Donne diacono? Non sia mai: il Vaticano di Papa Leone XIV boccia duramente la proposta nata con Bergoglio
- Postato il 4 dicembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Il Vaticano boccia duramente le diaconesse. Leone XIV ha fatto pubblicare la sintesi del lavoro svolto dalla seconda Commissione di studio sul diaconato femminile voluta da Papa Francesco e presieduta dal cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo emerito di L’Aquila. “Allo stato attuale della ricerca storica e della nostra conoscenza delle testimonianze bibliche e patristiche – scrive la commissione – si può ragionevolmente affermare che il diaconato femminile, sviluppatosi in maniera diseguale nelle diverse parti della Chiesa, non è stato inteso come il semplice equivalente femminile del diaconato maschile e non sembra avere rivestito un carattere sacramentale”. Petrocchi ricorda che “Papa Francesco ha avocato a sé la questione del possibile accesso delle donne al diaconato”. Proposta che è tornata più volte durante il pontificato di Bergoglio, ma senza alcuna prospettiva concreta. Leone XIV, invece, è stato ancora più esplicito su questo aspetto, chiudendo subito definitivamente la porta a qualsiasi possibilità di ordinare donne diacono.
Petrocchi sottolinea che già la prima Commissione di studio sul diaconato femminile, voluta sempre da Bergoglio, affermava che “la Chiesa ha riconosciuto in diversi tempi, in diversi luoghi e in varie forme il titolo di diacono/diaconessa riferito alle donne attribuendo però ad esso un significato non univoco”. “Tale affermazione – aggiunge il porporato – si colloca in linea con un’altra proposizione formulata dalla Commissione teologica internazionale: ‘Sembra evidente che tale ministero non era inteso come il semplice equivalente femminile del diaconato maschile’”. “Sappiamo, tuttavia, – precisa ancora Petrocchi – che la prospettiva puramente storica non consente di giungere ad alcuna certezza definitiva. In ultima analisi, la questione deve essere decisa sul piano dottrinale. Pertanto, le problematiche relative all’ordinazione diaconale di donne rimangono aperte ad ulteriori approfondimenti teologici e pastorali, tenendo fermo il principio della ‘communio hierarchica’ che assegna la decisione conclusiva su queste tematiche al magistero della Chiesa, come risposta autorevole a domande presenti in alcuni settori del popolo di Dio”.
La commissione ha discusso anche sulla possibilità di istituire eventuali nuovi ministeri che potrebbero “contribuire alla sinergia tra uomini e donne. La loro attuazione richiederebbe lo sviluppo di mezzi appropriati di formazione (teologica, pratica, mistagogica) e di sostegno”. La commissione, inoltre, sottolinea che “lo status quaestionis intorno alla ricerca storica e all’indagine teologica, considerati nelle loro mutue implicazioni, esclude la possibilità di procedere nella direzione dell’ammissione delle donne al diaconato inteso come grado del sacramento dell’ordine. Alla luce della Sacra Scrittura, della tradizione e del magistero ecclesiastico, questa valutazione è forte, sebbene essa non permetta ad oggi di formulare un giudizio definitivo, come nel caso dell’ordinazione sacerdotale”.
Petrocchi precisa anche che “molte petizioni non si limitano a chiedere l’ammissione delle donne al sacramento del diaconato, ma sostengono che pure gli altri gradi dell’ordine sacro (presbiterato ed episcopato) debbano essere resi accessibili alle donne. L’argomentazione che poggia sulla mascolinità di Gesù Cristo è vista come una visione sessista e ristretta, che porta alla discriminazione delle donne. Secondo tali visuali la repraesentatio Christi dovrebbe non più essere legata a categorie di genere, ma mettere al centro la mediazione ministeriale della salvezza attraverso uomini e donne. In questa prospettiva, poiché l’ordinazione al diaconato non è ad sacerdotium, ma ad ministerium, l’esclusione delle donne non sembrerebbe giustificata, poiché anche le donne sono in grado di rappresentare Cristo come diakonos. Nella documentazione arrivata, letta con attenzione, molte donne hanno descritto il loro lavoro per la Chiesa, spesso vissuto con grande dedizione, come se fosse un criterio sufficiente per l’ordinazione al diaconato. Altre hanno parlato di una forte ‘sensazione’ di essere state chiamate, come se fosse la prova necessaria per garantire alla Chiesa la validità della loro vocazione ed esigere che questa convinzione sia accolta. Molte svolgevano già funzioni di tipo diaconale, soprattutto in comunità prive di sacerdote, e ritenevano di essere ‘meritevoli’ di ricevere l’ordinazione, avendone, in qualche modo, acquisito il diritto. Altre parlavano semplicemente di volere l’ordinazione come segno di visibilità, autorevolezza, rispetto, sostegno e soprattutto uguaglianza. In una linea di pensiero molto diversa, nello sviluppo della terza sessione, è stata avanzata la seguente tesi: ‘La mascolinità di Cristo, e quindi la mascolinità di coloro che ricevono l’ordine, non è accidentale, ma è parte integrante dell’identità sacramentale, preservando l’ordine divino della salvezza in Cristo. Alterare questa realtà non sarebbe un semplice aggiustamento del ministero ma una rottura del significato nuziale della salvezza’”.
Petrocchi, infine, scrive che “ci è stato riferito che nel documento finale del Sinodo la proposizione 60 sullo studio della possibilità del diaconato femminile è quella che ha ottenuto il maggior numero di voti contrari (97 no)”. Non si comprende allora come questa proposta sia riemersa recentemente nel documento finale della terza assemblea sinodale della Conferenza episcopale italiana. La Cei, infatti, non ha alcun potere in merito. Ogni decisione di questo tipo spetta unicamente al Papa. Eppure, con 625 voti favorevoli e 188 contrari, è stata approvata la proposta maggiormente contestata dell’intero documento, ovvero “che la Cei sostenga e promuova progetti di ricerca di facoltà teologiche e associazioni teologiche per offrire un contributo all’approfondimento delle questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede”. Duramente contestato, con 661 voti favorevoli e 156 contrari, anche il paragrafo che afferma “che la Cei, promuovendo una rete di diverse realtà nazionali, sostenga la creazione di un tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la corresponsabilità ecclesiale”.
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