Documenti segreti e raid a Doha: il doppio gioco del Qatar con Hamas

  • Postato il 10 settembre 2025
  • Di Panorama
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Dietro le quinte della diplomazia mediorientale, tra vertici segreti, valigie di contanti e incontri riservati con emiri, prende forma un quadro che mette il Qatar al centro della rete di finanziamento di Hamas. Le rivelazioni più recenti, contenute in documenti ufficiali trapelati da ambienti diplomatici, mostrano come Doha abbia trasferito negli anni miliardi di dollari al movimento islamista palestinese senza imporre condizioni vincolanti. E proprio mentre queste prove cominciavano a circolare sui media internazionali, Israele ha scelto di colpire direttamente la leadership di Hamas ospitata a Doha, segnando una svolta drammatica nel conflitto.

Raid a sorpresa nel cuore del Golfo

Nella giornata di ieri l’aviazione israeliana ha bombardato un’area residenziale del West Bay Lagoon, quartiere elegante di Doha dove si concentrano ambasciate, scuole e compound diplomatici. L’obiettivo dichiarato: un vertice della leadership politica di Hamas. Le esplosioni hanno provocato sei vittime e almeno un ferito grave, seminando il panico tra la popolazione civile e trasformando la capitale del Qatar in un improvviso scenario di guerra. Secondo fonti israeliane, tra i bersagli figurava Khalil al-Hayya, ma la missione non avrebbe eliminato l’intero nucleo dirigente del movimento.

L’operazione, rivendicata apertamente dal governo Netanyahu, non rappresenta solo un atto militare: è un avvertimento lanciato a Doha, accusata da tempo di fungere da santuario e finanziatore della leadership islamista. Mai prima d’ora Israele aveva osato colpire in modo così diretto sul territorio di un alleato degli Stati Uniti, mettendo a rischio equilibri regionali già fragili.

Finanziamenti senza vincoli

A dare sostanza alle accuse israeliane sono le parole di Mahmoud al-Zahar, uno dei fondatori di Hamas. In una dichiarazione senza precedenti, il dirigente ha ammesso: «Il finanziamento del Qatar è arrivato senza alcuna condizione. Non accettiamo che ci vengano imposti vincoli su come spendere il denaro». Una frase che, alla luce dei documenti resi pubblici, assume il peso di una confessione: le ingenti somme inviate da Doha non erano destinate esclusivamente a ospedali, scuole o progetti di ricostruzione, ma hanno alimentato l’arsenale militare del gruppo.

Il ricercatore israeliano Jonathan Dahoah-Halevi, del Jerusalem Center for Public Affairs, ha stimato in quasi due miliardi di dollari il totale dei fondi trasferiti da Doha a Gaza. Una cifra enorme, resa ancor più inquietante dal contorno di episodi che l’accompagnano: incontri segreti tra la leadership di Hamas e l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani, trasferimenti in contanti scortati fino al valico di Erez e il sistematico impiego di quelle risorse per scavare tunnel, acquistare armamenti e addestrare miliziani.

Il 7 ottobre come punto di svolta

Gli investigatori israeliani sostengono che parte di quei fondi sia stata utilizzata per preparare l’attacco del 7 ottobre 2023, la strage più sanguinosa della storia recente d’Israele, costata la vita a oltre 1.200 persone. Per Tel Aviv, la connessione tra il denaro qatariano e la macchina militare di Hamas è ormai indiscutibile: senza quel sostegno economico, la capacità offensiva del movimento sarebbe stata ridimensionata.

Dietro la patina di “mediazione umanitaria”, insomma, il Qatar avrebbe agito come sponsor centrale della guerra sotterranea condotta da Hamas. Un ruolo ambiguo che spiega perché Israele abbia deciso di spingersi fino all’attacco di ieri, rompendo ogni tabù diplomatico.

Reazioni e condanne

Il raid ha provocato immediate reazioni internazionali. L’Egitto ha parlato di «flagrante violazione del diritto internazionale e della sovranità di un Paese fratello», sottolineando che l’operazione «mina gli sforzi di mediazione». Dura anche la posizione del presidente francese Emmanuel Macron, che su X ha scritto: «Gli attacchi israeliani di oggi contro il Qatar sono inaccettabili, qualunque ne sia la motivazione. Ribadisco la mia solidarietà all’emiro Tamim Al Thani. In nessuna circostanza il conflitto deve allargarsi a tutta la regione».

Da Washington, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha confermato che l’amministrazione Trump era stata informata dell’attacco mentre era in corso. Ma il commento è stato tutt’altro che di sostegno: «Bombardare unilateralmente il territorio di un alleato che sta correndo rischi per mediare la pace non serve né agli obiettivi di Israele né a quelli dell’America».

L’ambiguità di Doha

Il Qatar si trova ora sotto i riflettori come mai prima d’ora. Per anni ha recitato il ruolo del mediatore indispensabile, ospitando i leader di Hamas e mantenendo contatti tanto con Washington quanto con Teheran. Ma i documenti, le ammissioni e il sangue versato a Doha mostrano l’altra faccia: quella di finanziatore determinante di un’organizzazione responsabile di attacchi sanguinosi.

Per Israele, l’ambiguità non è più tollerabile. Il raid nella capitale del Qatar segna il passaggio da accuse politiche a un’azione militare diretta. Per l’Occidente, invece, l’episodio apre una questione scomoda: fino a che punto è possibile considerare Doha un partner affidabile se, dietro la facciata della diplomazia, ha contribuito a rafforzare la macchina di guerra di Hamas?

Il colpo inferto ieri a Doha rischia dunque di non restare un episodio isolato, ma di inaugurare una fase nuova, in cui nessun rifugio sarà considerato sicuro per la leadership islamista. E per il Qatar, il tempo del doppio gioco potrebbe essere ormai al capolinea.

Autore
Panorama

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