Donne d’Impresa: Nadia Zenato, come trasformare la passione per il vino in cultura e visione internazionale
- Postato il 28 settembre 2025
- Aziende
- Di Blitz
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Donne d’Impresa: Nadia Zenato, come trasformare la passione per il vino in cultura, eleganza e visione internazionale.
Nadia Zenato, donna eclettica e appassionata, cresciuta in una famiglia che ha fatto del vino una vocazione profonda e del territorio un valore da custodire. Figlia di un padre visionario, innamorato della sua azienda e della sua terra, Nadia ha raccolto il testimone con determinazione, portando l’Azienda Zenato a essere riconosciuta oggi in oltre 65 Paesi del mondo.
L’azienda, radicata nel cuore del Lago di Garda, è simbolo sia nel Lugana, dove i bianchi esprimono finezza e longevità, sia in Valpolicella, con grandi rossi come l’Amarone, che rappresentano l’anima più intensa e profonda della produzione.
Parallelamente, Nadia ha dato vita con sua madre Carla a un progetto più recente, Sansonina, un’etichetta dallo spirito contemporaneo e femminile, dove spicca un Merlot in purezza coltivato in una terra storicamente vocata ai bianchi. Una scommessa vinta con grazia e intelligenza, che affianca la produzione tradizionale senza mai sovrapporsi ad essa.
Tra le sue iniziative più significative c’è Zenato Academy, che unisce due mondi solo apparentemente distanti: l’arte contemporanea e la cultura del vino. La Academy, nata nel 2018 e che presto sarà operativa come Fondazione, è un luogo di riflessione, sperimentazione e produzione culturale che promuove la ricerca artistica, in particolare attraverso il linguaggio della fotografia, sostenendo giovani talenti in un dialogo permanente tra creatività, identità e territorio.
Nadia Zenato ha anche fondato il brand Nadia ZenatoJewelry, dove design e ispirazione enologica si incontrano. Ogni gioiello racconta una storia, un legame con il vino, un’idea di stile squisitamente Made in Italy.
È vero che la sua Fondazione diventerà un laboratorio permanente di giovani artisti contemporanei?
“Sì, è proprio questa la visione che anima il progetto della Fondazione: diventare un laboratorio permanente dedicato ai linguaggi dell’arte contemporanea, con un focus particolare sulla fotografia come mezzo espressivo, critico e poetico.
L’arte, per me, non è mai solo decorazione o contemplazione: è un modo di interrogare la realtà, di abitarla in profondità. Credo nel potere della creatività come strumento per costruire consapevolezza, generare connessioni, stimolare domande.
Per questo voglio che la Fondazione non sia un semplice contenitore culturale, ma un luogo dinamico, vivo, capace di accogliere giovani artisti in residenza, offrire spazi di confronto, percorsi di formazione, progetti condivisi.
Mi affascina l’idea che l’arte possa dialogare con il vino, con il paesaggio, con la memoria del territorio. È un dialogo che non ha bisogno di forzature: sono mondi che si alimentanoreciprocamente, perché entrambi nascono da un gesto creativo, da una visione, da un’intuizione che diventa forma.
La Fondazione deve essere un luogo aperto, accessibile, in cui chi crea e chi osserva possa incontrarsi in una dimensione autentica, priva di sovrastrutture. Un laboratorio nel senso più alto del termine: fatto di ricerca, tentativi, errori, slanci e visioni.
È un sogno che porto nel cuore da tempo, e che oggi sento possaprendere una forma strutturata. Con la pazienza che richiedono le cose belle e durature, stiamo lavorando passo dopo passo per costruire le fondamenta di questo spazio.
Uno spazio che sappia restituire valore al territorio, alla comunità e, soprattutto, ai giovani che cercano un luogo dove esprimere ciò che sono.
Lei, sua mamma e suo fratello, uniti in un’azienda che premia un territorio così speciale. Resterà sempre un’azienda di famiglia?
“La dimensione familiare ha caratterizzato da sempre la nostra azienda, non solo per motivi affettivi ma anche come garanzia di radicamento nel territorio, continuità aziendale e coerenza nei valori fondanti. Mia madre, con la sua discrezione e la sua forza, è stata e continua a essere una presenza fondamentale, non solo nella nostra vita ma anche nello spirito dell’azienda.
Oggi stiamo attraversando una fase di trasformazione, come è naturale accada nelle imprese vive e in continuo divenire. Il mio impegno è quello di custodire ciò che conta davvero: il legame profondo con la nostra terra, la cultura del vino inteso come espressione identitaria, l’attenzione per le persone che ogni giorno contribuiscono con passione al nostro progetto.
Che resti un’azienda di famiglia o si apra in futuro a nuove forme di governance non è per me il punto centrale. Quello che desidero – e che sto costruendo – è un’impresa che rimanga fedele ai proprivalori e che sappia guardare al futuro con visione, rigore ed entusiasmo. Questo, per me, è il modo più autentico di onorare le nostre radici.
Cultura dell’arte e del vino ma cosa mi può dire dell’ Intelligenza Artificiale a servizio della sua azienda?
“Le imprese che vogliono creare valore nel lungo periodo devonosaper interpretare al meglio il proprio tempo. L’Intelligenza Artificiale oggi rappresenta un’opportunità concreta e nella nostra azienda è già utilizzata in modo efficace.
Ci aiuta a leggere i dati con maggiore profondità, a migliorare l’esperienza dei nostri clienti, a ottimizzare certi processi gestionali e produttivi. Ma la tecnologia, da sola, non basta. Resta sempre uno strumento, e come tale va guidato con sensibilità, cultura e visione.
Nel mondo del vino – che è fatto di terra, memoria e gesti tramandati – la sfida non è sostituire l’uomo, ma potenziarne le abilità predittive, intuitive e decisionali, liberare tempo e risorse per focalizzarsi su aspetti fondamentali: la relazione con le persone, la cura del dettaglio, la ricerca costante dell’eccellenza.
Il nostro vino italiano è famoso nel mondo così come le donne del vino. Pensa che in questo settore siano le Donne le più favorite?
“Penso che oggi, finalmente, il valore venga riconosciuto sempre più in modo oggettivo, scevro da pregiudizi, anche se la strada verso una reale parità di genere è ancora lunga.
Nel mondo del vino, le donne hanno portato – e stanno portando – uno sguardo diverso: più sensibile, più analitico, talvolta anchepiù coraggioso nelle scelte. Ma non amo l’idea di una ‘categoria favorita’. Preferisco focalizzarmi sulla competenza, passione ecoerenza delle persone.
Certo, essere donna in questo settore, ancora caratterizzato da una forte presenza maschile, ha richiesto e richiede ancora moltadeterminazione. Ma oggi vedo tante colleghe brillanti, innovative, profondamente legate alla propria terra e allo stesso tempo apertealle novità del mondo.
Ecco, io non credo che le donne oggi siano favorite. Credo semplicemente che siano maggiormente visibili e che questa visibilità sia il frutto di costanza, sacrifici e tanta passione.”
Come mai questa sfida del vino rosso in una terra di vini bianchi?
“In realtà non è mai stata una sfida nel senso letterale del termine;piuttosto parlerei di intuizione e sperimentazione.
La Sansonina è un progetto relativamente giovane, nato, con mia madre Carla, dal desiderio di esplorare un’altra strada del territorio: più intima, più sperimentale appunto e femminile, se vogliamo. L’idea di produrre un grande rosso – un Merlot in purezza – in una zona storicamente vocata ai bianchi, come il Lugana, è nata non certamente per andare contro la tradizione, ma per affiancarla con rispetto e visione.
Naturalmente, la nostra esperienza nella produzione di grandi vini rossi affonda le radici nella Valpolicella, dove da anni produciamo Amarone, Ripassa e altri vini che rappresentano l’anima più profonda e strutturata della nostra identità enologica.
Il progetto Sansonina deve quindi inquadrarsi come un’estensione coerente della nostra narrazione enologica: esprime il desiderio di raccontare, anche in un territorio meno consueto per i rossi, lanostra idea di eleganza, complessità e identità.
E poi, non dimentichiamo che anche il bianco – il Lugana – è nel nostro DNA. Lo produciamo da sempre, sia con Zenato che con Sansonina, e rappresenta per noi un legame profondo con la terra e con la nostra storia familiare.
Quello che mi affascina è proprio questo: il poter custodire una tradizione e, allo stesso tempo, lasciare spazio a una nuova interpretazione. Sansonina non è in contrapposizione a Zenato, è il suo controcanto. Una voce diversa, ma armonica.”
Qual è il Paese dove avete avuto maggiori soddisfazioni nelle vendite del vino? Meglio vendite online o fiere di settore?
Le soddisfazioni più grandi arrivano prima di tutto dal territorio nazionale. Vedere i nostri vini presenti nei ristoranti più rinomati del Paese è motivo di orgoglio, perché significa essere riconosciuti nella patria della cultura enogastronomica. L’Italia è il nostro punto di partenza e il luogo in cui nasce quell’esperienza autentica che poi si diffonde nel mondo: quando uno straniero scopre i nostri vini qui, durante un viaggio, spesso ne diventa egli stesso ambasciatore all’estero, portando con sé il ricordo di un’emozione che desidera rivivere e condividere. È così che la nostra identità viaggia, attraverso l’entusiasmo delle persone.
Abbiamo avuto la fortuna – e la determinazione – di costruire nel tempo una presenza internazionale solida e riconosciuta in più di 65 Paesi nel mondo. I mercati che ci hanno dato maggiori soddisfazioni sono certamente gli Stati Uniti, dove il pubblico ha dimostrato grande curiosità e apertura verso i nostri vini, ma anche il Nord Europa, la Germania, il Canada. Sono Paesi in cui la cultura del vino è vissuta con rispetto, interesse e crescente attenzione alla qualità.
Ogni mercato ha comunque le proprie caratteristiche, ed è dunque fondamentale saper ascoltare, capire le necessità, adattare il messaggio mantenendo intatta l’identità.
Per quanto riguarda le vendite, le fiere di settore hanno per me un ruolo chiave. Nulla potrà mai sostituire il valore di un incontro, di uno sguardo, di una bottiglia raccontata con passione. È in quei momenti che si crea la vera connessione tra chi produce e chi distribuisce
Tuttavia, le vendite online sono ormai una realtà concreta e sempre più strategica, soprattutto per raggiungere nuovi target e per valorizzare il canale diretto. Ma devono essere gestite con cura, perché anche nel digitale serve coerenza, attenzione, rispetto del prodotto.
Per me, la formula vincente consiste nella la capacità di presidiare i canali tradizionali con professionalità e dedizione, senza rinunciare ad aprirsi ai nuovi strumenti.
Un sogno nel cassetto ancora da realizzare?
“I sogni sono linfa vitale. Sono ciò che ci spinge a non accontentarci, a cercare un senso più profondo in ciò che facciamo ogni giorno.
Uno dei miei sogni – che sto lentamente trasformando in progetto – è quello di creare un luogo che sappia fondere le mie più grandi passioni: il vino, l’arte e la cultura dell’accoglienza.
Un luogo fisico, ma anche ideale, dove le persone possano ritrovarsi non solo per degustare un calice, ma vivere un’esperienza completa: fatta di bellezza, conoscenza, confronto, ispirazione.
E poi, c’è un altro sogno, più silenzioso ma profondamente radicato: quello di riuscire a restituire, attraverso il mio lavoro, qualcosa di significativo a questo territorio che mi ha dato tanto.
I sogni diventano reali solo se non smettiamo di crederci ed è questa la vera forza.
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