Dopo carrozzine e scarpe ortopediche lo Stato non passa più nemmeno i tutori: fino a 1.200 euro a carico delle famiglie

  • Postato il 7 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Lo Stato italiano non passa più neanche i tutori di serie finora erogati gratis dal Servizio Sanitario Nazionale. Le persone con disabilità devono pagarsi non solo le sostituzioni o le riparazioni per gli ausili delle carrozzine elettriche e le scarpe ortopediche di serie ma anche alcune tipologie di tutori, come ad esempio quelli in fibra di carbonio che sono tra i più cari e penalizzano tantissimo l’utenza. Un altro capitolo si aggiunge ai disagi finora riscontrati su tutto il territorio nazionale con l’aggiornamento del Nomenclatore Tariffario che ha provocato l’esclusione della fornitura da parte delle Asl a titolo gratuito di alcuni dispositivi e protesi.

A denunciare al Fatto.it l’eliminazione dai Livelli essenziali di assistenza dei tutori in fibra di carbonio, dispositivi innovativi e facilmente utilizzabili, è Emiliano Conte, dirigente dell’associazione nazionale ACMT-Rete che tutela le persone con Charcot-Marie-Toot (CMT). In Italia vivono circa 23mila persone con questa patologia rara del sistema nervoso periferico, ereditaria e al momento senza una cura, che colpisce soprattutto gli arti inferiori. Ilfattoquotidiano.it ha raccontato nelle sue inchieste diverse testimonianze di persone con disabilità pesantemente colpite dai costi interamente a carico loro.

“Il problema si estende ad alcune tipologie di tutori in fibra di carbonio, oramai utilizzati da tantissimi di noi, che vengono considerati appunto “di serie”, perché non modellabili dal tecnico ortopedico e quindi esclusi dal Nomenclatore”, dice Conte, 48enne della provincia di Treviso e con CMT. Questo è esattamente il suo caso. “Da almeno 10 anni, utilizzo un modello di tutori gamba/piede, in fibra di carbonio, senza i quali non riuscirei nemmeno ad alzare le scarpe, quindi ad essere autonomo nella mia vita quotidiana”, precisa. E aggiunge che si tratta di “tutori che finora mi ha sempre passato lo Stato e che potrei trovarmi a pagare circa 600 euro l’uno, una cifra non da poco, considerando che sono indispensabili per me e che sono costretto a cambiare almeno una volta all’anno”.

Come hai saputo di dover pagare la tua ortesi, in questo caso il tutore in fibra di carbonio?
Tramite segnalazioni di alcuni soci provenienti da diverse regioni d’Italia, informati dal fisiatra che ha prescritto l’ausilio o dall’officina ortopedica. Come associazione di pazienti, eravamo a conoscenza dell’entrata in vigore del nuovo nomenclatore, ma non siamo mai stati coinvolti nella sua ridefinizione, né informati sul contenuto del testo prima della sua approvazione e della successiva applicazione.

Come ACMT-Rete, quante segnalazioni di casi del genere (ortesi a pagamento da parte dell’utente) avete riscontrato su tutto il territorio nazionale?
Le prime segnalazioni da parte dei soci sono arrivate già dal mese di febbraio, in merito alla manutenzione delle carrozzine e alla fornitura di calzature ortopediche predisposte. Inizialmente, parliamo di una ventina di casi sul territorio nazionale. Tendenza che è andata ad aumentare nei mesi successivi, considerando l’estensione delle problematiche ad alcune tipologie di tutori, in particolare di quelli in fibra di carbonio.

Finora i LEA garantivano la fornitura gratuita delle ortesi. Cosa cambia con l’aggiornamento del Nomenclatore Tariffario?
Di fatto, la normativa vigente lascia adito ad interpretazioni e crea confusione. Diverse Regioni indicono gare d’appalto per la fornitura delle ortesi. In alcune, è richiesta una integrazione del costo a carico del paziente, in altre il pagamento totale del tutore. Ciò comporta un costo differente sul territorio nazionale per la stessa ortesi, creando disparità di trattamento tra i pazienti affetti dalla stessa patologia.

Facciamo qualche esempio di tutore diventato a pagamento?
Questo è quanto riferito ad un paziente, a cui è stato fatto pagare l’intero importo del tutore: modelli più flessibili, che possono essere in qualche modo riadattati sulla persona dal tecnico ortopedico, riescono a passare come “su misura” e ad essere rimborsati dal SSN. Altri, più rigidi e non modificabili, come quelli in fibra di carbonio, vengono considerati “di serie” e quindi non rimborsabili, anche se “clinicamente più appropriati”.

Che tipo di persone con disabilità vengono colpite da queste problematiche?
Oltre alle persone con CMT, il problema coinvolge chiunque abbia difficoltà a sollevare il piede o ad articolare piede e caviglia, a causa di altre patologie o di lesioni di natura traumatica.

Che impatto si sta creando?
Immaginate di non avere la forza necessaria a sollevare un paio di scarpe comuni e di dover uscire di casa, per andare a lavorare, a fare la spesa o semplicemente a trovare un amico… voi cosa fareste? Non avere il supporto di ortesi e scarpe adatte può fare la differenza su scelte come uscire o meno di casa, per andare a lavorare, a fare la spesa o semplicemente a trovare un amico, limitando ulteriormente le nostre possibilità.

Cosa comporta questo disagio per chi necessita dell’utilizzo dei tutori in fibra di carbonio?
L’impatto non riguarda solo la qualità della vita, ma anche la gestione economica familiare. In diverse regioni, il tariffario prevede una spesa di circa 590€ a tutore (1.180€ la coppia). Essendo la CMT una malattia ereditaria, all’interno di un nucleo familiare potrebbero esserci un genitore e più figli affetti. Parliamo di cifre importanti, tenuto conto che i tutori tendono a cedere nel tempo, prendendo di efficacia, o a rompersi, se troppo sollecitati.

Cosa chiedete alle istituzioni?
La riforma del nomenclatore, pur nata con l’intento di favorire una presa in carico “su misura” della persona con disabilità, di fatto non garantisce a tutti un accesso equo a ausili che consentono di condurre una vita dignitosa. La normativa è poco chiara e la sua applicazione a livello territoriale risulta, ad oggi, inadeguata. ACMT-Rete auspica un maggior impegno da parte delle istituzioni nel garantire uniformità di trattamento su tutto il territorio italiano e, soprattutto, nel coinvolgere le associazioni di malati rari nei processi decisionali, che comportano effetti diretti sulle persone che rappresentano.

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