il danno è quella equitativa, ovvero basata su una stima ragionevole.

La Cassazione ha definito le argomentazioni del giudice d’appello “invero contraddittorie“: “Dopo aver lasciato intendere essere impossibile quantificare il danno, è pervenuto a dichiarare di non poter fare luogo alla liquidazione equitativa”. Un controsenso logico, secondo gli Ermellini, che citano un principio di diritto: “È incomprensibile sostenere che [sia] impossibile la liquidazione equitativa, perché vale come affermare che il più non contiene il meno”. In sostanza, se anche mancano prove dettagliate (il “più”), il giudice ha comunque gli elementi per una stima equitativa (il “meno”). La sentenza si conclude con un richiamo al buonsenso. La Cassazione sostiene che il giudice d’appello si è “erroneamente astenuto” dal fare una stima, “invocando come schermo l’asserita assenza degli elementi”. Elementi che, in realtà, sono ovvi: è evidente, scrivono i giudici, che un “bagaglio contiene capi di abbigliamento, biancheria intima, profumi ed accessori in quantità ragguagliata alla durata del viaggio”. Il caso è stato quindi rinviato a una nuova sezione del Tribunale di Verona, che dovrà celebrare un nuovo processo d’appello e, questa volta, quantificare finalmente il risarcimento dovuto al passeggero.

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