Dentro la giungla degli impianti sportivi di Roma: proroghe, bandi fermi e il caso Asilo Savoia
- Postato il 19 ottobre 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
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Tariffe risibili, strutture difficili da manutenere, i concessionari vecchi scaduti che spesso non pagano, quelli nuovi che ancora non si trovano. Gli impianti sportivi del Comune di Roma – circa 170 in totale, solo alcuni nel centro e nelle zone in della Capitale, tanti altri sparpagliati fra le periferie più complesse – rappresentano un patrimonio sconfinato per la comunità e il movimento sportivo, ma anche una grana storica per tutte le amministrazioni.
La giunta Gualtieri, con l’assessore Onorato, fin qui ha condotto una meritoria lotta senza quartiere ai morosi, che ha già portato al recupero di una decina di impianti (e altri ne arriveranno). È un po’ mancata però la fase successiva, quella della riassegnazione ai nuovi gestori: vuoi le difficoltà a rendere esecutive le revoche e le lungaggini dei bandi, fino ad oggi, a distanza di quattro anni dall’insediamento, è stata conclusa soltanto una nuova concessione, quella dell’Orange, il campo dei vip a Roma Nord, per altro finito all’Asi, l’ente sportivo del sottosegretario Barbaro, e ancora oggetto di ricorsi e contenzioso. Anzi, in attesa delle pubblicazioni dei bandi, nelle scorse settimane si è arrivati a una nuova proroga fino al 30 settembre 2027 di tutte le concessioni scadute o in scadenza quest’anno, solo per i gestori in regola coi pagamenti, estendendo agli impianti comunali una norma che il governo aveva fatto per i beni demaniali: il Campidoglio non sarebbe riuscito a gestire tutte insieme le pratiche delle nuove gare.
In questo contesto, a Roma non è passata inosservata l’anomalia che comincia a costituire l’Asp Asilo Savoia. In teoria un’azienda pubblica di servizi alla persona, cioè un ente pubblico non economico senza scopo di lucro con finalità socio‑assistenziali, che però pian pian sta diventando anche uno dei principali gestori sportivi nella Capitale, pur non avendone propriamente i requisiti.
Oggi, infatti, si ritrova ad amministrare ben sei impianti differenti, senza essere mai passato da una gara: due le sono stati assegnati dal tribunale, il centro “Don Pino Puglisi” a Montespaccato, sequestrato alla criminalità nel 2018, da dove è partito il programma “Talento e tenacia” ideato dall’ente, e la palestra della legalità ad Ostia. Altri quattro che il Campidoglio le ha affidato in via temporanea: il centro sportivo di via Aspertini a Torre Angela, l’Impianto Ippico di Villa Glori, quello di via Cardinal Capranica a Primavalle e il Simon’s Green di Mostacciano. E non è escluso che altri se ne possano aggiungere prossimamente.
Quello che sta succedendo è abbastanza chiaro. Il Comune ha individuato nella Asp lo strumento per gestire la delicata fase di transizione tra il momento della revoca ai precedenti concessionari e l’individuazione dei nuovi: quando vengono finalmente fatti sloggiare i morosi e una struttura ritorna fisicamente nelle mani di Roma Capitale, passano mesi per indire e aggiudicare la gara. In questo lasso di tempo, se l’impianto è abbandonato, spesso viene vandalizzato e ridotto in condizioni che poi ne rendono ancora più complicata e dispendiosa l’aggiudicazione. Qui entra in gioco l’Asilo Savoia, che in virtù delle esperienze maturate se ne prende cura e li tiene attivi.
C’è un problema, però. Nessuno mette in discussione lo spessore del presidente Massimiliano Monnanni e il valore sociale dell’attività del suo ente, ma non è una società del Comune. Come è stata individuata per assolvere ad una funzione pubblica, considerando che di Ex Ipab (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, che si sono poi trasformate) ce ne sono tante altre, anche se magari non con quel “know how”? Si rischia di creare per deroga un nuovo monopolista. Infrangendo lo stesso regolamento pubblicato dall’amministrazione Gualtieri, per cui solo soggetti riconosciuti dal Coni possono partecipare alle gare e a ciascun concessionario può essere affidato un solo impianto. Qui, in un modo o nell’altro, sono già sei. Certo, non si tratta di strutture appetibili nel centro di Roma, sono tutte in contesti difficili di periferia, ma la contraddizione rimane. Soprattutto se lo schema dovesse essere replicato con sistematicità, con gli affidamenti temporanei estesi addirittura sul lungo periodo (ad esempio ad Ostia il Campidoglio ha confermato la gestione della palestra per i prossimi 40 anni). Anche perché le concessioni dovrebbero portare risorse fresche nelle casse comunali, mentre al momento in alcuni casi è il Comune che paga per aiutare l’Asp.
“Gli impianti sportivi erano un business in passato, fino a quando c’erano mutui a tasso zero, mani libere sugli abusi e i canoni a volte neanche si pagavano. Oggi sul mercato per tante di queste strutture non ci sono più gestori interessati: questo è un grande tema sociale, di cui si deve occupare il governo”, spiega l’assessore allo Sport del Comune di Roma, Alessandro Onorato. “L’Asilo Savoia ci sta aiutando a evitare l’abbandono degli impianti e risparmiare soldi dei nostri cittadini, visto che un servizio di guardiania e manutenzione ci costerebbe molto di più. Ma per noi era e rimane soltanto una soluzione di emergenza: su almeno due dei quattro nostri impianti attualmente affidati alla Asp usciranno a breve i bandi. Comunque – conclude Onorato – stiamo pensando di creare una partecipata comunale, magari uno spinoff di Zetema (la società capitolina nel settore della cultura che già era stata provata per compiti simili, nda), ma più snella e meno burocratizzata, per avere uno strumento proprio adatto a gestire questo genere di situazioni”.
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