“Durante la separazione, in casa ho creato una specie di altare all’ingresso con un barbagianni impagliato, pelli di coniglio e galline gonfiabili”: così Daria Bignardi
- Postato il 28 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Daria Bignardi sta promuovendo il suo ultimo libro “Nostra solitudine” e in una intervista a Il Corriere della Sera ha raccontato della sua di solitudine, dopo la separazione con Luca Sofri, dopo il matrimonio durato dal 2004 al 2018 e la nascita della figlia Emilia. La giornalista e autrice è stata sposata già nel 1997 con Nicola Manzoni e da lui ha avuto Ludovico.
“Questo libro chiude la trilogia iniziata con ‘Libri che mi hanno rovinato la vita’ e ‘Ogni prigione è un’isola’. – ha affermato – Sentivo di non aver finito coi temi dell’isolamento e dell’ombra”. Lo spunto è venuto dopo che la scrittrice è “tornata dall’Ucraina, il primo Capodanno dopo l’invasione russa, e ancora di più dalla Palestina, col senso che quelle situazioni mi riguardassero direttamente. Finché ti limiti alle immagini a distanza tutto resta in superficie”.
“Il divorzio è una casa che crolla: – ha affermato poi parlando di solitudine personale – credo sia stato quello ad avermi riportata ai traumi originari. Senza, forse non sarei arrivata a fare i conti con la mia solitudine. In Uganda, nella foresta, ho incontrato i gorilla: il loro sguardo primordiale mi ha fatto tornare alla mente un episodio. Mentre ci stavamo separando, in casa ho creato una specie di altare. Un barbagianni impagliato, pelli di coniglio dei nativi americani, una piuma d’aquila, piante, minerali. Poi, in un negozio di giocattoli, ho comprato delle galline gonfiabili e le ho appiccicate tutte per terra, all’ingresso. I miei figli mi guardavano perplessi. Non sapevo perché lo stessi facendo”.
In conclusione: “Facendo questo viaggio nella solitudine, mi sono resa conto che forse, in quel momento di crisi, stavo chiedendo protezione al mondo animale”.
Di cosa parla il libro “Nostra Solitudine”
Come si fa oggi a stare nel mondo? In questo mondo. A trovare un modo, un posto adatto a noi che siamo consapevoli di essere privilegiati ma dobbiamo fare i conti anche coi nostri, di traumi, piccoli o grandi, oltre che con quelli giganteschi di chi è sotto le bombe, di chi è oppresso, povero, svantaggiato. Ci si vergogna a dire che ci si sente soli, ma lo siamo sempre di più. Daria Bignardi lo dice con sincerità, ironia, coraggio. Sente che la solitudine può essere una prigione ma anche un posto da cui ascoltare il battito del cuore del mondo. Il mondo la chiama e lei parte. Va in Cisgiordania, a Hebron, a parlare coi prigionieri palestinesi rilasciati nell’ultimo scambio. A At-Tuwani, il villaggio di No Other Land, conosce i volontari internazionali che ogni giorno accompagnano a scuola i bambini perché i coloni non gli sparino addosso.
È a Gerusalemme, nella Chiesa del Santo Sepolcro, il giorno in cui muore Papa Francesco. Va in Vietnam, l’unico paese che ha sconfitto gli Stati Uniti, dove scopre quanto è inquinato il Mekong. Assiste all’operazione al cuore di un neonato in Uganda. Vuole lasciare i social media perché intuisce che lì dentro c’è qualcosa che sfrutta malignamente la nostra solitudine, ma non riesce a rinunciare alla partita quotidiana a Wordle con le nipoti, al cazzeggio con le amiche, a flirtare con gli amanti. Morde la solitudine con passione.
Capirà cosa cerca nello sguardo di un gorilla che incontra in Uganda e di tutti gli animali che incrocia sulla sua strada: i cani Giulio, Fix, Brillo, i gatti, le galline, un pappagallo. Nonostante racconti le oppressioni del nostro presente – globalizzazione, occupazione, guerra, patriarcato – questo è un libro intimo e personalissimo, pieno di felice tormento, che riesce a fare quel che si auspica faccia la letteratura: dare parole a qualcosa che non riusciamo a vedere ma sentiamo incombere. Senza appesantire il fantasma che evoca, senza togliergli magia. (dal sito Mondadori)
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