Duran Duran al Circo Massimo di Roma condannati a restare così per l’eternità: invecchiare meno possibile per convincere che siamo rimasti negli Anni 80

  • Postato il 16 giugno 2025
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Antefatto #1 (in soggettiva) Sanremo, 8 febbraio 1985. Le Duranettes stringono d’assedio l’Hotel Royal. Qualche scalmanata minaccia di buttarsi davanti alla limo con i vetri oscurati che si suppone trasporti la band, pur di fermarla. Queste ragazzine vorrebbero DAVVERO sposare Simon Le Bon e sono disposte a rischiare la vita pur di riuscirci. La situazione diventa incontrollabile. Ho in agenda un’intervista esclusiva con il frontman: il discografico mi fa capire che è meglio spostarsi altrove. Mi MORMORA a un volume inaudibile il locale dell’incontro. Non sia mai che qualcuna delle invasate sappia decifrare il labiale. Mezz’ora dopo sono con Simon in una sala deserta, apparentemente bonificata dalle fans.

Con raccapriccio, notiamo un paio di skeakers spuntare da dietro una tenda: una delle girls è riuscita a nascondersi. Autografo, sospiro e ciao. Ora lui vuole parlare soprattutto dell’avventura in vela che lo attende in estate, la regata internazionale attorno al Fastnet. Non immagina che in quel giorno d’agosto il suo yacht “Drum” si rovescerà al largo della Cornovaglia, intrappolandolo nella chiglia. Lo tireranno fuori di lì in mutande. Ma intanto domani lo attende Pippo all’Ariston. Le Bon arriverà sul palco con il piede ingessato. Motivazione ufficiale: sono caduto sugli scogli del porticciolo, dopo aver bevuto troppa vodka. Qualcuno giura invece che abbia fatto un ruzzolone sexy durante una session notturna con una bellissima veejay. Al Festival, da superospiti, i Duran Duran eseguono “The Wild Boys”.

Antefatto #2 Roma, 2 luglio 2005. Il giorno del Live 8. Tra le città collegate per la nuova staffetta di superconcerti contro la povertà organizzata da Bob Geldof c’è anche la capitale italiana. Mezzo milione di spettatori al Circo Massimo per l’eccellenza musicale tricolore, da Daniele a De Gregori, passando per Venditti, Jovanotti e Baglioni. Superospiti (ancora) i Duran Duran, che eseguono “(Reach Out For The) Sunrise”, “Ordinary World”, “Save a Prayer” e l’immancabile “The Wild Boys”. Gli idoli delle pischelle anni Ottanta si sono lasciati e ripresi più volte, incatenati al loro destino come dei Prometei. Nel backstage Simon appare un po’ imbolsito. Bella l’Italia, ma il cuore del Live 8 è a Londra, dove tra le altre cose c’è l’ultima storica reunion dei Pink Floyd con Roger Waters.

15 giugno 2025, ritorno al Circo Massimo. Quarant’anni dopo il Sanremo con Baudo e il naufragio nautico, eccoli di nuovo qui. La prima di due date in quello che Simon dal palco definisce cazzeggiando “un ippodromo”. Stasera si replica con opening Jack Savoretti (ieri era toccato a Francesca Michielin), poi il tour prosegue mercoledì a Bari (Fiera del Levante) e venerdì in un ippodromo vero, quello di San Siro. A occhio, nel pubblico non esattamente teen (13mila persone) ci sono le groupie dei bei tempi andati, che si sgolano vedendo i quattro membri originali del gruppo (manca Andy Taylor, da tempo seriamente malato) farsi avanti in scena in una nebbia distopica tra astronavi e creature paurose che richiamano l’album “Danse macabre”.

A vederli capisci che la clessidra è sempre bastarda: gli anni e i bicchieri hanno regalato a Simon la prominenza dell’epa, una sferica panza da nobile del ciclo arturiano. Nel volto, siamo alla tendenza Bobo Vieri. Restando in chiave Inter vintage, il batterista Roger Taylor ricorda Nicola Berti; Nick Rhodes è invece un mix genetico Bluvertigo (faccia tra Morgan e Andy); John Taylor, il superbonazzo d’antan, è mutato in un Joker rinsecchito.

Lì sopra, eseguono diligentemente il compitino-nostalgia: in meno di due ore il climax è ovviamente per le hit degli anni ruggenti, le solite: “The Wild Boys”, “Hungry Like The Wolf”, “A View to a Kill” (il nostro affezionatissimo dirà: “Il mio nome è Bon, Simon Le Bon), “Notorius”, “Ordinary World” (con fervorino pacifista in cui il cantante cita Israele, Gaza e Ucraina, ma la routine andrebbe aggiornata con l’Iran), “Planet Earth”, “The Reflex”, i bis “Save a Prayer” e “Rio”, mentre “Girls on film” diventa medley con “Psycho Killer” dei Talkin’ Heads, una delle due cover del set: l’altra è “Evil Woman” della Electric Light Orchestra”. Che dire? Non sono ancora da mandare a “I migliori anni”, anche se un paio di stop improvvisi nel suono fanno ipotizzare ai maligni l’uso – Dio non voglia – di qualche base o click di troppo. Simon ce la mette tutta, agli occhi delle signore in platea resta il divo da poster delle loro camerette.

I Duran Duran sono condannati a restare così da qui all’eternità. Devono invecchiare il meno possibile per convincere che siamo rimasti negli anni Ottanta. Perché quelle che con poca cavalleria alcuni definiscono “carampane” si butterebbero tuttora sotto le ruote per lui. Botox e filler non importa, restano fanciulle in fiore, più amabili di quegli incartapecoriti Wild Boys personali, gli ex mariti reali da cui hanno divorziato, e che sacramentano pensano alla pensione minima da riscuotere.

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Il Fatto Quotidiano

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