Due nuove strategie low-cost e facilmente riproducibili permettono di rianimare o preservare dai processi di morte i cuori delle persone che hanno deciso di donare gli organi dopo il decesso. Le procedure, descritte in un paio di studi pubblicati sul New England Journal of Medicine (NEJM), potrebbero aumentare notevolmente la disponibilità di cuori per i trapianti, a cominciare da quelli pediatrici. . Due tipi di donazioni. Per lungo tempo la maggior parte dei cuori disponibili per i trapianti è arrivata da pazienti dichiarati in stato di morte cerebrale, con il cervello irreversibilmente danneggiato, mantenuti in vita da sistemi di supporto vitale che continuano ad offrire ossigeno agli organi (e a mantenere i cuori in salute fino al momento dell'espianto).
Tuttavia non ci sono abbastanza casi come questi per andare incontro alla domanda di cuori per i pazienti in pericolo di vita. Inoltre, grazie alle leggi sulla sicurezza stradale la morte cerebrale post traumatica si è progressivamente ridotta, e oggi i donatori che si trovano in questa condizione ci sono arrivati in seguito a eventi come ischemie o emorragie cerebrali. Solitamente, sono affetti da condizioni come diabete e ipertensione che potrebbero aver danneggiato la salute del cuore.. Per supplire alla mancanza di cuori per i trapianti, negli ultimi anni si è cominciata a vagliare la strada dei cuori di donatori in morte cardiaca, il cui cuore, cioè, abbia cessato di battere da almeno cinque minuti (in Italia questo tipo di donazione, detta a cuore fermo, può avvenire soltanto dopo che un medico abbia certificato la morte con un elettro-cardiogramma "piatto" da almeno 20 minuti consecutivi).. Dilemmi etici. Il tempo trascorso in assenza di ossigeno danneggia i delicati tessuti del cuore, e prima di poter usare i cuori da donatori in morte cardiaca per i trapianti è necessario o rianimarli fuori dal corpo, pompando al loro interno sangue ossigenato, o preservarli attraverso una perfusione di sangue mentre si trovano ancora all'interno del corpo del donatore. . La prima opzione è molto costosa e inadatta per i cuori di donatori che pesino meno di 40 kg, come bambini e neonati. La seconda solleva dilemmi etici che ruotano attorno all'essenza stessa della morte.
Secondo alcuni, riattivare il cuore mentre si trova ancora nel corpo potrebbe richiedere di rivedere la definizione di morte come cessazione irreversibile di tutte le funzioni biologiche che sostengono un organismo vivente; un'altra preoccupazione è che la procedura possa teoricamente ripristinare una piccola parte della circolazione sanguigna nel cervello, anche se i vasi sanguigni che vanno dal cuore al cervello vengono bloccati durante queste operazioni.. Più cuori per i bambini a rischio vita. Il primo sistema per aggirare questi problemi è stato ideato da Joseph Turek, cardiochirurgo pediatrico della Duke University di Durham (North Carolina) e permette di rianimare i cuori di donatori bambini e neonati al di fuori del corpo. Consiste nel pompare sangue ossigenato nei cuori attraverso un catetere attaccato all'aorta. Il sangue poi fuorisce in un serbatoio sospeso e passa a un ossgenatore.
La procedura, più semplice ed economica rispetto alle macchine di decine di migliaia di euro usate per i cuori adulti, si svolge sul tavolo operatorio e permette di vedere il cuore che inizia a rianimarsi prima che venga utilizzato per il trapianto.. Dopo averla testata su cuccioli di maiale, quest'anno è stata provata su un cuore di un neonato di un mese, rianimato e poi trapiantato in un neonato di tre mesi che ne aveva disperatamente bisogno. Dopo tre mesi dall'operazione l'organo continuava a funzionare normalmente senza segni di rigetto. La tecnica potrebbe aumentare di un centinaio di unità i cuori disponibili per trapianti pediatrici negli Stati Uniti, e la si potrebbe testare anche su cuori adulti.. Conservato a freddo. Nel secondo studio, i cardiochirurghi della Vanderbilt University Medical Center di Nashville, Tennessee hanno bloccato con una pinza l'aorta dei donatori a cuore fermo e riempito i cuori con un fluido freddo ossigenato protettivo che ha mantenuto gli organi in uno stato di relax, proteggendoli dal degrado senza riavviarli. Il liquido a base di sangue ossigenato e altri ingredienti ha ripristinato l'ossigenazione del cuore e contrastato quelle sostanze metaboliche che si accumulano durante i processi di morte e che deteriorano gli organi.. Anche se la procedura viola il dogma che impone di valutare un cuore prima di trapiantarlo, la soluzione ha fatto il suo dovere. Il team ha trapiantato con successo i cuori nei primi tre riceventi adulti che non hanno mostrato segni di rigetto nei primi sei mesi dall'operazione. Dalla fine dello studio i ricercatori hanno ripetuto la tecnica su una ventina di individui con esito positivo.. Entrambe le tecniche dovranno essere testate su numeri più consistenti di persone prima di poter entrare nella pratica clinica. Ma potrebbero rappresentare un'opportunità in più per i pazienti in attesa di un nuovo cuore..