“Depistarono le indagini sulle dichiarazioni del pentito Riggio”: i due ex generali Pellegrini e Tersigni rinviati a giudizio a Caltanissetta

Dovranno affrontare un processo con l’accusa di depistaggio. Contestazione infamante per due esperti investigatori antimafia come Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni. Per i due ex generali dei carabinieri, la gup di Caltanissetta Graziella Luparello ha ordinato il rinvio a giudizio. Sono entrambi accusati di aver depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. A giudizio anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo comincerà il 14 gennaio davanti al tribunale di Caltanissetta.

Il 63enne Tersigni (difeso dall’avvocato Basilio Milio) e l’82enne Pellegrini sono in pensione, dopo aver lavorato per anni alla Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone. Al centro della vicenda ci sono le dichiarazioni di Riggio, ex agente della Polizia penitenziaria, poi arrestato con l’accusa di essere legato ai clan mafiosi. Secondo l’avviso di conclusione delle indagini, recapitato nel dicembre del 2022 dalla procura di Caltanissetta, Pellegrini e Tersigni sono accusati di aver ostacolato le indagini “finalizzate ad acquisire elementi di riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Riggio“. Sentiti dall’autorità giudiziaria i due investigatori sono accusati di aver affermato “il falso o, comunque, tacevano in tutto o in parte quanto a propria conoscenza”.

Nei primi anni 2000, infatti, Pellegrini e Tersigni gestivano il collaboratore di giustizia. Sull’attendibilità di Riggio, però, alcune procure hanno espresso dubbi. Secondo i pm di Caltanissetta i due imputati non hanno dato il giusto peso alle rivelazioni dell’ex agente della Penitenziaria, all’epoca confidente. Secondo la ricostruzione dell’accusa, i racconti del pentito avrebbero addirittura potuto portare alla cattura di Bernardo Provenzano. Ma anche a svelare un progetto di attentato contro Leonardo Guarnotta, già giudice del Pool Antimafia di Palermo, all’epoca presidente del processo a Marcello Dell’Utri, poi condannato per concorso esterno. Ai due ex generali vengono contestate anche le dichiarazioni pronunciate al processo d’Appello sulla cosiddetta Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Durante gli interventi in aula, sempre secondo i pm nisseni, Pellegrini e Tersigni ribadivano “in buona sostanza il contenuto delle dichiarazioni reticenti”.

Diverso il ruolo di Peluso, già indagato per la strage di Capaci. È accusato di aver convinto Riggio a infiltrarsi nella famiglia mafiosa di Caltanissetta per “attingere notizie utili alla cattura del latitante Bernardo Provenzano, notizie che in realtà venivano, successivamente, dai predetti veicolate ad appartenenti ad istituzioni deviate ed a componenti della stessa associazione mafiosa cosa nostra, onde impedire che si giungesse alla effettiva cattura del latitante”. Nella vicenda viene citato anche un tale Antonio Mazzei, detto zio Toni, collaboratore dei servizi segreti, che avrebbe avuto legami persino con la Cia.

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Il Fatto Quotidiano

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