Diplomazia tra le bombe, ma i colloqui di Ginevra non hanno sortito alcunché. Iran pronto al dialogo ma vuole lo stop agli attacchi
- Postato il 21 giugno 2025
- Politica
- Di Blitz
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Il vertice di Ginevra tra la delegazione europea e Teheran ha riacceso una luce dei negoziati sulla guerra in Medioriente. Meglio però non illudersi: Teheran non arretra sull’uranio arricchito. Certo, il Paese degli ayatollah si dice pronto al dialogo (almeno a parole) ma in cambio chiede lo stop agli attacchi israeliani. Una parola. Intanto Khamenei ha portato in piazza migliaia di persone al grido “Puniamo Israele”. Dal canto suo Netanyahu è deciso a procedere anche senza l’attendista Trump che a sua volta ha addirittura sconfessato Ginevra sostenendo che “l’Iran parla solo con noi”.
Vatti a fidare della diplomazia sotto le bombe . Allora i colloqui elvetici tra alcuni paesi europei (Germania, Francia, Gran Bretagna) e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araygchi – colloqui principalmente incentrati nel tentativo di escogitare una formula tale da far cessare i combattimenti – sono stati una sceneggiata? Più i meno. D’altronde, dopo una settimana dopo l’inizio della guerra, visto oltretutto le posizioni intransigenti delle parti, non ci si poteva aspettare molto. E così è stato anche se non si possono negare talune timide aperture proprio sul nucleare. Nel frattempo in Iran e Israele continua la pioggia di bombe, missili e droni.
L’impero delle contraddizioni
L’Iran è un paese giovane e connesso. Il 59% della popolazione ha meno di 35 anni e l’89% degli utenti usa Telegram da mobile. Ma è anche un paese con una dozzina di etnie. In testa Persiani (61%), seguiti da Azeri (16%) e Curdi (10%). Ma ci sono anche Arabi (2%), Baluci, ovvero gli abitanti del Belucistan (Asia sud occidentale), Turkmeni, Gilaki, Mazandarani, Talysh e tanti altri. Un mix di Sciiti (la maggior parte) e Sunniti. E il 30,3% dei giovani e’ disoccupato. Ecco perché sotto la cenere cresce il fuoco.

Teheran, una gabbia inquietante
Mancano internet, soldi e benzina. I pasdaran impediscono di lasciare la capitale. Tredici milioni di persone non possono fuggire da Teheran ostaggi del regime degli ayatollah e sotto i bombardamenti israeliani. Lasciare la città è molto complicato. Ad esempio senza il carburante non c’è modo di mettersi in viaggio. Manca anche il cibo, l’acqua, la corrente elettrica e non è possibile prelevare in banca dei contanti. Addirittura molti denunciano il regime di aver svuotato i conti correnti della gente comune. Il regime ha voluto scientemente spezzare la comunicazione tra le persone, isolandole. Teme che gli iraniani possano parlare tra di loro, organizzarsi per protestare e magari insorgere. Così l’intera popolazione è sotto scacco. Per ora.
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