Dilaga il fenomeno “crashing out” (più noto come sbrocco): reazione impulsiva e sproporzionata per un crollo emotivo o un disagio psicologico acuto

  • Postato il 8 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una lite con i genitori, la tensione alle stelle prima di un esame, un’esplosione improvvisa dopo giorni di frustrazione repressa. Scene quotidiane, soprattutto tra i più giovani, che oggi sui social – e sempre più anche nel linguaggio offline – vengono racchiuse in un’unica espressione: crashing out. L’origine del termine è incerta, le definizioni fluttuano, ma il significato è inequivocabile: crashing out descrive una reazione impulsiva e sproporzionata, spesso legata a un crollo emotivo o a un disagio psicologico acuto. È lo “sbrocco”, rivisitato in chiave digitale e generazionale.

Il termine è entrato nel radar accademico con il dizionario Among the New Words, pubblicato dalla rivista linguistica American Speech, che lo definisce come “una frustrazione o un esaurimento tali da far saltare ogni freno inibitorio e sfociare in uno sfogo pieno”. Crashing out si è classificato al secondo posto tra i neologismi dell’anno 2024, dietro solo a rawdog (usato per indicare comportamenti impulsivi e “senza filtri”).

Ma è su TikTok che l’espressione ha trovato la sua casa naturale: video con milioni di visualizzazioni mostrano ragazze e ragazzi raccontare momenti in cui hanno “crashato”, per esempio lasciando il lavoro all’improvviso, urlando in aula o interrompendo relazioni personali in modo drastico. Scene ordinarie, ma raccontate con una nuova grammatica emotiva. “È un modo scherzoso per spiegare, tipo: questo potrebbe diventare davvero brutto, molto velocemente” racconta una creator americana in uno dei video che affronta il tema. Un avvertimento leggero, ma che nasconde spesso un disagio reale.

Nel linguaggio della Gen Z, crashing out si affianca a termini come brat (atteggiamento ribelle e infantile) o demure (una timidezza costruita e performativa): più che comportamenti reali, etichette identitarie ed emotive per raccontarsi, riconoscersi e posizionarsi nel flusso caotico dei sentimenti contemporanei. Alcuni insegnanti, soprattutto statunitensi, segnalano l’aumento dell’uso della frase tra gli studenti, al punto da farne un possibile campanello d’allarme. “Spesso sento dire: ‘Sto per crashare’, oppure ‘Questo compito mi farà crashare’”, raccontano. Un modo esplicito per dire: sto per perdere il controllo.

Secondo alcune fonti, l’espressione circolava già nel 2013 su Twitter, e viene talvolta associata al linguaggio afroamericano, in particolare a quello del rapper YoungBoy Never Broke Again. Come spesso accade nel linguaggio digitale, però, risalire a un’origine unica è quasi impossibile: le parole viaggiano oggi con una velocità e una viralità globali che sfuggono a qualsiasi genealogia lineare. Kelly Elizabeth Wright, linguista dell’Università del Wisconsin e curatrice di Among the New Words, lo ha spiegato in un’intervista al New York Times: “Il linguaggio si muove molto più velocemente di prima, e si muove in modo globale come non aveva mai fatto”.

Oggi crashing out è uscito dagli schermi per entrare nella vita quotidiana. Alcune creator raccontano che è ormai parte del modo in cui parlano con amici e coetanei dei propri stati d’animo. “Dire ‘sto spantando ’non si usa più. Ora diciamo che stiamo crashando”, spiega una. E Gazelle Chavez, influencer americana, aggiunge: “Mi piace che ora ci sia una parola per questo. Ma in fondo ci siamo sempre sentiti così. Solo che non sapevamo come chiamarlo”.

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