Dietro l’attentato Kirk | Gli Usa rivivono lo spettro degli anni ’60: boom dei reati d’odio, sfiducia, radicalizzazione delle idee. E i politici tornano bersaglio

  • Postato il 19 settembre 2025
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Due tentativi di assassinio per Donald Trump durante la campagna presidenziale dello scorso anno. L’incendio alla residenza del governatore della Pennsylvania, Josh Shapiro. L’omicidio della deputata del Minnesota, Melissa Hortman, insieme al marito. Ora l’uccisione di Charlie Kirk. La violenza politica negli Stati Uniti è in drammatica cresciuta. Trump chiede più fondi per proteggere i nove giudici della Corte Suprema e il Congresso si prepara a stanziare finanziamenti per la sicurezza di deputati e senatori. Proteggersi non è però semplice. L’America non è mai stata negli ultimi decenni così spaccata e la vasta disponibilità di armi rende la situazione particolarmente esplosiva. A tutti pare piuttosto chiaro, come ha detto il governatore repubblicano dello Utah Spencer Cox, di essere “a uno spartiacque nella storia americana”. Il problema è capire se questo “spartiacque” chiude un capitolo tragico o ne apre uno ancora più tragico.

Molti in queste ore tornano a un altro momento drammatico della storia americana. Gli anni Sessanta. La notte del 4 aprile 1968 il senatore Robert F. Kennedy, allora candidato alla presidenza, parlò a Indianapolis davanti a una folla di afroamericani carichi di rabbia e dolore. Il reverendo Martin Luther King Jr. era appena stato ucciso. “Dobbiamo chiederci che nazione vogliamo essere”, disse Kennedy, in quello che è considerato il discorso più alto di tutta la sua carriera politica. Per i neri, spiegò Kennedy, ci può essere “un desiderio di vendetta”, o la volontà di abbandonare la violenza in nome dello “sforzo di comprendere”. L’appello non ebbe successo. Saccheggi e disordini scoppiarono in oltre cento città americane. Un mese più tardi anche Kennedy fu ucciso a Los Angeles, in nome della causa palestinese, da un ragazzo giordano. Il ciclo di violenze partite con l’assassinio di JFK nel 1963, proseguito con gli omicidi di Malcom X e dei militanti per i diritti civili nel Sud, con le proteste contro il Vietnam e con altre uccisioni nelle università, culminava nell’assassinio di un candidato alla presidenza e del maggior leader nero, ponendo fine a un decennio di rabbia, sangue, spinte al cambiamento e resistenze conservatrici negli Stati Uniti.

Le analogie con quanto sta succedendo in questi mesi, in questi anni, sono tante. Oggi, come ieri, l’America vive una fase di impetuose trasformazioni sociali e culturali, che alimentano divisioni e scontri di ogni tipo. Oggi, come ieri, c’è una guerra esterna – la stessa – che infiamma il dibattito politico e le violenze all’interno del Paese. Proprio in tema di violenze, gli omicidi di Melissa Hortman e Charlie Kirk sono solo la punta dell’iceberg. Lo rivelano i dati pubblicati dallo “Study of Terrorism and Responses to Terrorism” della University of Maryland. Nei primi sei mesi del 2025, si sono verificati oltre 520 tra omicidi, complotti, atti di terrorismo, che hanno fatto 96 morti e 329 feriti. L’aumento è del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. In aumento anche le stragi, cioè gli episodi in cui vengono uccise o ferite più di quattro persone. Più 187,5 per cento nel 2025 rispetto al 2024. Lo stesso studio distingue all’interno degli atti di terrorismo, cioè quelli di più chiara natura politica. 32 tra questi hanno avuto matrice antisemita. 20 hanno colpito agenti che svolgevano controlli sull’immigrazione. 13 si sono diretti contro membri della comunità LGBTQ+, 7 contro musulmani, 6 contro migranti. Non mancano, nella triste lista delle violenze americane, i politici. 21 attacchi sono stati organizzati contro i repubblicani, 10 contro i democratici.

In questi numeri c’è comunque una novità, rispetto al passato, rispetto quindi agli stessi anni Sessanta. Negli Stati Uniti sono stati tradizionalmente forze e uomini di destra a rendersi responsabili del maggior numero di atti di terrorismo politico. Oggi non è più così. Lo spettro ideologico che nutre la violenza è molto più vario e diversificato. L’antisemitismo, ad esempio, che un tempo era confinato soprattutto a destra, si manifesta ora anche a sinistra. C’è poi un altro elemento che rende questi ultimi anni assolutamente unici, e che risalta dagli studi dei maggiori centri di ricerca, dal “Polarization and Extremism Research and Innovation Lab” dell’American University al governativo “Center for Prevention Programs and Partnerships”. Mentre crescono disillusione e sfiducia nei confronti di istituti e forme della democrazia – governo federale, partiti, media, Corte Suprema – aumenta la radicalizzazione delle posizioni, nutrita in particolare dai social media. L’America in bianco e nero che questi dipingono non invita al dialogo tra diversi e diventa catalizzatore per personalità deboli, isolate, spesso disturbate. Ne sarebbe conferma proprio il recente caso di Tyler Robinson, che sembra aver concepito il suo gesto più per ragioni personali – secondo il governatore dello Utah Cox, aveva una relazione con una persona transgender – che sulla spinta di definite motivazioni politiche.

Significativo, da questo punto di vista, è per l’appunto un fatto. In queste ore sono proprio “content creator”, personalità dei social media, broadcaster e podcaster vari a temere di più per la loro sicurezza. Da Ben Shapiro ai fratelli Meiselas a Steve Bannon a Glenn Beck, è il mondo social che in questi anni ha soffiato sui conflitti a ricevere continue minacce di morte, a temere per la propria vita, a rafforzare le misure di sicurezza. Nella stessa direzione va la mossa di Donald Trump, che ha chiesto al Congresso di autorizzare 58 milioni di dollari in finanziamenti di emergenza per rafforzare la sicurezza dei giudici della Corte Suprema. Secondo il presidente, il finanziamento aggiuntivo sarebbe “reso necessario dall’aumento delle minacce contro i funzionari pubblici” e verrà utilizzato per la protezione dei giudici fino a settembre 2027. La Casa Bianca esorta anche deputati e senatori a considerare risorse aggiuntive per la loro sicurezza. Già dopo il 6 gennaio 2021 Capitol Hill aveva potenziato numeri e attrezzature degli agenti del Congresso. Probabile un ulteriore potenziamento. Mentre cresce la militarizzazione generale, il presidente non smette di attaccare gli avversari, ciò che ovviamente non fa che alimentare ulteriormente le tensioni. Per la morte di Kirk, “il problema è la sinistra”, ha detto Trump, annunciando prossime nuove indagini contro uomini e organizzazioni progressiste.

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