Due tribunali federali bloccano i dazi di Trump. Ma una Corte d’Appello frena: “Le tariffe per ora restano”

  • Postato il 29 maggio 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sempre più caos e confusione negli Stati Uniti. L’Amministrazione di Donald Trump vince il primo ricorso contro lo stop imposto ai dazi da due tribunali federali Usa. Una Corte d’Appello federale, infatti, ha bocciato la prima ordinanza imposta alla politica commerciale della Casa Bianca dalla US Court of International Trade di New York. “Le sentenze e le ingiunzioni permanenti emesse dalla Corte del commercio internazionale in questi casi sono temporaneamente sospese fino a nuovo avviso mentre questa corte esamina i documenti di istanza”, si legge nell’ordinanza. Ma non è finita.

Un secondo tribunale federale, infatti, ha bloccato gran parte dei dazi imposti da Donald Trump, affermando che il presidente non può invocare unilateralmente l’autorità per emanare le tariffe dichiarando emergenze nazionali il deficit commerciale e il traffico di fentanyl. La decisione è stata presa dal giudice federale Rudolph Contreras, nominato dall’ex presidente Obama e in servizio nella capitale: ha stabilito che due aziende americane di giocattoli sarebbero state irrimediabilmente danneggiate dai dazi e che l’International Emergency Economic Powers Act citato da Trump non contiene alcuna disposizione in materia di tariffe. Nonostante Contreras abbia emesso un’ingiunzione preliminare a tutela delle due società, l’ha sospesa per due settimane, in attesa di un appello, come riporta la Cnn. In 24 ore di colpi di scena si consumano così le prime battute di quella che si preannuncia una lunga battaglia giudiziaria sulle tariffe, che arriverà alla Corte Suprema (come assicura la stessa amministrazione).

La Casa Bianca ha condannato le decisioni definendole un “abuso di potere“. “L’azione del presidente, di qualsiasi presidente, non può essere bloccata dalla volontà di giudici attivisti“, ha dichiarato la portavoce Karoline Leavitt definendo la sentenza “impropria”. L’amministrazione Usa ha subito annunciato di aver presentato “un appello d’emergenza” contro la sentenza che ha bloccato di dazi. “La decisione finale spetterà alla Corte Suprema“, ha sottolineato la portavoce.

Kevin Hasset e Peter Navarro, due dei più importanti consiglieri del presidente, hanno cercato di minimizzare la portata della decisione e assicurato che Trump ha varie opzioni a disposizione. “Non cambia nulla“, ha detto Navarro sottolineando che gli Usa troveranno “il modo di imporre i dazi anche se dovesse perdere la battaglia legale“. “Non avrà alcun effetto sulle trattative commerciali in corso”, gli ha fatto eco Hasset, sottolineando che l’amministrazione ha molte opzioni a sua disposizione. Una di queste è quella di ricorrere alla ‘Section 232‘ per i dazi reciproci così da continuare ad aggirare il Congresso, che nella politica commerciale ha uno dei suoi maggiori compiti. Un’ipotesi poco papabile è quella di cercare di convincere il Congresso a varare i dazi: per l’amministrazione sarebbe un’impresa epocale e con poche possibilità di successo.

In attesa di capire cosa accadrà a livello legale e soprattutto quali potrebbero essere i tempi della giustizia americana, i maggiori partner commerciali statunitensi restano alla finestra di fronte – affermano diversi osservatori – a un Trump evidentemente indebolito proprio in uno dei pilastri della sua agenda economica, nonostante la decisione della corte d’appello. Le trattative con l‘Unione Europea e la Cina sono attese continuare ma è probabile che Pechino e Bruxelles si muovano con maggiore cautela, consapevoli della loro posizione di forza. A chiedere che gli Stati Uniti cancellino “tutti i dazi unilaterali impropri” è stata subito la Cina, contro la quale l’amministrazione Trump ha alzato i toni sospendendo l’export verso il Dragone di alcuni prodotti critici come i chip.

Guardano cauti al tira e molla giudiziario i mercati finanziari, convinti che il blocco sia una battuta d’arresto per Trump ma non la fine della guerra commerciale, come dimostrato dalla Corte d’Appello. Il timore è che al “caos” creato con le tariffe dell’amministrazione se ne aggiunga dell’altro legato alla possibile reazione di Trump e ai tempi e alle decisioni della giustizia, lasciando di fatto investitori e partner commerciali americani con il fiato sospeso.

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