Dual circulation, punizioni mirate e propaganda. Il playbook economico cinese
- Postato il 12 settembre 2025
- Esteri
- Di Formiche
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La Cina non ha mai codificato una dottrina ufficiale di deterrenza economica. Eppure, negli ultimi anni, Pechino ha assemblato un vero e proprio modello di resistenza e controffensiva, una combinazione di strumenti che le consente di assorbire pressioni esterne e di scoraggiare gli avversari dall’usare leve economiche contro di lei. A ricostruirne logiche e pilastri è un nuovo rapporto della Rand Corporation, che individua un mosaico di pratiche e narrative in grado di rafforzare il potere deterrente di Pechino e trasformare le interdipendenze globali in armi strategiche.
Cinque pilastri per resistere
Il report si regge su cinque pilastri.
Primo: rafforzare la resilienza economica interna, aumentando la produzione nazionale nei settori critici (energia, grano, semiconduttori) e diversificando asset e capacità produttive lontano dalle aree costiere vulnerabili.
Secondo: intrecciare relazioni con Paesi terzi (contratti energetici ventennali con fornitori di gas, joint venture tecnologiche, filiere globali) così da trasformare la dipendenza in deterrenza.
Terzo: disporre di una cassetta degli attrezzi pronta all’uso. Dalle tariffe alle restrizioni all’export, da attivare rapidamente contro chi colpisce Pechino.
Quarto: costruire credibilità, dimostrando di poter assorbire i contraccolpi economici senza cedere.
Quinto: preparare la popolazione, con una narrativa mediatica che insiste sulla capacità cinese di resistere a ogni “ricatto occidentale”.
La deterrenza per negazione
Nella logica della deterrenza “by denial”, la Cina lavora per ridurre al minimo i punti vulnerabili. La “dual circulation strategy” lanciata da Xi Jinping spinge sulla produzione domestica nei settori strategici pur mantenendo accesso a input esterni. Sussidi e incentivi statali alimentano cluster industriali di tecnologie emergenti, mentre programmi come “Thousand Talents” reclutano scienziati dall’estero per importare know-how. Tutto questo, spiega Rand, crea la percezione di un’economia capace di resistere a shock e attacchi esterni.
La deterrenza per entanglement
Il secondo pilastro è la deterrenza “by entanglement”, cioè la capacità di rendere costoso per gli altri imporre sanzioni a Pechino. Con le sue catene di fornitura globali, la Cina resta un hub imprescindibile: dalle terre rare ai componenti elettronici fino al ruolo di assemblatore finale. Tuttavia, osserva Rand, più che di “entanglement reciproco” si tratta di deterrenza per dipendenza: Pechino sceglie accuratamente le ritorsioni, colpendo settori non vitali per sé ma sensibili per l’avversario, come dimostra la recente disputa con Bruxelles sulle auto elettriche e il brandy europeo. È l’intreccio delle filiere globali e colpire Pechino significa colpire anche se stessi.
La capacità di risposta
La certezza della rappresaglia è il pilastro più visibile. La Cina ha usato restrizioni sulle terre rare contro Giappone nel 2010, salmone norvegese nel 2010, e più di recente contro gli Stati Uniti dopo l’escalation tariffaria del 2025. La rapidità con cui ha imposto export control su materie prime critiche mostra una prontezza codificata in policy. E qui la credibilità è decisiva. Ormai gli attori globali danno per scontato che, se provocata, Pechino reagirà con altre misure economiche.
L’opinione pubblica
Il fronte interno non è secondario. Media e think tank cinesi insistono su un messaggio: la Cina è più resiliente degli Stati Uniti e ogni guerra commerciale farà più male a Washington che a Pechino. È un lavoro di condizionamento che prepara la popolazione a sopportare costi, rafforza la narrativa di resistenza e aumenta il potere deterrente complessivo.
Comprendere il modello
La deterrenza economica non è fatta solo di strumenti materiali ma di credibilità, ed oggi diviene vera e propria dottrina di confronto. Pechino lavora per dimostrare, nel tempo, di avere sia i mezzi sia la volontà politica di usarli. La reputazione di un attore capace di incassare colpi e reagire è essa stessa un moltiplicatore deterrente. Lo spyware, l’energia, i semiconduttori, le terre rare. Tutto rientra in un’unica partita geopolitica in cui l’economia diventa leva di potere e strumento di guerra ibrida. Il playbook cinese mostra che la deterrenza economica non coincide con l’autarchia, ma con la capacità di ridurre le vulnerabilità, sfruttare le interdipendenze e garantire ritorsioni credibili.