Dopo tre ore e mezza in piazza... Capezzone svela la farsa della sinistra: un disastro a Roma

  • Postato il 16 marzo 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Dopo tre ore e mezza in piazza... Capezzone svela la farsa della sinistra: un disastro a Roma

È Michele Serra in persona (autòs, ipse, proprio lui) a sostenere che la piazza eurolirica abbia più domande da porre che risposte da fornire. E allora anche noi abbiamo un quesito semplice semplice per i compagni progressisti: «E quindi?». Vi siete radunati in piazza, ci avete inflitto tre ore e mezzo di pensierini, siete arrivati e ve ne siete andati divisi su ogni questione decisiva, e - dopo la manifestazione - tutto, in Italia e nel mondo, rimane esattamente uguale a prima. Ripetiamolo ancora: «E quindi?».

Ma procediamo in ordine cronologico ricostruendo la giornata e partendo dalla più illustre dei non intervenuti dal palco nel pomeriggio di ieri: e cioè Elly Schlein. Si sa, l'attesa di Elly è essa stessa Elly. Prima che lei parli, non puoi sapere quale appiccicosa banalità – sempre politicamente bambina, non realistica, in direzione errata – ti verrà inflitta. Ma accadrà. E accadrà secondo il celebre “algoritmo Schlein”: metà delle cose che dice non si capisce, l'altra metà è sbagliata.

INCOMPRENSIBILE
E infatti ieri mattina in una conferenza è arrivata prima la parte incomprensibile e poi quella perniciosa. La parte oscura: «Noi vogliamo un'Europa più unita che sia in grado di reagire insieme e anzi di anticipare la politica commerciale di Trump. Come? Beh, quelle cose che abbiamo chiesto in queste settimane e che torniamo a chiedere tra poco, credo insieme, anche nella bella Piazza del popolo che si riunirà a partire dalle tre». Direte voi: ma Elly, non si capisce niente così. Per favore, dicci in chiaro almeno la parte sbagliata. E lei non delude: «Chiediamo finalmente un salto in avanti di integrazione europea verso un'Europa politica, chiediamo finalmente di andare verso un'Europa federale». Eccola là: ci vuole più Europa. Ma se non ha funzionato?

E allora datecene di più. È sull'onda di questa logica al contrario (Aristotele, scansati) che ci si avvicina all'appuntamento della piazza. Comunque il Pd è sempre il Pd. Prima di cominciare è già diviso in due convegni: uno di Paola De Micheli, e uno in cui l'arrembante Pina Picierno scalda i motori contro la Schlein. Sempre pre-piazza sparano due colpi anche Calenda e Gentiloni. Il primo, prevedendo di essere circondato dai russi tipo gli ucraini nel Kursk, grida: «Azione non lascerà la piazza ai pacifinti». Il secondo fa professione di entusiasmo: «La piazza mi riempie di gioia, grazie a Serra e forse grazie anche a Trump».

Intanto il primo lancio di pesci in faccia è per Nicola Zingaretti. Neanche il tempo di entrare in piazza e già un signore con spilletta ucraina gli fa: «Perché vi siete astenuti, che vuol dire? Così non si è né carne né pesce. Dovevate votare sì!». E Zingaretti, ansioso di scrollarsi di dosso un elettore, lo liquida: «Continuate così, a promuovere divisioni...».

Alle 15 comunque è tutto pronto. In attesa di Michele Serra, parte il coro Bella, ciao. Così, a cazzo (direbbero a Oxford), senza un perché. A seguire, l'incolpevole quanto inevitabile Beethoven dell'Inno alla gioia. I cartelli e gli striscioni sono da mani nei capelli: «Student* per un'altra Europa», con asterisco e senza plurale maschile patriarcale. «Europa ascolta, Serra le fila». C'è anche una gigantografia di Trump con tanto di dollari in bocca. Alé, direbbe Floris.

 

In avvio, è il volpone Serra che prova a fare il federatore di tutto e il contrario di tutto, tendenza-Guerini e tendenza-Boldrini, Boschi & Bindi, elmetti e scolapasta: «Siamo in tanti perché siamo un popolo. E siamo diversi ma insieme. (...) Non abbiamo risposte ma solo domande». E allora come si sta uniti? Elementare, Watson. Ci vuole un nemico, la Bestia Arancione: chi sta con il trumpismo pensa che «la sola bandiera che resta da sventolare sia la carta di credito. Quella è la bandiera di Trump e del suo governo di miliardari. (...) Poveri loro, che con tutti quei quattrini non possono comperare niente che non sia altri quattrini». Serra è sempre Serra: loro sono più buoni, più intelligenti, più colti. E gli altri?

Tutti stronzi e disumani.Intanto, i vecchi tartarugoni del Pd simulano militanza. Franceschini cerca un bandierone europeo da sventolare, e chiede dove trovarlo. Delrio gli fa: «Laggiù c'è Ernesto Maria Ruffini, ne ha portate 150 e le sta distribuendo». Chissà se in omaggio consegna anche una cartella dell'Agenzia delle Entrate. Nel frattempo c'è il comizietto di Bisio, che fa più piangere che ridere: «Lo faccio per i figli». Poi spiega che ci vuole politica estera unica e politica fiscale unica. Tutto unico, lui non lo sa ma vuole il Super-Stato, o forse direttamente l'Urss. Applausi e commozione.

 

LATTE ALLE GINOCCHIA
La scaletta – con rispetto parlando – fa venire il latte alle ginocchia: più Lagna Continua che Lotta Continua (micidiale il sindaco Gualtieri: «Popolari e non populisti»). Intanto arriva Elly vestita di blu elettrico con la bandiera Ue al collo. Ah sì? Devono averlo saputo quelli di Potere al Popolo che a Piazza Barberini, in contemporanea, a distanza di 500 metri in linea d'aria, bruciano tre vessilli europei. «Contro la piazza bellicista ed europeista voluta da Michele Serra», urlano prima di appiccare il fuoco. Chissà se Elly porterà anche loro nella coalizione. Comunque qualcuno la incoraggia: «Vai avanti Elly, non ti fermare». Servirebbe solo sapere dove andare, ma non è il giorno per questi dettagli.

Ci sono anche Angelo Bonelli (con coccarda arcobaleno) e Nicola Fratoianni (senza Tesla, ma con la bandiera della pace). Intanto la sequenza degli interventi taglierebbe le gambe a chiunque. Vanità e vacuità assortite. Per Corrado Augias l'Europa ha già dato grandi prove e «questa piazza è una nuova Ventotene», Fabrizio Bentivoglio si definisce «un lavoratore dello spettacolo» e legge Pericle (che per ovvie ragioni non può difendersi). Francesca Vecchioni ce l'ha con Trumpone, il padre Roberto si autodefinisce sobriamente «il genio»: per lui «la destra ha un solo scopo: dominare e schiacciare». Gianrico Carofiglio non vuole dire l'età: prima gli sfugge «64 anni», poi si affretta a correggere «63». Il solito Antonio Scurati, di nero vestito, fa la sua tiratina antifascista e antitrumpista, e poi già si porta avanti col lavoro pensando al 25 aprile. Jovanotti ci fa sapere (scoop!) che nella Nona di Beethoven l'Inno alla gioia arriva tardi, mica subito. Intercambiabili e lagnosi la ragazza delle Acli, Corrado Formigli, Andrea Riccardi per Sant'Egidio, Maurizio De Giovanni, Elena Cattaneo, Lella Costa («Noi siamo per l'allegria e la grazia»), Benedetta Tobagi («Siamo un esperimento audace, una specie di unicorno»).

Finisce così, con la piazza che si svuota e un Vecchioni più inesorabile di una scadenza Iva che torna sul palco per cantare. Chissà che vignetta celebrativa disegnerà Altan per Repubblica: se volesse davvero graffiare, potrebbe riproporre un suo grande classico, un disegno con l'ombrello che rischia di infilarsi dove non dovrebbe. No, stavolta no. Ieri l'ombrello apparentemente non c'era. O forse c'era – invisibile – per tutti i partecipanti, che però non se sono accorti. Si sa, i compagni si accorgono delle cose sempre un po' in ritardo.

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Libero Quotidiano

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