Denuncia all’Aia, ma la Corte penale internazionale: «Nessuna indagine sull’Italia»
- Postato il 7 febbraio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Denuncia all’Aia, ma la Corte penale internazionale: «Nessuna indagine sull’Italia»
La notizia relativa a un fascicolo di indagine sull’operato del Governo dell’Italia è stata smentita dalla Corte penale internazionale: «Non è aperto alcun caso contro esponenti italiani». Ora lo scontro tra Corte penale e il nostro Esecutivo si sposterà su un altro piano: il Parlamento europeo
È un’altra giornata lunghissima per il governo italiano. Nel pomeriggio si diffonde la notizia che la Corte penale internazionale dell’Aia ha avviato un fascicolo di indagine sull’operato del governo italiano per «ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma» in relazione alla vicenda del generale Almasri. Notizia smentita dal governo italiano ma anche dalla Corte penale internazionale che spiega che «non vi è aperto alcun caso contro esponenti italiani». Insomma, sembra un vero e proprio giallo innescato dalla denuncia degli avvocati di un cittadino sudanese. Un giallo che fa il giro del mondo e viene cavalcato dall’opposizione che vuole servirsi del caso Almasri per logorare l’Esecutivo e dunque per lucrare consensi.
IL GIALLO
La notizia viene pubblicata dal quotidiano Avvenire. Fonti del governo si affrettano subito a precisare che non è stato avviato alcun fascicolo. Si tratta, fanno sapere, di una delle centinaia di denunce che arrivano alla Procura internazionale, ma non è stata presa alcuna decisione. Il tutto viene di solito tenuto riservato, salvo che lo stesso denunciante non lo riveli al pubblico, circostanza che pare essere avvenuta in questo caso.
Segue il portavoce della Corte penale internazionale che fa filtrare una nota: «Secondo lo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni (che la Cpi definisce “comunicazioni”) al procuratore della Cpi. L’Ufficio del procuratore non commenta tali comunicazioni».
In ogni modo l’ipotesi di indagine diventa oggetto di dibattito. Carlo Nordio, ministro della Giustizia e al centro del caso Almasri, è il primo a replicare: «Credo che a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché la giustizia umana spesso è fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va». Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ci va giù duro: «No comment sulla Cpi, ho molte riserve sul comportamento della Corte su questa vicenda. Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte penale e bisogna avere chiarimenti su come si è confermata».
CORTE PENALE INTERNAZIONE E INDAGINE SULL’ITALIA, COME NASCE IL CASO
Nella denuncia ricevuta dall’Ufficio del Procuratore, che l’ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale, sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi: i due ministri hanno proprio mercoledì riferito in aula, alla Camera e al Senato, per ricostruire i fatti. E il caso sarà oggetto di dibattito al Parlamento europeo la prossima settimana, come annunciano due europarlamentari M5S, Danilo Della Valle e Gaetano Pedullà.
Resta da capire in cosa consiste l’atto di denuncia. A quanto pare, si tratta di un atto trasmesso dai legali di un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avevano subìto dal generale libico, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia.
LA DENUNCIA DEL RICHIEDENTE ASILO
Nella denuncia di 23 pagine, il richiedente asilo, un cittadino sudanese del Darfur con lo status di rifugiato in Francia, sostiene che sua moglie, lui stesso e innumerevoli membri del gruppo del quale fa parte sono stati vittime di numerosi e continui crimini.
Nel 2019 l’uomo – si legge nell’articolo di Avvenire – aveva presentato una comunicazione all’ufficio del Procuratore fornendo «un’ampia serie di prove» che a suo dire implicavano responsabilità di alti funzionari della Ue e dell’Italia, tra cui ex primi ministri e ministri italiani per aver favorito il compimento di crimini contro i diritti umani in Libia.
La sua testimonianza è tra quelle contenute nell’atto d’accusa allegato al mandato di cattura per l’ufficiale libico accusato di crimini di guerra e crimini contro i diritti umani. Secondo quanto scrive il quotidiano, ci sarebbero anche delle imprecisioni, come l’indicazione della permanenza del generale libico «in Italia per 12 giorni». In realtà Almasri era stato precedentemente in altri Paesi Ue ed è rimasto in Italia dal 18 al 22 gennaio, quando è stato poi rilasciato su ordine della Corte d’appello di Roma e riportato a Tripoli con un volo dei servizi segreti italiani.
LO SCONTRO GOVERNO-CORTE PENALE INTERNAZIONALE E L’IPOTESI DI UNA INDAGINE SULL’ITALIA
In estrema sintesi, la procura potrebbe indagare per il mancato arresto che prefigurerebbe una condanna all’Italia da parte della Corte di giustizia internazionale, organismo delle Nazioni unite. Ed è evidente che una presa di posizione del genere potrebbe avere dei riflessi sul peso specifico dell’Italia nei consessi europei e mondiali.
Inoltre, si fa riferimento all’articolo 70 dello Statuto di Roma che disciplina i provvedimenti contro chi ostacola la giustizia internazionale, secondo cui Meloni, Nordio e Piantedosi «non hanno provveduto a consegnare il generale Almasri alla Corte penale internazionale» e avrebbero «abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali».
Eppure la Corte penale internazionale smentisce e lo stesso fa il governo italiano. Il giallo si infittisce. E lo scontro tra Cpi ed Esecutivo italiano si sposterà su un altro piano: il Parlamento europeo. Laddove l’opposizione a Meloni proverà a politicizzarlo ancora di più, nonostante si tratti di una “presunta” denuncia.
Il Quotidiano del Sud.
Denuncia all’Aia, ma la Corte penale internazionale: «Nessuna indagine sull’Italia»