Dentro la “SIM farm” di New York: spam industriale, truffe e rischio blackout digitale
- Postato il 30 settembre 2025
- Di Panorama
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Questa settimana, su suggerimento del mio amico Luca, vi parlo della “fattoria delle SIM” scoperta nell’area di New York. Sulla base delle descrizioni fornite dagli agenti del secret service statunitensi sembra un documentario sull’allevamento applicato al digitale: scaffali ordinati, migliaia di schedine telefoniche allineate come alveari, cavi che sembrano filari in campagna. Ma non è un’installazione artistica: è un call center clandestino dove i telefoni non hanno volto. Tutto automatico, tutto su vasta scala. E con la scala cambia il problema: dalla piccola truffa si passa al potenziale disservizio pubblico.
Gli usi “classici” di queste strutture sono noti: messaggi truffa, link che rubano password, bombardamenti di codici per ingannare l’utente. Quelli più inquietanti sono altri: chiamate d’emergenza false (gli americani le chiamano swatting), ondate di messaggi coordinate capaci di intasare i canali dove viaggia anche ciò che serve davvero. Non serve immaginare una sceneggiatura hollywoodiana: basta un gran numero di SIM che “parlano” tutte insieme, come se una città intera telefonasse nello stesso momento. Il risultato è l’ovvio: quando tutto suona, nulla si sente.
C’è ben poca poesia, ma molta organizzazione. Al posto di diecimila telefoni tenuti in mano da diecimila persone, ci sono scatole piene di SIM collegate a computer che le gestiscono a turno. Il trucco è sembrare umani: invii scaglionati, ritmi credibili, pause finte. È la versione industriale del vecchio spam. La novità è l’ordine: ambienti puliti, etichette, logistica. Insomma, non l’improvvisazione della cantina, ma l’ennesima piccola, neppure troppo, azienda criminale.
A quel punto entra in scena la nostra fragilità quotidiana. Abbiamo messo negli SMS più di quanto possano reggere: notifiche bancarie, sblocchi, recuperi di accesso, codici di sicurezza. Li trattiamo come chiavi universali, così il problema diventa la serratura (il nostro numero di telefono) che in fondo di chiavi è fatta per ospitarne soltanto una. Se arrivano dieci, venti, cinquanta messaggi in pochi minuti, l’utente si confonde, clicca, conferma, sbaglia. E se quell’ondata arriva mentre una persona cerca davvero aiuto, il rischio è peggiore: restare fuori, quando si deve essere dentro.
Inutile precipitare nella nostalgia dell’analogico, piuttosto possiamo fare una cosa semplice anche se impopolare: rallentare. Un SMS non atteso è spesso un invito non gradito. E se arrivano decine di codici, non si compila niente: si chiama la banca dal numero ufficiale e si segnala l’anomalia.
C’è poi la catena materiale, quella che non si vede ma regge la baracca. Quelle SIM hanno un fornitore, quelle scatole un importatore, quei pagamenti un intermediario. Se l’abuso è industriale, la cura è di filiera: più tracciabilità dei prodotti, controlli seri alle dogane, collaborazione tra operatori, piattaforme e forze dell’ordine. È noioso, sì. È proprio per questo che funziona: il crimine odia la burocrazia, ma soltanto quando è fatta bene.
Resta il punto culturale, quello solito. Siamo biologicamente inadatti ai rischi che vivono oltre lo schermo: non hanno odore, non fanno rumore, non alzano la voce. Per questo vincono spesso. Per questo serve una piccola rieducazione dell’attenzione: spegnere qualche notifica, leggere due volte, creare buone abitudini (quali messaggi apro, quali elimino, quali verifico). Non è eroismo digitale, ma semplice manutenzione.
La morale non è che “il sistema è marcio”, ma piuttosto che lo abbiamo “lucidato troppo”. Abbiamo scambiato la fluidità per un valore assoluto, e oggi ci accorgiamo che un piano perfettamente liscio è anche perfettamente scivoloso. La risposta ovviamente non è mettere sabbia dappertutto, ma solo nei punti giusti, dove l’ingranaggio non deve correre ma sentire un po’ di attrito.
In fondo la regola è semplice: nel regno del “tutto scorre”, la sicurezza comincia quando qualcosa oppone resistenza, perché può bastare una SIM da un euro per far inciampare infrastrutture da miliardi.