Dengue, tubercolosi, scabbia: il ritorno delle malattie dimenticate
- Postato il 20 luglio 2025
- Di Panorama
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I primi cartelli sono apparsi nello scorso mese di maggio, nelle strade del piccolo paese di Dovera, in provincia di Cremona: avvisavano i cittadini di una disinfestazione straordinaria, resasi necessaria per un caso di febbre Dengue che si era appena verificato nel minuscolo borgo non lontano da Lodi. Il malato era un venticinquenne appena arrivato dall’estero, del quale non è stata resa nota la nazionalità. Poi è arrivato un altro caso, a Crema, dove una quarantanovenne nigeriana è stata ricoverata in ospedale per la stessa malattia, e poi ancora Brugherio, Solbiate Arno e Corbetta (tutti in Lombardia) e Arezzo, solo nell’ultima settimana.
Nei primi 5 mesi del 2025, nel nostro Paese sono già 68 i casi segnalati di questa febbre tropicale, che esordisce con temperatura oltre i 40 gradi, vomito e, nei casi più gravi, anche sanguinamento dal naso e dalle gengive: per ognuno di questi malati si deve procedere a ripetute disinfestazioni nelle vie limitrofe alle loro abitazioni e in tutti i luoghi frequentati. La malattia (che appartiene alla classe delle arbovirosi, cioè patologie trasmesse da insetti che pungono o mordono) è causata da un virus della stessa “famiglia” della febbre gialla e dell’encefalite giapponese, e il vettore è un particolare tipo di zanzara tigre che si riproduce nell’acqua stagnante: le prime notizie di grandi epidemie urbane di Dengue risalgono al diciassettesimo secolo.
Ma questa febbre non è, purtroppo, l’unico problema sanitario a giungere fino a noi dal passato, o dall’estero: avete presente la tubercolosi, il mal sottile de I fratelli Karamazov di Dostoevskij o della Bohème di Puccini? Ecco, proprio la pericolosissima malattia scoperta da Robert Koch nel 1882, e che in teoria doveva rimanere confinata nell’Ottocento, è tornata nelle nostre case e nei nostri ospedali. E con lei c’è davvero poco da scherzare, perché può uccidere in pochi giorni. «È una patologia storicamente legata alla povertà, a persone che vivono ai margini. Ma oggi a riaccenderla sono soprattutto i flussi migratori» spiega il professor Marco Falcone, direttore dell’Unità operativa di malattie infettive dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa. «Tanti casi arrivano da Paesi africani, o dalle Filippine, dalla Romania o dall’Ucraina, luoghi dove la tubercolosi è endemica. In questo modo aumenta la probabilità che si diffonda nei centri di accoglienza, o anche nei contesti di convivenza domestica con badanti o collaboratori domestici provenienti da questi Paesi. Basta un caso in un centro di permanenza temporanea, o in una Rsa, per diffondere la malattia anche a centinaia di persone».
Per limitarla servono sorveglianza stretta, diagnosi precoce e strutture adeguate in tutte le regioni italiane: non possiamo permetterci focolai non controllati, dato che la malattia è molto pericolosa soprattutto per gli anziani e i malati fragili. Cugini più o meno lontani della Dengue sono anche la febbre Chikungunya (22 casi in Italia da inizio anno) e quella causata dal virus West Nile, un tempo appannaggio del Sud est asiatico ma ora diffusa anche da noi. «Può colpire il sistema nervoso e dare complicanze gravi, fino alla morte», prosegue Falcone. «Ora come ora West Nile è molto diffusa soprattutto nel Veneto e in tutto il Nordest. Un altro caso di virus esotico che ci ritroviamo dietro casa: nella diffusione di queste malattie hanno un peso anche il cambiamento delle rotte migratorie degli uccelli, che sono il serbatoio naturale di molti di questi virus. Se prima alcune specie si fermavano al Nord Africa oggi, con l’innalzarsi delle temperature, arrivano in centro Europa: poi le zanzare fanno da ponte verso l’uomo».
Un altro problema è quello della scabbia, che fino a pochi anni fa sembrava un lontano ricordo e il cui nome riportava la mente a periodi di degrado sociale e scarsa igiene, ormai superati. Invece, in alcune zone del nostro Paese (come nel Lazio o a Bologna) i casi sono cresciuti del 750 per cento negli ultimi tre anni: i sintomi sono rush cutaneo, intenso prurito e vesciche soprattutto nella zona genitale o tra le dita. Anche qui le cause sono da ricercarsi nelle carenze igienico-sanitarie che si riscontrano nelle comunità, nelle scuole e anche negli ospedali: ma si ammalano spesso anche i turisti che viaggiano in Paesi in via di sviluppo senza le dovute precauzioni.
Come se non bastassero i problemi che derivano dai flussi migratori e dalla nostra scarsa attenzione, a Milano ci si è messo il degrado urbano a favorire un’epidemia di un’altra malattia che ritenevamo ormai anacronistica: la legionella, con molti casi – e un uomo deceduto – nelle case popolari di via Rizzoli, periferia nord-est della città. Causata da un batterio che vive nelle acque, la malattia è subdola perché può annidarsi ovunque. «Nelle piscine, per esempio: se l’acqua non è clorata bene e rimane calda, la carica batterica cresce», afferma Falcone. «Oppure ancora nelle condotte delle docce nelle spiagge: l’acqua nei serbatoi si scalda al sole, e l’aerosol della doccia diffonde la legionella ai bagnanti. Ma sono un pericolo anche i grandi ventilatori ad acqua e a ghiaccio usati nei bar delle nostre città o i condizionatori e le tubature condominiali non correttamente puliti e mantenuti. Ogni anno in Italia si verificano molti casi: i sintomi iniziali richiamano quelli della polmonite, ma se la malattia non viene riconosciuta possono peggiorare rapidamente».
E poi ci sono quelle malattie che invece andiamo a prenderci noi, con viaggi e comportamenti poco prudenti. Lasciando perdere la turista inglese che i primi di giugno è morta di rabbia (primo caso in Inghilterra dopo più di 20 anni) a causa del graffio di un cane durante una vacanza in Marocco, sono tanti i turisti sprovveduti o solo sfortunati che tornano dalle vacanze con malattie che possono rivelarsi molto gravi. «I dati raccolti dai nostri sistemi di sorveglianza delineano un quadro geografico complesso: virus tropicali e patogeni ritenuti sotto controllo stanno ridisegnando la mappa dei rischi globali» spiega il professor Francesco Broccolo, direttore del reparto di microbiologia e virologia dell’ospedale Fazzi di Lecce. «Quando si viaggia è fondamentale proteggersi dalle zanzare, con abbigliamento coprente e repellenti che contengano DEET al 20-30 per cento. E poi occorre attenzione al cibo e all’acqua che si beve: sempre e solo confezionata, evitando il ghiaccio». E una volta tornati a casa, serve la massima attenzione. Perché proprio nei giorni successivi al viaggio possono manifestarsi i sintomi di molte malattie. «Il periodo post-rientro rappresenta una finestra critica per l’identificazione precoce di eventuali infezioni di ogni tipo» avverte ancora il professore. «Occhio quindi a qualsiasi rialzo febbrile, che deve essere immediatamente segnalato al medico specificando il luogo dove ci si è recati in vacanza. La Dengue può manifestarsi da 3 a 14 giorni dopo l’esposizione, mentre il morbillo – anch’esso in enorme crescita in tutti i Paesi- presenta un periodo di incubazione di 10-12 giorni».
Mai tranquilli, quindi: tra rischi a casa nostra, legati a immigrazione e condizioni igieniche carenti, e pericoli che provengono dai viaggi esotici tanto desiderati, l’estate 2025 potrebbe rivelarsi un percorso a ostacoli. Da affrontare con prudenza ma anche con un certo fatalismo: non ci resta che aspettare settembre, l’autunno e le piogge, che spazzeranno via – si spera – tutti gli eccessi di un’estate virale.