Dopo Bergoglio, la difficile scelta dello Spirito Santo, italiano, filippino o … non si sa

  • Postato il 23 aprile 2025
  • Politica
  • Di Blitz
  • 3 Visualizzazioni

Quando Jorge Bergoglio è succeduto dopo sole cinque votazioni a Ratzinger sulla cattedra di Pietro, dopo le clamorose dimissioni di Benedetto XVI, è incominciata nella Chiesa cattolica una rivoluzione necessaria.

Dopo un Papa teologo, probabilmente uno dei più grandi teologi del Novecento e un Papa travolgente nella sua missione mondiale, con significati anche politici epocali, come Wojtila, la Chiesa aveva un bisogno fondamentale: farsi ascoltare da un mondo in evoluzione religiosa galoppante, in profonda secolarizzazione soprattutto in Occidente e nel Nord del pianeta, dove la sua voce era attutita.

Ratzinger aveva “sistemato” delicate questioni teologiche, Wojtila impresso una visione diversa del rapporto tra la politica e la religione, imponendo il suo ruolo là dove stava cadendo, anche per merito suo la Cortina di Ferro, dietro la quale molti cardinali e anche molti preti erano ancora perseguitati. In nome di ideologie ancora forti come il comunismo di Mosca.

Il ruolo di Bergoglio

Papa bergoglio apre la Porta Santa dal carcere romano di Rebibbia
Dopo Bergoglio, la difficile scelta dello Spirito Santo, italiano, filippino o … non si sa (nella foto Ansa Papa Francesco apre la Porta Santa dal carcere romano di Rebibbia) – Blitz Quotidiano

Il ruolo di Bergoglio era, dunque di trovare un linguaggio nuovo che arrivasse ovunque, che fosse comprensibile non solo per chi studiava la dottrina o misurava i confronti ideologici dal Vaticano.

Ecco allora la sua misura semplice, i suoi iniziali atti “rivoluzionari” di non abitare nella magnificenza del Vaticano, ma nel collegio di Santa Marta, di uscire a comprarsi gli occhiali da solo, di usare le sue scarpe ortopediche e non le pantofole damascate della pompa magna liturgica.

Piccoli segni, ai quali sono seguiti quelli grandi di un’azione missionaria più profonda tra la gente, nelle periferie, chiamate così in senso lato.

Ecco allora la rivoluzione nella struttura di vertice del potere vaticano, che era una catena di montaggio di un sistema che portava la Chiesa a chiudersi nei suoi riti e nelle sue celebrazioni (e anche nel suo potere terreno), escludendosi dal resto sempre di più.

Sostituita, quella catena, dagli otto cardinali fedeli al nuovo Pontefice, capaci in qualche modo di ridurre l’azione del segretario di Stato. Di quello che era stato con Benedetto Tarcisio Bertone e con Giovanni Paolo II Sodano.

I nuovi cardinali

Ecco nel corso degli anni la scelta dei cardinali in ogni angolo del mondo e non più solo in Italia e in Occidente, privando della berretta cardinalizia anche la nostra Genova per la prima volta nella Storia. Una “diminutio”, una decapitazione di potere?

No una visione più larga del compito della Chiesa nelle grandi mutazioni geopolitiche, dove era necessario far sentire la presenza come una luce che si accendesse dove era buio.

E allora ecco ancora i cardinali nominati nella foresta amazzonica, nelle ultraperiferie asiatiche , nell’ Africa, Continente evangelicamente esplosivo, ma sempre un po’ lasciato a sè stante. Francesco ha nominato quasi duecento cardinali e solo una ristretta minoranza arrivano da quello che era l’epicentro del cattolicesimo, l’Italia, l’Europa, Roma caput mundi.

Ha escluso diocesi “capitali” come Milano, come il patriarcato di Venezia, dove siede, tra l’altro, un genovese Francesco Moraglia, nato nel quartiere di Castelletto.

Come Torino,come Milano dove c’era stato Carlo Maria Martini e dove ora c’è Delpini, semplice vescovo nella diocesi più grande del mondo per territorio.

Ma attenzione, bisogna sgombrare il terreno da un equivoco: Francesco ha scelto non solo progressisti, ma anche conservatori.

Il suo cammino è stato per molti aspetti equivocato sia da un mondo dove era facile leggerne un aspetto politico “di sinistra”, perchè più aperto ai poveri, alle sterminate popolazioni in sofferenza, alla gente marginalizzata da un capitalismo finanziario dirompente, anche dopo la crisi del 2008, tanto che il papa è diventato uno dei leader più apprezzati proprio su quei versanti.

Ma la Chiesa non ha mai fatto questi calcoli di schieramento che si sfornano molto restrittivamente soprattutto in Italia. La Chiesa deve avere un altro respiro e lo ha. E più facile semplificarne la lettura in politichese, come stanno facendo in queste ore tanti commentatori, spesso totalmente improvvisati.

Questo respiro più largo lo si è misurato soprattutto nelle quattro Encicliche che Francesco ha scritto, a incominciare da “Fratelli tutti”, e anche “Laudato si” e fatto diventare delle bandiere, fino all’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, il cui titolo spiega tutto: la gioia da cercare nelle pagine del Vangelo…..

E questo respiro di ricerca di un coinvolgimento della base cattolica è arrivato al massimo con il lancio del Sinodo, appena concluso e forse un po’ deludente, ma sempre nel segno di una ricerca di grande ascolto.

“Sentire la base” si tradurrebbe, usando quel politichese. Ascoltando le diverse anime di una Chiesa maturata diversamente, dalle foreste dell’Amazzonia, alla terra di Martin Lutero, agli Usa conservatori, all’Africa ribollente, all’Asia delle grandi promesse di evangelizzazione.

Mentre scoppiavano gli scandali della pedofilia, soprattutto nella Chiesa stessa, colpendo perfino vescovi e cardinali (e Francesco si inginocchiava a chiedere perdono).

Mentre la secolarizzazione divorava la pratica religiosa in interi paesi con la caduta delle vocazioni, la ricerca di soluzioni drastiche nella Chiesa stessa con tentativi anche di Scisma, come da parte dei cardinali tedesca Marx e Mueller, che volevano le donne prete e i preti sposati e Roma rispondeva di no.

Francesco ha continuato nella sua strada di una rivoluzione che tenesse insieme, però, i pilastri, del dogma della religione. In un processo già incominciato con Paolo VI e continuato a strappi….E allora lo chiamavano conservatore questo gesuita argentino perché Roma diceva “no”.

Passaggi difficilissimi, come quello della benedizione della coppia gay, prima concessa, poi aggiustata con un rito ultra abbreviato.

Ecco perchè oggi è difficile immaginare una successione, con un collegio cardinalizio scelto prevalentemente con la “politica” di Francesco, ma con una parte della Chiesa, in particolare i conservatori americani del Nord, chiusi nella loro tradizione e la Curia romana, accantonata dalle riforme, che vuole rialzare la testa. Con gli “equilibratori” a cui piacerebbe il segretario di Stato Parolin o i “dialoganti” tra religioni, che amano Pizzaballa , il cardinale di Gerusalemme, con i rivoluzionari a oltranza cui piacerebbe il filippino Tecle.

Con le grandi forze della solidarietà italiana, come sant’Egidio, che sognano Matteo Zuppi, cardinale di Bologna e presidente della Cei,inviato come mediatore nelle guerre del mondo.

Sarà uno dei Conclavi più difficili della Storia, con due guerre in corso e il mondo rovesciato, anche se poi tutto viene smentito, perchè, come insegna il Catechismo, interviene nella Cappella Sistina, insieme ai 185 cardinali, riuniti intorno alle urne, pronti a far palpitare al mondo con le fumate nere o bianche, lo Spirito Santo.

L'articolo Dopo Bergoglio, la difficile scelta dello Spirito Santo, italiano, filippino o … non si sa proviene da Blitz quotidiano.

Autore
Blitz

Potrebbero anche piacerti