Doha, funerali dopo il raid israeliano: mistero sulla sorte di Khalil al-Hayya e della leadership di Hamas

  • Postato il 12 settembre 2025
  • Di Panorama
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Il cuore della leadership esterna di Hamas è stato colpito a Doha. Dopo il raid israeliano che martedì ha centrato un edificio utilizzato come quartier generale del movimento islamista nella capitale del Qatar, Hamas ha diffuso giovedì le immagini dei funerali delle vittime. Alla cerimonia, caratterizzata da una cornice solenne, era presente anche l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, un gesto che conferma il peso politico che Doha continua a riservare al movimento palestinese nonostante le crescenti pressioni internazionali.

Nelle fotografie ufficiali diffuse dall’organizzazione compaiono due figure di alto rango: Osama Hamdan e Izzat al-Rishq. Quest’ultimo, storico dirigente del braccio diplomatico di Hamas e capo dell’ufficio per le relazioni arabe e islamiche, ha per anni operato tra Giordania, Siria e Qatar. Il suo nome era stato segnalato all’inizio della settimana tra quelli presenti nell’edificio colpito dall’Idf, ma la sua presenza al funerale sembra indicare che sia sopravvissuto al raid.

A mancare nelle immagini, però, sono Khalil al-Hayya e altri dirigenti di primo piano come Khaled Mashal. Una circostanza che alimenta il mistero e i sospetti sul destino della leadership politica del movimento.

Il ruolo di al-Hayya

Khalil al-Hayya, 64 anni, è attualmente il leader ad interim di Hamas nella Striscia di Gaza dopo l’eliminazione di Yahya Sinwar. Figura storica del movimento, si è unito a Hamas durante la Prima Intifada, è stato imprigionato in Israele negli anni ’90 e nel corso degli anni è sopravvissuto a diversi tentativi di assassinio. Negli ultimi anni si era trasferito in Qatar, da dove ha continuato a dirigere le attività politiche del movimento.

Il presidente israeliano Isaac Herzog lo ha indicato pubblicamente come il principale bersaglio dell’operazione a Doha, sostenendo che al-Hayya fosse l’uomo che più di altri stava ostacolando l’accordo per una tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani. Secondo fonti di Hamas, la sua famiglia è stata duramente colpita dall’attacco: la moglie e la nuora sono rimaste ferite, mentre il figlio è stato ucciso insieme al suo capo di stato maggiore, Jihad Labad, e a tre membri della sua scorta personale.

La sua assenza alle esequie e il silenzio che circonda la sua sorte hanno rafforzato le voci secondo cui potrebbe essere rimasto ucciso. Tuttavia, nessuna conferma ufficiale è arrivata né da Hamas né dalle autorità di Doha.

Il messaggio politico del Qatar

La presenza dell’emiro del Qatar ai funerali ha un valore simbolico e politico rilevante. Doha, che da anni ospita la leadership esterna di Hamas e ne ha sostenuto le attività anche con ingenti trasferimenti di denaro, si trova ora sotto i riflettori internazionali. L’attacco israeliano sul suo territorio rappresenta un evento senza precedenti: mai prima d’ora l’aviazione israeliana aveva colpito direttamente la capitale di un Paese arabo considerato alleato strategico degli Stati Uniti. Il Qatar, insieme all’Egitto, è stato il principale mediatore arabo nei negoziati per la tregua a Gaza. Tuttavia, la doppia veste di sponsor politico ed economico di Hamas e di attore diplomatico credibile agli occhi dell’Occidente ha sempre suscitato molti sospetti. L’assenza di una condanna immediata e la partecipazione al funerale dei dirigenti uccisi sembrano ribadire la volontà di Doha di non abbandonare il movimento jihadista palestinese, pur rischiando di compromettere i delicati equilibri con Washington e con gli altri partner regionali.

Le conseguenze strategiche

Il raid di Doha segna un salto di qualità nella strategia israeliana. Dopo aver decimato la leadership militare di Hamas a Gaza, lo Stato ebraico ha scelto di colpire il vertice politico all’estero, infrangendo un tabù e aprendo un nuovo fronte nello scontro. Se la sorte di al-Hayya fosse confermata, si tratterebbe della perdita più significativa per Hamas dopo Sinwar, in quanto priverebbe il movimento della figura che ha tenuto unita la catena di comando tra Gaza e la diaspora. La mancata apparizione di altri leader di rilievo, come Khaled Mashal, aumenta il livello di incertezza. Hamas, finora, non ha chiarito né lo stato di salute né la collocazione dei suoi dirigenti superstiti, alimentando speculazioni su una possibile crisi di successione interna. Per Israele, l’operazione a Doha manda un messaggio duplice: da un lato, nessun dirigente di Hamas è al sicuro, nemmeno fuori dai confini della Striscia; dall’altro, Gerusalemme intende dimostrare che il tempo delle mediazioni inconcludenti è terminato e che l’unica prospettiva che concede al movimento è la resa totale.

Un futuro incerto

L’assenza di al-Hayya e il silenzio di Hamas lasciano aperti interrogativi cruciali: chi guiderà ora la componente politica del movimento? Quale sarà il ruolo del Qatar, sempre più coinvolto e compromesso? E soprattutto, quali ripercussioni avrà questo colpo sul già fragile percorso verso una tregua? Per ora restano solo le immagini ufficiali, volti noti e volti mancanti. Sullo sfondo, la guerra continua e con essa il mistero sul futuro della leadership di Hamas.

Autore
Panorama

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