Dispersione scolastica in calo, ma per i dirigenti non basta: “Lavorare sull’occupazione delle famiglie ed evitare le ‘scuole ghetto'”

  • Postato il 23 settembre 2024
  • Scuola
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“La dispersione scolastica è al 9,4%, non è mai stata così bassa”. Parola del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che negli ultimi giorni ha provato a prendersi la rivincita annunciando che gli abbandoni sono scesi sotto quota 10%, raggiungendo il minimo storico con un netto calo rispetto al 13,3 per cento del 2019.

Merito, a detta dell’inquilino di viale Trastevere, di “Agenda Sud” il progetto rivolto alle scuole statali primarie, secondarie di primo e di secondo grado delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia ma anche di “Education at a Glance 2024” che mira da quest’anno a potenziare le competenze nelle aree del Settentrione e del Centro Italia inserite in contesti difficili e con più alti tassi di dispersione.

Parole smentite dai dirigenti che stanno in trincea, che lavorano nelle periferie di Palermo, di Messina ma anche di Firenze o a Quarto Oggiaro. Per i presidi che ammettono una diminuzione della dispersione – dovuta a detta loro anche al calo di iscrizioni di migranti – serve ben altro per raggiungere l’obiettivo Ue per il 2030 del 9 per cento.

Difficile riassumere la diagnosi che fanno i capi d’istituti ma in parole chiave si potrebbe dire: occupazione, più soldi sulle mense scolastiche e il tempo pieno, un diverso sistema di orientamento che impedisca di creare “ghetti” ai professionali e ai tecnici. Dirigenti e ministro sembrano due squadre avversarie in campo. Valditara si smarca così: “La dispersione implicita, che misura il rapporto fra le competenze raggiunte dallo studente e il livello di studi a cui è arrivato, è crollata dal 18,7% del 2022 all’11,3% di quest’anno: è il dato più basso mai registrato in Sardegna. Ci avviciniamo alla soglia psicologica del 10%, e questo significa che le misure che abbiamo messo in campo, a iniziare da Agenda Sud, stanno funzionando. Tutto il mezzogiorno sta recuperando, ci sono regioni che sono scese già sotto la soglia del 10% e questo ci incoraggia ad andare avanti: quest’anno infatti faremo Agenda Nord, da Roma fino alle regioni dell’Italia settentrionale, perché anche in quelle zone iniziano a manifestarsi sacche di dispersione importanti”.

L’analisi non quantitativa ma qualitativa dettata dall’esperienza di chi ogni giorno lotta contro la dispersione non dà alcun merito, tuttavia, ad “Agenda Sud” e si ritrova con le parole del rapporto Ocse: “Il problema è che in Italia la famiglia di origine ha ancora un peso molto rilevante – troppo rilevante – sulle probabilità di successo a scuola e negli studi in generale. Solo il 10 per cento dei figli di genitori con il solo diploma di terza media riesce a ottenere la laurea; e il 37 per cento non arriva nemmeno alla maturità”.

Lo sa bene Irene Marcellino, dirigente da pochi giorni del liceo classico “Garibaldi” di Palermo ma preside fino allo scorso mese di giugno della direzione didattica “Monti Iblei” e di un comprensivo a Brancaccio: “Arricchire l’offerta formativa con i progetti extra scolastici di Agenda Sud è servito ma non è stato esaustivo. Ho dovuto lottare per far in modo che i genitori mi lasciassero i bambini per fare attività formative pomeridiane. Sa perché si fermavano? Perché c’era la “mangiata”, la mensa. Sinceramente i piani come “Agenda Sud” sono parentesi. Il prima e il dopo restano fuori. Va riconosciuto il valore della continuità didattica e ripensato il tempo pieno al Sud garantendo un pasto di qualità”.

La pensa allo stesso modo Angelo Cavallaro, preside dell’istituto “Giuseppe Catalfamo”, al Cep di Messina. Nella sua scuola c’è il tempo pieno e grazie ad “Agenda Sud” ha portato i bambini a lezione anche il sabato ma è convinto che serva altro: “Bisogna lavorare sulle famiglie, sul livello occupazionale. Nelle nostre realtà a frequentare il tempo pieno, dove lo si fa non in tutte le classi, sono i figli di chi non ha lavoro e non vuole pargoli in casa il pomeriggio. Il ragionamento da fare al Meridione è più ampio”.

Matteo Croce, invece, dirigente al liceo psicopedagogico “Danilo Dolci” elogia non tanto “Agenda Sud” ma i finanziamenti del Pnrr per i mentoring tutor che hanno seguito i ragazzi più in difficoltà che rischiavano la bocciatura.

A maggio, intanto, Valditara ha lanciato “Agenda Nord”.

Ma cosa c’è dietro questa sigla? 220 milioni che coinvolgono circa 3000 scuole delle Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto. E sono così suddivisi. 165,7 milioni sono impegnati a supporto di 2.919 primarie per contrastare la dispersione scolastica e ridurre i divari negli apprendimenti, potenziare le competenze di base e quelle trasversali, retribuire il personale scolastico per le ore aggiuntive nelle quali è impegnato nell’attuazione di progetti didattici, realizzare attività laboratoriali (per esempio, sport, teatro, musica, educazione alla cittadinanza), anche in orario extra scolastico. Il finanziamento varierà a seconda degli indicatori di fragilità andando da 24 mila euro fino ad oltre 80 mila euro per le scuole più fragili. 34,3 milioni saranno destinati a 245 scuole, individuate direttamente da Invalsi, per le quali sono previste ulteriori misure di accompagnamento e supporto costante da parte del Mim, tramite Indire e Invalsi, formazione specifica dei docenti, coinvolgimento delle famiglie, didattica innovativa e laboratoriale, ampliamento del tempo scuola, potenziamento delle attività sportive. Per ogni scuola saranno attribuiti 140 mila euro. E poi venti milioni saranno destinati a progetti pilota nelle aree più fragili, individuate con il supporto di Invalsi. In questi progetti, le scuole potranno attivare azioni di sostegno socioeducativo e psicologico, percorsi formativi personalizzati, orientamento e accompagnamento.

Tanti soldi sì che però rischiano di essere “sprecati” secondo alcuni presidi che vivono la quotidianità. A dirla senza peli sulla lingua è la dirigente Giovanna Mezzatesta che conduce un liceo di Milano ma anche un comprensivo a Quarto Oggiaro: “Oggi se sei bravo alle medie ti mandano allo scientifico o al classico. Se vai così così al tecnico. Se sei egiziano e di Quarto al professionale. Bisogna lavorare sull’abbandono dei 16enni e su un nuovo modello di orientamento altrimenti non serve alcuna Agenda Nord”. Stessa musica dalle parole del capo d’istituto del professionale “Marco Polo” di Firenze, Ludovico Arte: “Dobbiamo evitare scuole ghetto; licei dove non ci sono migranti e disabili e professionali dove ogni giorno abbiamo a che fare con l’iscrizione di un ragazzo straniero che magari non sa l’italiano. Nelle nostre aule su venticinque alunni, venti hanno dei problemi. Un vero obiettivo è la riduzione del numero di alunni per classe. Parliamo di concretezza”.

I numeri parlano chiaro d’altro canto. A darli è Invalsi che cita una dispersione implicita a Milano del 7,3% e a Torino del 10,4% a fronte di un dato dell’8,7% nazionale. Ma la parte più interessante è la mappa della città capoluogo della Lombardia. Nella zona dove il valore medio degli immobili al metro quadrato è di 5.160,00 euro al metro quadro la dispersione va dallo 0,2% ad un massimo del 2% mentre dove il costo delle case scende a 3.886,00 euro al metro quadrato la dispersione aumenta da un minimo dell’11,4% ad un massimo del 24%. In quest’ultima zona il 27,19 % degli studenti ha almeno un anno di ritardo nel percorso scolastico e il 37,59% un background socio economico culturale svantaggiato con un 10,4% di studenti stranieri di prima generazione e un 12,7% di seconda

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