È morto Gülen, l’uomo che creò Erdogan che poi Erdogan ha epurato con i suoi seguaci

  • Postato il 21 ottobre 2024
  • Di Il Foglio
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È morto Gülen, l’uomo che creò Erdogan che poi Erdogan ha epurato con i suoi seguaci

Fethullah Gülen è stato definito il secondo uomo più potente della Turchia. Le autorità turche lo avevano accusato di essere la mente dietro al tentato colpo di stato del 15 luglio 2016, che voleva rovesciare il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan. Il movimento Hizmet (Servizio) da lui fondato ebbe un ruolo cruciale nel guidare il successo elettorale dell’Ak Parti (Akp) del primo ministro Erdogan, nel novembre del 2002, ma poi si estese e si radicò fin troppo all’interno e ben oltre la Turchia, finanziando scuole, centri studi e media, dal Kenya al Kazakistan, dall’Indonesia agli Stati Uniti, e attrasse milioni di seguaci e miliardi di dollari da tutto il mondo. Gülen è stato appoggiato dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre: Washington voleva sostenere la visione dell’islam di Gülen, ritenuta tollerante e dialogante, nella speranza che riuscisse a prevalere sull’islam politico in medio oriente e nei paesi del Golfo, troppo fondamentalista. Gülen ha vissuto protetto e quasi in clandestinità per 25 anni nella sua casa in Pennsylvania, in un esilio autoimposto e al centro di un intrigo geopolitico che ha oscurato la sua vita di predicatore molto influente non solo nell’islam turco, ma anche nell’intero mondo islamico. Dopo una lunga malattia, Gülen è morto in un letto di ospedale, domenica 20 ottobre come annunciato da Herkul, un sito web gestito dai suoi seguaci.

  
Muhammed Fethullah Gülen era nato a Korucuk, un villaggio della provincia di Erzurum, nella Turchia orientale. Imparò l’arabo da suo padre, un imam locale, e pronunciò il suo primo sermone all’età di 14 anni. 

  
Gülen predicava una forma di islam sufi radicata nelle tradizioni anatoliche. Nel 1958, divenne un imam autorizzato dallo stato e aprì un negozio a Edirne, vicino al confine terrestre della Turchia con la Grecia. Otto anni dopo si trasferì a Izmir per predicare in una moschea. L’islamismo gülenista, a differenza di quello dell’Akp, anche se non si può definire liberale, è certamente pluralistico, dialogante, inclusivo e sincretico con forti elementi illuministi, quali la razionalità e il progresso scientifico. Era filoccidentale e filoisraeliano ed era un fautore del dialogo interreligioso e dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea.

   
Dagli anni Settanta in poi Gülen ha ospitato gruppi di lettura e campi estivi e ha sviluppato una rete di dormitori, noti come “case di luce”, per studenti universitari maschi in cerca di alloggi a prezzi accessibili in una Turchia in rapida urbanizzazione. Ha attirato centinaia di migliaia di seguaci, principalmente studenti poveri e devoti che gravitavano nelle sue scuole di preparazione agli esami universitari e nei dormitori, erano le “dersane”, gli istituti di insegnamento privati. Dopo la fine della Guerra fredda, iniziò a presentarsi come il “portatore di un islam illuminato”, gettando fondamenta all’estero e conquistando una cerchia di sostenitori occidentali. 

   
Ma è stato solo quando Erdogan e il suo Partito della giustizia e dello sviluppo sono saliti al potere nel 2002 che Gülen ha iniziato a essere presente nell’amministrazione dello stato, incoraggiato dallo stesso primo ministro che aveva bisogno di quadri per il suo giovane partito appena fondato. I gulenisti hanno svolto un ruolo decisivo nel consentire a Erdogan di consolidare il suo potere. Ma dagli anni 2010, il loro successo è stata la loro rovina perché il presidente turco non voleva condividere il potere con nessuno e incominciò a vedere una minaccia nell’influenza e nella presenza gulenista diffusa nei gangli vitali dell’amministrazione. Da quel momento il leader turco ha ordinato epurazioni e arresti contro i gulenisti presenti nell’esercito, nella polizia, nella magistratura, nelle accademie e nei media. Nel 2013 la magistratura vicina a Gülen fece scoppiare un scandalo per corruzione e concussione in cui furono coinvolti ministri del governo Erdogan e membri della sua famiglia. Fu così che l’uomo forte di Turchia rispose dichiarando guerra, chiudendo le scuole e i media del predicatore islamico. 

   
Dopo il tentato golpe del 2016 di cui è stato accusato Gülen, sembrava che la Turchia avesse esaurito le manette. Quasi seicentomila persone, per la maggior parte sospettate di essere guleniste, sono state indagate per il colpo di stato; ci sono stati circa 100 mila arrestati, la maggior parte dei quali aveva solo tenui collegamenti con il movimento, come un conto in una banca legata a Gülen. Nel 2015, la magistratura turca dichiarò l’organizzazione gulenista un “gruppo terroristico” con l’appellativo di Fetö, paragonandolo ad al Qaida o all’ayatollah Khomeini. La feroce repressione che ne scaturì dopo il tentato golpe contro ogni oppositore del governo Erdogan e della sua persona – esponenti curdi, intellettuali e giornalisti – fece sprofondare la Turchia in uno dei suoi periodi più bui con lo scardinamento dello stato di diritto e della libertà di espressione.
 

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Autore
Il Foglio

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