Dove finisce l’asfalto inizia la libertà: il viaggio di Manfredi Roesler Franz
- Postato il 19 luglio 2025
- Di Panorama
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L’aggettivo che più si addice a Manfredi Roesler Franz @manfredi_rf, dopo solo pochissimi minuti di chiacchierata è “affamato di vita”. Se siete in viaggio per l’Italia, potreste imbattervi in un ragazzo che, accompagnato dal suo fedele Van Mistral, proprio come il vento libero, sta seguendo il suo sogno in giro per la penisola. La sua personalità è spericolata, ma rispettosa della natura, i suoi video spettacolari, la sua vita nulla da invidiare alla trama di un film hollywoodiano. Nasce e cresce a Roma, studia alla Sapienza data science (l’intelligenza artificiale applicata al mondo dei dati) – il che dimostra un cervello non di certo indifferente, studia sei mesi alla New York University. Nel 2019 si trasferisce a Milano e da lì qualcosa inizia a cambiare. Dopo il primo anno di aperitivi, feste e locali, nascono i primi dubbi. Rimpiazza la vita mondana con i viaggi in montagna, ma questo lo può fare solo nei weekend, il resto della settimana rimane dedicato ai ritmi sfiancanti e serrati del lavoro.
“Nella società in cui lavoravo guadagnavo molto bene, l’azienda mi pagava la casa in centro a Milano, avevo uno stato di comfort molto elevato, anche se io la chiamo la “gabbia di comfort”, una prigione dorata da cui era difficile uscire. Ho sempre amato gli sport, la vita outdoor e il video making, ma riuscivo a concedermeli solo due giorni su sette: gli altri cinque semplicemente, esistevo. Volevo “vivere” tutti i giorni. Ho ripreso a studiare video editing (il mio amore fin da piccolo) per sfruttare questa mia passione e farla diventare un lavoro”.
Poi quell’incidente, forse meglio chiamarlo “episodio decisivo”, in cui ti sei aggrappato furiosamente (in tutti sensi) alla vita.
“Mentre stavo scalando una montagna, in una giornata decisamente poco auspicabile, sono scivolato, rimanendo appeso solo con il bastone della mia go pro (che provvidenzialmente, quel giorno, era in carbonio) che ero riuscito a infilzare nel ghiaccio. in più, mi si era sfilato un guanto e iniziavo a non percepire più le dita. Fortunatamente è prevalso l’istinto di sopravvivenza e sono riuscito a risalire.”
“Una volta salito e scampato il pericolo, sono stato minuti interi a fissare il vuoto e a pensare come la vita possa cambiare davvero da un momento all’altro. l’idea di non voler morire infelice, senza perlomeno averci provato, si era fatta concreta e da lì mi è scattato qualcosa che non saprei nemmeno definire. Quella sera stessa ho chiamato i miei genitori dicendogli che li avrei dovuti informare su una decisione molto importante: “Appena prendo la quattordicesima, me ne vado, lascio il lavoro e cambio vita”.
Loro come hanno reagito?
“Malissimo! Hanno provato a convincermi in tutti i modo, suggerendomi piuttosto di prendere un’aspettativa, di non fare subito un passo così avventato. Ma era talmente forte la mia voglia di staccare che non volevo nemmeno un legame a livello mentale, un legame che avrebbe solo ritardato il taglio netto.”
Avevi già l’idea del Van?
“In realtà la prima idea era quella di prendere uno zaino e partire, girare il mondo, ma per inseguire le mie passioni, portarmi dietro le attrezzature (quelle per realizzare i video, così come quelle per scalare le montagne per esempio) era fondamentale. Ho capito che mi sarebbe servita una casa mobile e ho iniziato a cercare van usati. La cosa che mi ha regalato un sorriso, ma soprattutto una forte emozione, è che è stato proprio mio padre, una mattina di fine luglio, a mandarmi un messaggio con un annuncio di un van usato in vendita. Avevo trovato Mistral! Nel giro di qualche giorno, sono andato a ritirarlo e ho comunicando all’azienda, la mia intenzione di dimettermi”.
Azienda che però , pur di non perderti, ti ha proposto di lavorare per un anno da remoto.
“Ho preso la palla al balzo: lavoravo da dove mi pareva, guadagnando. Semplicemente dormivo poco: i ritmi lavorativi continuavano a mantenersi gli stessi, e per avere tempo da dedicare alla vita che mi ero prefissato, lo rubavo al sonno.
Sono partito il 7 agosto 2023 senza neanche sapere dove stessi andando. Ho preso il van e sono partito. Mi sono diretto verso le Dolomiti, poi nei Balcani. Giravo a caso, per me quello che contava era solamente la voglia di viaggiare e di sentirmi libero. Poi ho iniziato a strutturare meglio il viaggio. La mia prima idea era quella di girare l’Europa, ma poi, più vedevo l’Italia, più mi accorgevo di quanto fosse meravigliosa, poterla poi visitare fuori stagione, la rendeva ancora più allettante. Dopo sei mesi dal viaggio, le aziende e gli enti del turismo hanno iniziato a interessarsi, facendo subentrare nuovi lavori. Ad agosto del 2024 mi sono ufficialmente licenziato, non senza qualche dubbio di non aver fatto la scelta giusta”.
Com’è vivere in van? Devi rinunciare a tante comodità.
“È una vita comunque fatta di sacrifici; una vita che regala molto, ma al tempo stesso, toglie altrettanto. La coperta è corta, bisogna scegliere. È un’esperienza che ha parecchio da insegnare: in primis, ad adattarti. Io prima vivevo in un comodissimo appartamento in centro, con un armadio pieno di vestiti. Ho capito che per essere felice, mi bastavano cinque magliette e tre paia di pantaloni. Ho regalato tutto. Il van ti insegna a vivere con l’essenziale: oggi sono dell’idea che meno cose si hanno, meglio si sta. Riesco a dedicare il tempo solo a ciò che mi fa stare bene”.
D’estate la vita in van può essere affascinante… ma d’inverno?
“In inverno è durissima! Il primo inverno l’ho trascorso sulle Dolomiti a – 20 gradi. È durissima perché hai a che fare con tubi congelati, banalmente non trovi l’acqua perché tutte le fontanelle sono gelate. E poi le bombole del gas! Ogni tanto mi finiva il gas di notte. Una volta mi sono svegliato alle due di notte con la temperatura dentro il van che era scesa a -15 gradi! In inverno devi sempre tenere il riscaldamento acceso per non far congelare i tubi: di conseguenza consumi tantissimo. Ogni tre giorni devi andare in un centro abitato a fare rifornimento di bombole! Il secondo inverno, memore degli insegnamenti del primo, sono partito da Roma per svernare alle Canarie, godendomi tre mesi di spiagge spagnole!”
Hai mai voluto ritornare sui tuoi passi?
“È molto difficile tornare indietro. La prima fase che si attraversa è quella dell’entusiasmo, per poi attraversarne una molto difficile di solitudine: ti devi confrontare con te stesso, tutti i giorni. Dopo due mesi dalla partenza sono entrato in crisi, un crollo proprio per la solitudine. Poi capisci che il corpo umano si adatta, che puoi stare bene anche così. E la solitudine diventa un pericolo perché quando ti abitui a stare da solo, fai fatica a condividere”.
Anche se con il tuo carattere estroverso conosci persone ovunque tu vada…
“Dipende molto dalla località. Quando ho fatto due mesi sulle Dolomiti d’inverno, aprivo la porta la mattina e intorno a me c’erano solo camosci! Io poi mi sposto tanto: non sono mai stato per più di tre giorni nello stesso posto e questo implica maggior difficoltà nel conoscere e costruire relazioni amicali di qualsiasi tipo”.
Mai più di tre giorni nello stesso posto?
“È il mio carattere. Quando vedo e gusto un posto, ho il desiderio di scoprire cosa c’è dopo. È la curiosità che mi smuove. Questo in un certo senso un po’ mi preoccupa: se continuo così non mi fermerò mai!”
Cosa ti fa compagnia?
“Leggo, lavoro, ho tantissimi contenuti da creare. E ho tanto tempo semplicemente per ascoltare, per ascoltare la natura o il suono della pioggia. Siamo io e lei.”
Ci sono state situazioni spiacevoli?
“Quando viaggi in van, c’è il tema sicurezza: non ho mai avuto problemi o situazioni in cui non mi sono sentito al sicuro. C’è stato purtroppo solo un episodio spiacevole, in Sicilia. Mi ero allontanato una decina di minuti dal van per andare a fare un tuffo. In quel pochissimo tempo, me l’hanno aperto, rubandomi tutto quello che c’era dentro. Era novembre 2023, solo tre mesi dopo che era iniziata la mia avventura. Sono stato fermo un mese e poi sono ripartito. Questo è stato il momento più triste e più buio. L’aspetto più vulnerabile.”
E la cosa più bella, a parte la libertà?
“La possibilità di staccarsi dall’ansia del futuro. Ricordo che quando lavoravo in azienda, non dormivo, mi rotolavo nel letto con mille pensieri. Oggi appoggio la testa sul cuscino e in un secondo mi addormento. Sono estremamente sereno. Poi, chiaramente, ho sacrificato tutto: la carriera, il non veder crescere i miei nipoti, gli affetti, aspetti che spesso la gente sottovaluta.”
Quest’avventura è diventata anche un libro “Lascio tutto e riparto da me”.
“Nel libro racconto il processo che mi ha portato fino a qui. La parte importante di questo percorso è che si immagina che una persona possa cambiare vita da un giorno all’altro. Che da un giorno all’altro si dica: mollo tutto, parto e me ne vado! In realtà non funziona così: per cambiare vita serve una consapevolezza. Il mio è stato un processo durato anni, mi sono creato una sorta di piano B, e poi mi sono buttato. Se lo si vuole si può cambiare vita, anche prendendo scelte anticonvenzionali, ma non da un giorno all’altro. Fondamentale, poi, il fattore guadagno. Io sono riuscito a trasformare la mia passione nel mio lavoro.”
Questo è quello che vuoi fare da grande?
“Ecco, questa è una domanda difficile, perché io, dal giorno in cui ho avuto l’incidente, ho smesso di pensare al domani. Per me quello che conta è oggi, domani boh, si vedrà. So solo che tra qualche mese inizierò a girare l’Europa, cercando situazioni di “disconfort”. Mi piace sguazzare nella zona di scomodità!”
Il 12 giugno 2005, all’Università di Stanford, Steve Jobs recitava in un memorabile discorso: “la Morte è la migliore invenzione della Vita, ne è il suo agente di cambio: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo”.
Manfredi sembra proprio aver sposato a pieno questa filosofia, e se vogliamo scomodare ancora il visionario americano, curiosando nella vita di questo ragazzo romano fino a oggi, si percepiscono chiaramente quei puntini, uniti a ritroso, uno dopo l’altro, che hanno trasformato la sua vita in qualcosa a cui probabilmente (le innate passioni per il videomaking, la montagna, la vita all’aria aperta), era già predestinato.