Donald Trump lancia la “Trump Pizza”: è il primo presidente Usa ad aprire una pizzeria. Ma i social ironizzano: “Devo pagare dazi per comprarla?”

Qual è il nesso che collega l’Italia a New York ed alla Casa Bianca? In questo caso nulla c’entra l’incontro di Giorgia Meloni con il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, né la politica estera. Piuttosto, si tratta dell’ultima trovata del tycoon, che sa come restare al centro dell’attenzione e, per l’ennesima volta, stupire tutti. Il Presidente ed imprenditore statunitense ha deciso di ampliare la propria rete di business, aprendo una pizzeria a New York. “Una decisione come le altre”, si potrebbe pensare. Rimane però singolare come lo stesso Trump, nel 2018, non aveva mostrato un affiatamento totale con il classico impasto della pizza. “Mi piace togliere la parte superiore della pizza per non mangiare la base. Così riduco il peso, almeno un po’”, aveva dichiarato Trump a Serious Eats. Ma si sa: gli affari sono affari.

E così, a sorpresa, è nata la “Trump Pizza”. Dell’attività in sé si sa, ad oggi, ben poco. Non c’è stato nessun annuncio in pompa magna ad accompagnare l’apertura del locale, se non un “timido” post su Instagram nella pagina “trumptower”, ovvero il profilo social in cui vengono annunciate le novità e le celebrazioni (su tutte) culinarie che si tengono periodicamente presso il Trump Café, situato all’interno del grattacielo di Midtown Manhattan (New York). “Dove la tradizione di New York incontra l’artigianato italiano – concedetevi la nostra pizza in forno a mattoni, esclusivamente al Trump Tower”, si legge nella didascalia degli scatti condivisi in rete.

Nella prima foto postata si vede un pizzaiolo che cura la cottura del tipico piatto italiano. Il tutto contornato da un forno e da un bancone suggestivo, fatti di marmo. Nell’altra immagine, invece, viene offerto un primo piano di alcune pizze precedentemente preparate. L’impasto appare ben cotto e l’estensione della pizza richiama – nella sua interezza – quella napoletana. Particolare rilevanza è stata data ad una pizza con pomodorini, abbondante mozzarella e pezzettini di bufala. Anche se sfocata nell’immagine non può mancare la famosissima pizza “pepperoni”. Quello che può sembrare un errore di battitura è, in realtà, la classica pizza al salame piccante, tanto amata dagli americani e non solo. Fortunatamente, non c’è traccia, almeno dagli scatti resi pubblici, di ingredienti come ananas o ketchup.

La “Trump Pizza”, secondo la blogger Emily Sundberg, farebbe parte del piano di rinnovamento del Trump Cafè, chiuso da tempo per lavori di ristrutturazione. Nonostante l’inaugurazione via web, la situazione legata all’apertura ufficiale della pizzeria parrebbe rimanere in fase di stallo. Sul sito, infatti, non sono presenti commenti o recensioni che descrivano come sia la pizza del tycoon. Tuttavia, non si sta parlando di un bluff commerciale. Il progetto, a meno di inaspettati epiloghi, è prossimo all’apertura. Nelle prossime settimane sarà possibile immaginare una ricca fila di curiosi e di food-influencer pronti a dire la propria sulla pizza del Presidente.

Il legame tra Trump e la pizza ha radici ben più profonde. Chi è dotato di un’ammirevole memoria si ricorderà dello spot pubblicitario di Pizza Hut, nel lontano 1995, in cui Trump e l’ex moglie Ivana mangiavano una “stuffed crust” (una pizza che ha, nel cornicione, del formaggio in aggiunta, ndr) al contrario, iniziando dalla crosta. Un altro indizio che avvicinerebbe la pizza di Trump alla tradizione nostrana sono i commenti, sotto al post, di Domenico Tolomeo, già membro dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e chef aziendale per Orlando Foods. “È stata un’esperienza fantastica lavorare con voi e sviluppare questa ricetta. La pizza ha un aspetto fantastico!”, ha scritto Tolomeo, facendo intendere si sia speso per realizzare il menù della “Trump Pizza”. Oltre al pizzaiolo italiano, sono tante le interazioni sotto al post pubblicato da “trumptower”. Se in molti elogiano l’aspetto dell’alimento, altri si chiedono: “Devo pagare dazi per comprarla?”.

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